DELL'ERA (Dellera, Dall'Era), Antonietta
Nacque a Milano il 10 febb. 1860 da Domenico e Maria Prandoni. Secondo la Gazzetta dei teatri (24 giugno 1880), avrebbe iniziato lo studio della danza all'età di sei anni presso la scuola privata di C. Blasis; il maestro aveva dubbi sulle -sue capacità e fu pertanto sua moglie Annunziata Ramaccini "a fare di lei in due soli anni una danzatrice" (Skal'kovskij, p. 144).
Si esibì dapprima a Milano (teatro Dal Verme), a Barcellona e al Cairo, dove sostituì la prima ballerina ne La Devâdâcy di I.G. Monplaisir. Nel gennaio 1879 danzò "al suon di plausi" al teatro Vittorio Emanuele di Messina, come protagonista di una coreografia di F. Pratesi, Ermanzia e nella Giocoliera di P. Borri. In quest'ultimo ballo, la cui trama ricorda quella dell'opera di D. Auber La muette de Portici, la D. "nella popolare tarantella suscitò entusiasmo, che si rinnovò di poi in tutte le sortite" (Gazzetta musicale di Milano, 2 febbr. 1879).
Sempre nel '79, seguendo l'esempio e forse il consiglio di Virginia Zucchi, si recò a Berlino, città che alla consolidata fama nel campo musicale e in quello drammatico affiancava una notevole attività coreografica, grazie al coreografo P. Taglioni. Dopo un anno d'inattività dovuta ad una grave malattia (Deutsches Tageblatt, cit. in Gazzetta dei teatri, 9 giugno 1881), la D. consolidò la sua fama sul palcoscenico della Königliche Oper dando prova della "primiera forza e leggerezza" (ibid.). In Coppélia di L. Delibes, un balletto nuovo per Berlino, la D. impose una tecnica ed una naturalezza tutte italiane, rispondendo in pieno alle aspirazioni di quel pubblico. La Königliche Oper le rinnovò il contratto (da allora ininterrottamente fino al 1909), pur lasciandole una certa libertà nei mesi estivi. Come le altre "stelle" italiane, poté quindi recarsi in Russia (il "periodo italiano" era iniziato nel 1885).
Il 5 giugno 1886 la D. apparve per la prima volta in un teatro estivo di Pietroburgo, l'Arkadija, negli entr'actes di un'operetta. Ai ballettomani più esigenti d'Europa rispose dapprima nei panni di Coppélia e di una diabolica Satanella e infine in quelli della ninfa Silvia nell'omonimo balletto di Delibes, ancora sconosciuto al pubblico pietroburghese.
Alta e slanciata - relativamente ai canoni estetici dell'epoca -, dai capelli castani con riflessi chiari e un sorriso gradevole, si impose per una tecnica quasi "arrogante" (Skal'kovskij, p. 146). Dotata di grande salto e di sicuro aplomb, riusciva stando in ginocchio ad alzarsi direttamente sulle punte, senza inclinare il busto, e ad eseguire varie volte di seguito tre giri senza l'aiuto del cavaliere: "Queste erano le meraviglie della coreografia acrobatica... Nessuna ballerina prima della Dell'Era era arrivata a tali numeri di equilibrismo" (Chudekov, IV). Delle italiane, solo la, Limido e la Legnani, subito imitate dalle alunne della Scuola imperiale, erano capaci di tanto: ciò che oggi rientra nella normale prassi esecutiva suscitava allora le censure dei fautori dell'elegante scuola francese.
L'attenzione della stampa non mancò di risvolti letterari: A. N. Bežeckij compose una favola arcadica in versi, Antonietta, dove un saggio eunuco consiglia al suo triste sultano di rallegrarsi alle danze della D. mentre V. P. Burenin, paladino di E. Cornalba e C. Brianza, notava in verso che "sulle lunghe gambe, come un airone, ella marcia ammaliando i caporali di Berlino" (Peščeev, pp. 284 ss.).
Nonostante il successo ottenuto, la D. non venne invitata sulle scene imperiali, per motivi finanziari e per una pretesa rivalità con la Zucchi, una grande attrice ma non un "colosso" di tecnica. Fu però chiamata a Mosca, al teatro Ermitage (1887) ed a Char'kov, in un teatro suburbano. Al teatro Mariinskij arrivò "sei anni dopo il dovuto ... invecchiata, imbruttita, appesantita" (Skal'kovskij, p. 206). Il 20 nov. 1892 era La belle au bois dormant ed il 18 dicembre la prima interprete dell'ultimo balletto di Čajkovskij, Casse-noisette. Sebbene fosse piaciuto allo zar Alessandro III, quest'ultimo spettacolo lasciò insoddisfatti gli intenditori per l'esiguo spazio riservato alla prima ballerina. Né mancarono, del resto, coloro che attribuirono il limitato successo della serata alla D.: "la Fata Confetto Dell'Era, pesante e non bella, malgrado la perfezione della tecnica, sciupò l'impressione del secondo atto" (Čajkovskij, p. 579). Così la D. si trovò implicata - anche se del tutto accidentalmente -in questo passaggio fondamentale della storia del balletto e dei rapporti tra musica e coreografia.
Il 16 genn. 1893 la D. lasciò Pietroburgo prima della scadenza del suo contratto, per partecipare a Berlino agli spettacoli di parata. In un'intervista al Berliner Tageblatt del 1898 (cit. in Pleščeev, p. 364) rimpiangeva la brevità dell'esperienza russa, dando il primato in Europa al teatro Mariinskij ed ai balletti di Čajkovskij, ma criticava acerbamente le ballerine russe. A giudizio di Chudekov (IV), in realtà la D. le aveva sempre invidiate e trattate con sufficienza.
Sempre a Berlino, il 2 maggio 1901, interpretò in prima assoluta Aschenbrödel, l'unico balletto di Johann Strauss iunior, con la coreografia di A. Graeb. Il libretto di H. Regel prevedeva una Cenerentola in abiti contemporanei, lavorante in un atelier Jugendstil. "Den Taubenwalzer und den Schleppentanz in der Gesellschaftscene tanzte sie mit unerreichter Anmut, und wie sie Leid und Freud des braven Mädels im Waschkleidchen zu mimen weisst, das darf man getrost getanzte Psychologie nennen" (Bühne und Welt, p. 704). Dopo questa Gretchen senza tutù - un genere nuovo per il repertorio della D., che oltre a Giselle comprendeva anche la Marcia tedesca di Holzboch - non si hanno altre notizie della sua vita artistica e privata, se non la certezza della sua partecipazione alle stagioni della Königliche Oper fino al 1909 e del suo matrimonio con Felice Marsop, residente a Berlino.
L'oblio in cui cadde la D., che pur nei suoi limiti rimane una figura significativa del costume e del teatro di danza della fine dell'800, si spiega con quel bisogno impellente di cambiamento che all'inizio del secolo animava la Germania dei pionieri della danza moderna. Come testimonia J. Huret (En Allemagne-Berlin, Paris 1916, p. 261) nel visitare la scuola fondata nel 1904, a Grúnewald, da Isadora Duncan: "L'étemel ballet italien, insipide et disgracieux, continue à ennuyer les Allemands, comme il ennuie toute l'Europe, car l'Amérique, l'Inde, les pays musulmans et ceux d'Extrême-Orient ont, heureusement, d'autres danses!".
Non si conoscono né il luogo né la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: Mosca, Archivio centrale di Stato della letteratura e dell'arte (CGALY), fondo 659, locandine dei Teatri Imperiali 1885-1892; Ežegodnik Imperatorskich Teatrov. Sezon 1892-1893 (Annuario dei teatri imperiali-Stagione 1892-1892), Sankt-Peterburg 1894, pp. 219-239; Gazz. musicale di Milano, XXXIV (1879), pp. 17, 51; Gazz. dei teatri, XLII (1880), p. 6; XLIII (1881), pp. 7 s.; Syn otečestva (Pietroburgo), maggio 1886; Teatral'nyj mirok (ilpiccolo mondo del teatro), III (1886), 17, p. 1;P. Peterburgskij balet. Sezon, I, Moskva 1887, p. 117; E. Carozzi, Annuario teatrale italiano per l'annata 1886, Milano 1886, p. 575, tav. 6; Artist, (Mosca), IV (1892), p. 227; Die Berliner Königliche Oper, in Bühne und Welt, I (1898-1899), pp. 394, 396; H. C. A., Kgl. Opernhaus, ibid., III (1901), p. 704; E. Deleu, Die Wiege des Berliner Balletts, ibid., VI (1904), pp. 776 s.; A. A. Pleščeev, Naš balet (1673-1899) (Ilnostro balletto), Sankt-Peterburg 1899, pp. 280-365 passim; K. A. Skal'kovskij, V teatral'nom mire (Nel mondo del teatro), Sankt-Peterbug 1899, pp. 144-147, 203-207; M. I. Čajkovskij Žzn' Petra Il'iča Čajkovskogo (La vita di P. I. Čajkovskij), III, Moskva 1902, pp. 579-581; S. N. Chudekov, Istorya tancev (Storia della danza), III, Petrograd 1915, pp. 385 s.; IV (bozza di stampa, Petrograd 1918), pp. 129 ss.; A. Levinson, La danse d'aujourd'hui, Paris 1929, p. 492; J. Kapp, Geschichte des Staatsoper Berlin, Berlin 1937, p. 94; C.W. Beaumont, Complete book of ballets, London 1937, pp. 632 ss.; S. Ligar, La danse, Paris 1938, p. 143; J. Kapp, 200 Jahre Staatsoper im Bild, Berlin 1942, p. 73; J. Bachrušin, Balety Čajkovskogo, i ich sceničeskaja istorija (Iballetti di Čajkovskij e la loro storia scenica), in Čajkovskij i teatr (Čajkovskij e il teatro), Moskva-Leningrad 1940, pp. 118- 122; A. Benois, Reminiscences of the Russian Ballet, London 1941, pp. 138 s.; Ju. Slonimskij, P. I. Čajkovskij e i baletnyj teatr ego vremeni (P.I. Čajkovskij e il balletto dei suo tempo), Mosca 1956, pp. 265-275; Y. Slonimsky, Writings on Lev Ivanov, in Dance perspectives, II (1959), pp. 20 s.; V. M. Krasovskaja, Russkij baletnyj teatr vtoroj poloviny XIX veka (Ilballetto russo nella seconda metà del sec. XIX), Moskva-Leningrad 1963, ad Indicem; J. Bachrušin, Istorija russkogo baleta (Storia del balletto russo), Moskva 1965, p. 186; I. Guest, The Divine Virginia, New York 1977, ad Indicem.