D'ANTONA, Antonino
Nacque a Riesi (Caltanissetta) il 18 dic. 1842 da Antonino e da Concetta Debilio. Compiuti in Sicilia gli studi classici, si trasferì a Napoli, dove si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università. Fu guidato, fino dall'infanzia, dalle cure di uno zio paterno, l'arciprete Gaetano D'Antona, che lo seguì anche negli anni della sua formazione universitaria. A Napoli ebbe maestri illustri di medicina e fu particolarmente vicino alle figure di O. Schrön, A. Cardarelli e F. Palasciano.
Ottenne la laurea nel 1866 e si indirizzò subito verso il campo prediletto della chirurgia. Intese perfezionare le sue attitudini e il suo metodo nello studio e nella ricerca, dedicando ancora qualche anno alla propria formazione. Desideroso di ampliare la sua istruzione attraverso la conoscenza dei principali ambienti scientifici italiani ed europei, compì viaggi di studio all'estero e per circa tre anni, dal 1866 al 1869, frequentò le più rinomate cliniche chirurgiche dell'epoca: fu a Vienna, dove conobbe C. A. T. Billroth e ne seguì la scuola, a Berlino, a Lipsia, presso J. F. Cohnheim; a Londra gli fu maestro T. S. Wells, che strinse poi con lui una solida amicizia.
Questo tirocinio in centri clinici di rilevanza internazionale gli procurò una eccellente formazione, orientata verso gli aspetti più moderni e stimolanti della chirurgia, e lo preparò alle nuove applicazioni della disciplina che affrontava in quegli anni profondi rinnovamenti scientifici. Tornato a Napoli, venne chiamato alla clinica universitaria di C. Gallozzi. Tuttavia, seguendo un costume assai diffuso e fiorente in Napoli a quell'epoca, si diede presto alla pratica dell'insegnamento privato. In questa attività conseguì un immediato successo: tenne uno studio aperto e frequentatissimo da molti allievi fino a circa il 1881; fondò e gestì per diversi anni una piccola "casa di salute" nella quale ricoverò e operò molti pazienti riportando buone affermazioni professionali.
In quegli anni diede alle stampe i suoi primi lavori scientifici: studi sulla flogosi, sul processo ulcerativo, sulle infezioni chirurgiche, sulla patologia e la clinica chirurgica delle affezioni osteo-articolari. Le sue prime pubblicazioni e l'esercizio fiorente della sua attività di docente privato ne consolidarono l'immagine di studioso e di buon didatta negli ambienti accademici. Nel 1881 vinse il concorso per il titolo di professore di patologia chirurgica nell'università di Padova. Nel 1884 ottenne la nomina a professore ordinario e la cattedra di patologia chirurgica nell'università di Napoli. Non trascurò mai la pratica clinica. Fu chirurgo all'ospedale dei Pellegrini e nel 1888 vi occupò anche l'ambito posto di anatomopatologo.
Nel 1885 gli si offrì la possibilità di coprire la cattedra di clinica chirurgica nell'università di Modena, ma vi rinunciò per non lasciare Napoli: in questa città infatti aveva oramai acquisito una larga rinomanza che lo collocava tra i membri principali della reputata scuola chirurgica napoletana. Il D. si distinse soprattutto come patologo chirurgo, sia in campo scientifico, sia in quello didattico; i suoi insegnamenti erano sempre molto frequentati ed egli dettò una serie molto nota di lezioni di patologia chirurgica, che non vennero però raccolte organicamente in stampa. Quando, a seguito della legge Baccelli del 1889, all'insegnamento della patologia chirurgica fu aggiunto quello della propedeutica clinica, il D. prodigò ogni sua cura perché nella scuola da lui diretta gli allievi potessero acquisire solide basi teoriche e pratiche per la loro formazione professionale. Sotto la sua guida si formarono molti eccellenti chirurghi, tra i quali E. Tricomi, G. D'Urso e G. Pascale, che rinnovarono radicalmente la chirurgia ospedaliera e privata; dalla sua scuola uscirono in quegli anni numerose pubblicazioni sue e dei suoi allievi. Nel maggio 1896 fu delegato, insieme a E. Bottini, a rappresentare la Società italiana di chirurgia a Berlino nel XXV anniversario della Società tedesca di chirurgia.
Il 25 ottobre 1896 fu nominato senatore del Regno; tuttavia partecipò poco ai lavori del Senato.
Nel 1903, succedendo al Palasciano e al Gallozzi, fu preposto alla cattedra e all'istituto di clinica chirurgica. Nella sua lunga attività scientifica e clinica il D. si occupò di molti argomenti della patologia e della clinica chirurgica, diede importanti contributi in diversi settori e lasciò numerose pubblicazioni.
Tra i lavori sulla flogosi il più noto è quello Della infiammazione (Napoli 1876),opera dei primi anni di ricerca, che ne metteva in evidenza le doti di studioso e le capacità di sintesi scientifica. Sulla scorta dell'esperienza maturata nei suoi viaggi di studio, egli dava una completa rassegna delle principali teorie contemporanee sul problema, discutendole alla luce di sue personali osservazioni. Il D. collegava il processo infiammatorio all'intervento di un agente flogogeno in grado di interferire nei meccanismi delle correnti nutritive e circolatorie, alterandole profondamente.
Nel 1883 raccolse nel volume Saggi di chirurgia addominale. Trenta laparatomie (Napoli 1883) le note relative alla varia casistica operata nella sua casa di salute. Alla chirurgia addominale dedicò sempre gran parte della sua attività e molti suoi lavori successivi trattarono argomenti di clinica e tecnica chirurgica di questo settore. Si interessò della chirurgia della milza, eseguì interventi di splenectomia e di splenopessia. Nel 1885,precedendo di un anno E. Bergmann, al quale viene spesso attribuita la paternità di questo intervento, introdusse la tecnica della nefrectomia paraperitoneale; del resto, si occupò con frequenza di chirurgia renale, pubblicò una casistica di ventidue nefrectomie e descrisse un nuovo metodo di sutura e di innesto degli ureteri.
Si interessò della terapia chirurgica della tubercolosi e presentò una relazione sulla tubercolosi gastrointestinale al convegno internazionale contro la tubercolosi tenutosi a Roma nel 1912. Si dedicò con interesse anche alla chirurgia del sistema nervoso: cervello, cervelletto, midollo spinale, nervi cranici. Fu tra i cultori degli studi di topografia cranio-cerebrale insieme a C. Giacomini, G. Chiarugi, P. Broca, F. Padula. Ideò un suo metodo per la determinazione della topografia cranio-encefalica fondato, come già quello di T. Kocher, su linee tracciate sul capo, a partenza da punti precisi, alle quali corrispondevano i solchi, i giri e le aree da delimitare. Nei due volumi La nuova chirurgia del sistema nervoso centrale (Napoli 1893-1894) raccolse tutto il corpo dei suoi studi e dei suoi contributi originali, riunendoli in una trattazione che integrava tutto il panorama delle conoscenze più aggiornate del settore.
L'attività del D. spaziò insomma in tutti i campi della chirurgia. Si occupò anche di ortopedia e di traumatologia. Le sue osservazioni sui traumatizzati del terremoto di Messina e Reggio nel 1908 gli permisero di mettere in evidenza alcune particolarità delle lesioni e di descrivere la sindrome da schiacciamento. Ancora, ebbe larga esperienza in ginecologia; in molti lavori diede precisa documentazione di una ampia casistica personale in tema di isterectomia e di ovariectomia. Si occupò di chirurgia vascolare e della toracoplastica delle fistole toraciche. In campo più strettamente tecnico, il D. è ricordato soprattutto per l'introduzione del metodo antisettico nella scuola chirurgica napoletana, cui conseguì una sensazionale flessione della mortalità operatoria. L'antisepsi propugnata dal D. completava quindi il perfezionamento delle tecniche operatorie realizzato dal Gallozzi, rendendo possibili i grandi progressi della moderna clinica chirurgica.
Il nome del D. fu però, negli ultimi anni, legato anche alle spiacevoli vicende di un processo che lo vide imputato di omicidio colposo per un caso di responsabilità professionale. Si trattò di una lunga e tribolata questione che ebbe vasta risonanza, anche fuori dall'ambito locale, per la notorietà scientifica dell'imputato e per la sua appartenenza al Senato del Regno.
Un paziente operato dal D. nella casa di cura dell'ospedale della Pace, nell'ottobre del 1900, venne a morte qualche settimana dopo l'intervento. Si trattava, secondo il chirurgo, dell'esito naturale della malattia che egli aveva diagnosticato, al tavolo operatorio, come cancro (cfr. A. D'Antona, Brevi chiarimenti di fatto intorno al mio processo, Napoli 1904). Tuttavia all'autopsia era stata rinvenuta nella cavità addominale una garza chirurgica dimenticata durante l'operazione. Su richiesta dei parenti del paziente, si aprì un processo che ebbe alterne e contraddittorie vicende e che vide comparire, in qualità di periti, alcuni tra i più illustri nomi della medicina del tempo. Dopo una prima conclusione di non farsi luogo a procedere, per mancanza di indizi nel 1901, fu avviato un secondo processo nel 1903. Nel febbraio 1904 si aprì la discussione della causa davanti a tutto il Senato riunito in Alta Corte di giustizia, sotto la presidenza di G. Finali. Dopo un dibattito lungo, reso laborioso anche dalla complessità dei diversi pareri peritali, il D. venne assolto per non aver commesso il fatto. Nella memoria dell'opinione pubblica, però, il nome del chirurgo restò fatalmente legato per molto tempo a quel processo.Negli ultimi anni il D. diede ancora numerose e valide prove delle sue qualità di clinico e di docente, attraverso i molti lavori scientifici propri e dei suoi allievi. Nell'autunno del 1912 comparvero i primi segni di una grave malattia. Le sue forze declinarono in breve tempo, ma egli resse l'insegnamento ancora per tutto un anno accademico. Nell'estate seguente le sue condizioni di salute si aggravarono.
Morì in Napoli il 21 dic. 1913.
Bibl.: Necrol. in Annuario d. Univers. di Napoli, 1914-15, pp. 295-301; G. Pascale, La chirurgia moderna e la scuola napoletana (Palasciano-Gallozzi-D'Antona), in Annali di chirurgia, VI (1927), pp. 1-63; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Milano 1940, p. 315; L. Torraca, Il processo D.,in La Riforma medica, LXV (1950, 34, pp. 931-37; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 1062; I. Fischer, Biograph. Lex. der hervorragenden Ärzte..., I, p. 32; Encicl. Ital., XII, p. 351