CASCINO, Antonino
Nato a Piazza Armerina (Enna) il 14 sett. 1862 da Calogero, e Maria Grazia Franzone; fu allievo dell'Accad. militare di Torino, poi ufficiale d'artiglieria. Capitano nel 1890, frequentò la Scuola di guerra per ufficiali di Stato Maggiore, alternando poi il servizio al reggimento allo studio di problemi tecnici.
Ricordiamo la sua attività come insegnante di armi e tiro alla Scuola militare di Modena, la sua fitta collaborazione alle maggiori riviste militari nazionali e i suoi numerosi volumi sulle armi della fanteria, ma anche l'attenzione sempre desta per l'istruzione dei soldati, di cui abbiamo testimonianza attraverso pubblicazioni divulgative come il volumetto Pagine di storia d'Italia ad uso dei sottufficiali del 3°reggimento artiglieria (Bologna 1902) e lo studio biografico Il generale Enrico Cosenz (in Riv. militare ital., XLVII [1902], pp. 1709-47). Promosso maggiore nel 1905, fu poi insegnante di armi, tiro e fortificazioni alla Scuola di guerra. Tenente colonnello nel 1911 e colonnello nella primavera 1915, comandò il. 3° reggimento di artiglieria pesante.
Nella prima fase della guerra mondiale fu destinato a comandare reparti del parco d'assedio, fino al maggio 1916, quando assunse il comando della brigata di fant. Avellino (regg. 231°-232°) di nuova costituzione col grado di colonnello brigadiere, subito tramutato in quello di maggior generale. Mise allora in rilievo doti di animatore ottenendo dai fanti della brigata (in maggioranza siciliani) dedizione, slancio e tenacia. La brigata Avellino, inquadrata nella 47ª divisione, fu destinata ad appoggiare l'offensiva italiana contro la testa di ponte di Gorizia nell'agosto 1916. Entrò in linea la notte tra il 7 e l'8 agosto sul Grafenberg, ebbe ragione dell'ultima resistenza austriaca e passò l'Isonzo la notte seguente, entrando in Gorizia con i primi reparti italiani (il C. ebbe il vanto di essere il primo generale a metter piede nella città). Subito dopo la brigata fu avviata contro le nuove linee austriache al di là di Gorizia e si dissanguò in vani attacchi sul monte San Marco tra il 10 e il 16 agosto. Fu poi inviata a presidiare la tristemente nota testa di ponte di Plava (settembre-ottobre 1916), quindi nuovamente a logorarsi sul San Marco, dove dovette subire il 14 novembre un vigoroso contrattacco austriaco, arrestato dopo tre giorni di lotta durissima. In pochi mesi la brigata aveva perso 56 ufficiali e 2.926 uomini, su circa 6.000.
Dal dicembre 1916 all'aprile 1917 la brigata Avellino, ricostituita con i complementi affluiti dall'interno, fu ancora a Plava. La 60ª divisione, di cui faceva ora parte, era destinata all'attacco del Vodice nell'offensiva di primavera; e il C. la preparò con cura estrema, occupandosi del morale dei suoi uomini e familiarizzando gli ufficiali con un plastico della zona. Il 14 maggio 1917 la brigata mosse all'attacco Con il 2310 reggimento dalla testa di ponte di Plava e il 2320 su una passerella gettata sull'Isonzo; progredì lentamente sulle pendici del Vodice sotto un terribile fuoco di sbarramento e concorse potentemente alla conquista del caposaldo nemico. Nei pochi giorni in cui fu impegnata sul Vodice la brigata perse 115 ufficiali e 2.331 uomini; lo stesso C. fu lievemente ferito a un braccio mentre guidava l'azione delle sue truppe; venne decorato con una medaglia d'argento.
Dopo la battaglia il C. fu promosso tenente generale ed ebbe il comando dell'8ª divisione, che comprendeva la sua vecchia brigata Avellino e la Forlì. Il brillante comportamento delle sue truppe nella battaglia di maggio gli valse un compito di punta in quella in preparazione per agosto. Il suo obiettivo era il Monte Santo, le cui pendici la 8ª divisione presidiò da giugno ad agosto; e ancora una volta il C. curò una preparazione morale e tecnica accuratissima, incitando i suoi uomini a raggiungere l'obiettivo come "una valanga che sale" al canto dell'inno di Mameli.
Il disperato valore dei fanti dell'8ª divisione non bastò però a piegare la resistenza austriaca: il 19 ag. 1917 sei colonne della brigata Avellino e cinque della Forli furono ributtate dal Monte Santo con altissime perdite. Il C. riportò i suoi all'assalto il giorno seguente, senza risultati immediati; ma nei giorni seguenti il cedimento di tutto il fronte austriaco sulla Bainsizza concesse agli italiani la conquista del Monte Santo.
Restava il monte San Gabriele: e l'8ª divisione fu inviata a dissanguarsi ulteriormente contro il nuovo obiettivo. Il 15 settembre, mentre il C. dirigeva l'offensiva dal suo posto di comando, troppo esposto, fu ferito alla coscia da una scheggia di granata; la ferita, trascurata fino a sera, si rivelò ormai grave per il sopraggiungere dell'infezione, tanto che il C. morì il 29 sett. 1917 nell'ospedale di Quisca ed ivi fu sepolto. Alla sua memoria fu decretato il conferimento della medaglia d'oro.
Tra le opere principali: Armi da fuoco portatili, Roma 1897; La celerità del tiro e il munizionamento della fanteria, Modena 1899; Il tiro, gli esplosivi e le armi della fanteria, Bologna 1901; Il concetto di efficacia nel tiro di fucileria, Roma 1910; Note sul tiro di fucileria, ibid. 1913.
Bibl.: R. Tondi, Fanti di Avellino, Siena 1923, passim;A. Tosti, A. C. Discorso tenuto a Piazza Armerina il 29 sett. 1939, Urbino 1939; Storia dell'artiglieria ital., a cura di C. Montù, VIII, Roma 1941, pp. 2639 s.; Enciclop. militare, ad vocem.