BENTIVOGLIO, Antongaleazzo
Secondogenito di Giovanni II signore di Bologna e di Ginevra Sforza, nacque a Bologna verso la fine del 1472. Destinato dal padre sin dalla nascita alla carriera ecclesiastica, il 16 luglio 1483, ancora giovanissimo, fu elevato da papa Sisto IV al rango di protonotario apostolico. La circostanza fu festeggiata con gran fasto e con una solenne messa celebrata dal vescovo di Rimini nel duomo di Bologna, alla presenza di una immensa folla di nobili e cittadini bolognesi. Otto anni dopo, il 14 dic. 1491, Innocenzo VIII lo nominò, come successore di Francesco Della Rovere, arcidiacono di Bologna.
Nonostante questa rapida carriera, l'educazione del B. - a parte il fatto che la condizione ecclesiastica comportava un maggiore impegno negli studi - non dovette differire molto da quella dei suoi fratelli, dato che Giovanni II Bentivoglio interessò il B. ancora in giovane età alle faccende politiche del suo Stato: nel corso della sua vita infatti, fino alla caduta della signoria bentivogliesca, fu incaricato dal padre di numerosissime missioni diplomatiche e di qualche spedizione militare.
Già nel luglio del 1488, ancora quindicenne, il B. accompagnò Giovanni II a Parma per importanti colloqui politici con Giangaleazzo Sforza, Ludovico il Moro, Ercole d'Este e Francesco Gonzaga; nel 1492 fu destinato a porgere ad Alessandro VI i saluti e le congratulazioni del Comune di Bologna e del padre per la sua elezione a sommo pontefice.
Il 28 agosto il B., insieme con un'ambasceria cittadina, composta da Ludovico di San Piero, Giovanni da Sala, Mino de' Russi e un gran seguito, lasciò Bologna per recarsi a Roma, dove in un'orazione latina (che ebbe anche un'edizione a stampa) si congratulò con il nuovo papa, chiedendo nello stesso tempo la conferma dei capitoli di Bologna e dei privilegi concessi a suo padre dai papi precedenti.
La spedizione di Carlo VIII in Italia stava quasi per fruttare al B. il cappello cardinalizio. Infatti, per staccare Giovanni II Bentivoglio dalla sua alleanza con Ludovico il Moro, Alessandro VI, decisamente avverso all'impresa francese, si era lasciato indurre dai Medici e da Ferrante d'Aragona a offrire a Giovanni l'elezione del B. a cardinale, nel caso che Giovanni si dichiarasse apertamente per il partito antifrancese. Certo, l'elevazione del B. alla dignità cardinalizia non solo avrebbe aumentato considerevolmente l'influenza dei Bentivoglio nella Curia, ma ne avrebbe innalzato il prestigio in Italia e in Bologna stessa, ponendoli sullo stesso piano delle grandi famiglie principesche italiane che per tradizione contavano un membro della loro famiglia nel collegio cardinalizio. Così anche la madre dei B., benché fosse una Sforza, acconsentì al progetto, e già nel maggio del 1494 il fratello minore, Ermes, dedicava al "futuro cardinale" una raccolta di sonetti, copiati da lui stesso.
Giovanni II, tuttavia, esitò a concludere l'accordo, temendo anzitutto, nel caso di una vittoria francese, il ritorno dei Malvezzi, da lui banditi da Bologna dopo la loro pericolosa congiura del 1488. D'altra parte anche Alessandro VI, timoroso dell'aumento della potenza bentivogliesca, prese tempo e quando finalmente incaricò Antonio da Bibbiena di promettere solennemente a Giovanni che Antongaleazzo sarebbe stato creato cardinale, nel prossimo concistoro del 27 ott. 1494, era già troppo tardi. Giovanni aveva deciso di cedere alle truppe francesi, dichiarando di preferire il bene della sua città a un cappello cardinalizio a Roma. A dare l'ultima spinta a questo suo passo era stato Ludovico il Moro, il quale aveva promesso al Bentivoglio che in futuro non sarebbe stato concluso accordo conAlessandro VI che non includesse l'elevazione di Antongaleazzo a cardinale, impegnandosi in più di procurare il consenso di Carlo VIII a queste convenzioni.
Anche se l'andamento delle cose impediva la realizzazione del progetto, l'elevazione del B. al cardínalato rimase anche negli anni successivi una buona carta nel gioco diplomatico di Giovanni II: quando la lega antifrancese, conclusa a Venezia nel 1495, cercò di guadagnare Giovanni, all'inizio del 1496, a un'impresa contro Firenze per restaurarvi la signoria dei Medici, questi chiese il cardinalato per il B. come condizione della sua partecipazione; ma anche questa volta, malgrado le premure di Milano e di Venezia, il progetto svanì. Un'ultima volta se ne parlò nel 1502, ma allora la potenza dei Bentivoglio era già troppo in declino per portare a buon fine la questione. Il B. rimase semplice protonotario, e con questo titolo lo ricordano di solito i cronisti.
Quando all'inizio del 1495 giunse a Bologna la notizia della caduta di Napoli, il B. fu mandato a Milano per congratularsi in nome del padre con Ludovico il Moro della vittoria francese. Nello stesso tempo egli poté approfittare dell'occasione per regolare anche alcune faccende personali, concernenti i cospicui benefici ecclesiastici che il conte Guido Torelli, promesso sposo della sorella Francesca, aveva assegnato in suo favore. In quest'anno il B. tornò altre due volte a Milano: nel marzo per prendere possesso dei benefici a lui ceduti, nel maggio per accompagnarvi la sorella Francesca. L'anno 1495 fruttò al B. un altro ricco beneficio: il priorato di S. Maria degli Angeli dell'Ordine di Camaldoli fuori le mura di Bologna.
Sventato ogni pericolo per Bologna dopo la ritirata di Carlo VIII, il B. poté trascorrere alla corte patema alcuni liberi da ogni preoccupazione, dilettandosi di teatro e di altri piacevoli giochi. Quando poi nel 1498 intraprese improvvisamente un pellegrinaggio al Santo Sepolcro, questa sua decisione nacque da uno spirito più di avventura che di devozione. Con solo pochi amici e senza informare il padre, il 25 maggio 1498 lasciò segretamente Bologna per imbarcarsi a Venezia per la Terra Santa, da dove tornò a Bologna nell'ottobre dello stesso anno, ricevuto con grandi feste. Un altro pellegrinaggio del genere lo portò nel 1505 a Santiago de Compostela; le esperienze fatte in Spagna lo indussero a organizzare, dopo il suo ritorno in patria, una specie di corrida che non mancò di fare grande impressione a Bologna.
La pericolosa espansione di Cesare Borgia in Romagna costrinse il B. ad abbandonare le piacevolezze della vita di corte e a interessarsi più attivamente delle sorti della sua famiglia. Già nel novembre del 1499, quando il Valentino, accingendosi all'impresa romagnola, passò per il territorio bolognese, il B., insieme con il fratello Annibale, gli andò incontro per invitarlo a cena nel palazzo patemo. Ma i successi riportati dal duca a Cesena ed a Forlì minacciavano di volgersi anche contro Bologna. Così il B. nel giugno del 1500 fu mandato a Milano per sollecitare dai Francesi una garanzia contro il Borgia. Tornò a Bologna "con bona risposta", come annotò il Sanuto, ma quando in base a questa Giovanni II Bentivoglio osò soccorrere Faenza contro il duca, Luigi XII, sostenitore dell'impresa borgiana, lo invitò decisamente a desistere. Nelle trattative allacciate in seguito tra Cesare Borgia e Giovanni II, questi avanzò un'altra volta la proposta di far cardinale il B., che intanto, nel marzo del 1501, si recò, alla testa di 500 armati, dal Borgia per soccorrerlo in una progettata impresa contro Firenze, che però non fu posta in esecuzione. Nell'agosto dello stesso anno il B. andò un'altra volta a Milano per congratularsi con il cardinale d'Amboise, luogotenente di Luigi XII, dei successi riportati dai Francesi a Napoli. L'anno seguente, in aprile, il B. lasciò di nuovo Bologna per recarsi alla corte di Luigi XII, allo scopo di sollecitare l'aiuto del sovrano contro Cesare Borgia, che aveva ricominciato a tramare contro Bologna. La risposta del re, a quel che pare, fu evasiva e quando nell'agosto del 1502 il Borgia in persona raggiunse Luigi a Milano, questi non esitò a concludere con lui un accordo, secondo il quale il duca ebbe mano libera su Bologna. Fallita in tal modo la missione, il B. tornò a Bologna, dove si cominciò subito a mettere la città in stato di difesa. Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre i nemici del Borgia conclusero alla Magione un patto per attaccare con le loro forze riunite il duca; vi partecipò anche Giovanni Bentivoglio, che tuttavia mandò poco dopo il B. ad Imola per iniziarvi trattative con Cesare Borgia. In questa occasione pare sia stato discusso un'altra volta il progetto di fare cardinale il B., ma l'accordo definitivo, concluso ad Imola all'inizio di dicembre, prevedeva solo un versamento di 12.000 fiorini da parte del Bentivoglio, per una condotta di 300 uomini d'arme del Valentino.
La morte di Alessandro VI nel 1503 liberò Bologna dal suo più pericoloso nemico, per far sorgere però un avversario molto più deciso in papa Giulio II, il quale, approfittando dell'opera di Cesare Borgia, riuscì a sottomettere direttamente alla Curia gran parte dell'Italia centrale. Nel novembre del 1506 poté conquistare anche Bologna costringendo Giovanni II Bentivoglio e tutta la sua famiglia a rifugiarsi a Milano sotto la protezione francese. Il B., in questa occasione spogliato di tutti i suoi ricchi benefici ecclesiastici, condivise l'esilio della sua famiglia, partecipando nel 1507 all'infruttuoso tentativo dei suoi fratelli inteso a restaurare il dominio bentivogliesco a Bologna. Nel 1511 la conquista di Bologna da parte delle truppe francesi vi ricondusse per breve tempo anche i Bentivoglio. In conseguenza di questi avvenimenti, nel giugno di quell'anno, dopo l'assassinio del cardinale F. Alidosi, il B. fu eletto da una minoranza vescovo di Bologna, ma poco dopo fu costretto a cedere al candidato pontificio.
La vita errabonda del B. finì solo dopo la morte di Giulio II, quando il suo successore Leone X gli restituì i benefici (1514) e gli permise di trasferirsi alla Curia pontificia di Roma. Qui trascorsetranquillamente i suoi ultimi anni privi di notizie di rilievo. Morì di peste nel 1525 a Roma, lasciando cinque figli; fu sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Tra gli undici figli di Giovanni II Bentivoglio e di Ginevra Sforza il B. fu senza dubbio quello che dimostrò i maggiori interessi intellettuali. Ebbe una buona cultura umanistica e scrisse limpide prose latine, come dimostra la ricordata orazione indirizzata ad Alessandro VI. Fu in stretti rapporti con alcuni famosi poeti del tempo, come per esempio il Poliziano, che gli dedicò la Giostra e l'Orfeo. Nel 1496 fece rappresentare a Bologna, per divertimento degli amici e degli ambasciatori milanesi e veneziani, una farsa in cinque atti, il cui testo, che probabilmente si deve a lui stesso, non èconservato. Ne parla estesamente in una lettera dell'8 luglio 1496, indirizzata al marchese di Mantova, Floriano Dulfò da Gonzaga, esaltando il B. come "homo... de ingegno acutissimo, de animo audacissimo, de forza invictissimo, de lingua possente et de conscientia moderato..." (pubbl. da A. D'Ancona, Il teatro mantovanb nel sec. XVI, in Giorn. stor. d. letterat. ital., V [1885], pp. 19-21).Assai indicativo della sua personalità, inoltre, appare il fatto che nel 1497 si sia adoperato attivamente per liberare l'eretico Gabriele Salodi dalle mani dell'Inquisizione. Del B. rimane una medaglia di mano dello Sperandio.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diarii, III, IV, VIII, XII, XV, XXIV, Venezia 1880-1889, ad Indices; G. Nadi, Diario bolognese, a cura di C. Ricci e A. Bacchi Della Lega, Bologna 1886, ad Indicem; Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie edita a fratre Hyeronimo de Bursellis..., in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ediz., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem; C.Ghirardacci, Della historia di Bologna Parte terza, ibid., XXXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 74-77; IX, ibid. 1794, VI). 51 s.; C. M. Ady, The Bentivoglio of Bologna. A study in Despotism, London 1937, ad Indicem;P. Litta, Famiglie celebri italiane, Bentivoglio, tav. V.