CAPRINO, Antonello
Nacque a Sassari il 2 sett. 1886. Il padre, Sebastiano, era un magistrato siciliano; la madre Caterina Castoldi, proveniva da una ricca famiglia sarda di proprietari fondiari. Trasferitosi a Roma con la famiglia, fu allievo del liceo Nazareno, dove ebbe a compagni Fausto Maria Martini e Giorgio Lais. Sebbene avesse intrapreso gli studi giuridici (portati a termine nel 1911), negli anni giovanili si dilettò di letteratura; giovanissimo, fu poeta, amico di poeti, e soprattutto di Sergio Corazzini, del quale fu intimo e accanto al quale trascorse gli anni dal 1904 al 1907.
Visse intensamente l'esperienza di quel cenacolo di scrittori crepuscolari che facevan corona intorno a Corazzini e che comprendeva, oltre al C., F. M. Martini, C. Tridenti, N. Tarchiani, D. Zarlatti, G. Vitaletti, G. Sbordoni. Ebbero anche una loro rivista, Cronache latine, che visse solo lo spazio di tre numeri e della quale il C. fu il redattore teatrale. Scrisse sul Leonardo e pubblicò versi sul Tirso; a lui Corazzini doveva dedicare due fra le sue liriche migliori, S. Saba e Illusioni.
Dal 1906 il gruppo degli amici di Corazzini era solito frequentare la "terza saletta" del caffè Aragno, dove il C. ebbe modo di incontrare uomini come Ferderzoni, Dudan, Maraviglia, Forges-Davanzati, assieme ai quali avrà inizio la sua esperienza politica.
Conquistato alle idee nazionaliste, seguace di E. Corradini, il C. fu redattore dell'Idea nazionale, attivo militante del movimento al cui primo congresso, tenutosi a Roma nel 1912, diede la sua fattiva collaborazione tanto da meritarsi, nel 1914, al II congresso di Milano, la nomina a segretario generale dell'Associazione nazionalista italiana, carica che mantenne fino al 1919. Antidemocratico, deciso interventista, partecipò al Comitato centrale d'azione per l'intervento dell'Italia, presieduto da Giovanni Giuriati. Prese parte alla guerra come ufficiale di fanteria e venne ferito sotto il Col di Lana. Dopo il 1918, pur continuando a esercitare la professione di avvocato del resto mai trascurata, riprese la sua attività politica: candidato per il Lazio durante le elezioni del 1919, condusse una violenta campagna contro il governo Nitti. Fu coinvolto in uno scontro a fuoco con la polizia, avvenuto il 24 maggio 1920, durante un comizio commemorativo tenutosi all'università e in cui oltre al C., avevano parlato i nazionalisti Dudan e Bottai (col quale egli rimase sempre legato). Sette morti fu il bilancio degli incidenti e il C., assieme agli altri comizianti, fu tratto in arresto, ma rilasciato il giorno dopo in seguito a una campagna di stampa a lui favorevole.
Consigliere comunale di Roma, poi assessore, ebbe, assieme al sindaco Cremonesi, parte non insignificante nel preparare l'ingresso dei fascisti nella capitale in occasione della marcia su Roma. Infatti, quasi a premio della sua collaborazione, egli fu nominato vicecommissario regio del comune di Roma e in tale veste, spesso, a detta dello stesso Cremonesi, ebbe a sostituire il sindaco nelle sue funzioni amministrative. Fautore della fusione dei nazionalisti col partito fascista, proclamata ufficialmente ai primi di marzo del 1923, il C. entrò nel novero dei nazionalisti a cui il fascismo riservava incarichi di notevole importanza. Mentre Federzoni e Maraviglia entrarono nel Gran Consiglio come membri stabili, egli venne nominato membro della direzione del partito e segretario della corte di disciplina e, in tale qualità, partecipò al Gran Consiglio dal 1923 al 1925. Dello stesso periodo è la sua nomina ad alto commissario fascista per la Sardegna. Nel 1923, a seguito del rinnovo degli organismi direttivi fascisti operato da Mussolini, inteso a porre fine alla entrata massiccia di nuovi iscritti al P.N.F. e ai conflitti fra i vari dirigenti federali, era chiamato a far parte della giunta esecutiva.
È questo il periodo in cui "rivoluzionari" e "conservatori" si misurano all'interno del P.N.F. Il C. fu uno dei sostenitori della funzione moderatrice del regime, in aperta polemica con gli elementi "rivoluzionari". Sempre nell'ambito di questa operazione, nel 1924 diventava membro del nuovo direttorio nazionale eletto dal Consilio nazionale. Deputato nelle legislature XXVII, XXVIII e XXIX, restò alla Camera come consigliere nazionale dopo la trasformazione della Camera dei deputati in Camera dei fasci e delle corporazioni (1939-1943). L'attività politica e quella forense non gli impedirono di interessarsi della natia Sardegna, dove fondò un giornale, l'Isola di Sassari, che diresse fino al 1934. Dagli incarichi che egli rivestì all'interno del partito si ricava l'impressione che il C. rimase collegato, pur nella nuova situazione agli uomini dell'antico movimento nazionalista e, in particolare, a Bottai.
A parte quelle già segnalate egli assunse nel corso degli anni le cariche di membro del Consiglio superiore forense, del Direttorio nazionale degli avvocati e procuratori, di vicepresidente del Consiglio provinciale dell'economia corporativa di Roma. Fu, in seguito, ponente della Corporazione delle comunicazioni interne, e del Consiglio nazionale delle corporazioni in rappresentanza degli industriali (1939), consigliere effettivo della Corporazione delle professioni e delle arti in rappresentanza dei giornalisti (1941), consigliere effettivo della Corporazione della previdenza e del credito in rappresentanza dei professionisti (1942).
Nessuna notizia si ha della posizione politica che il C. avrebbe assunto all'indomani della seduta del Gran Consiglio che, il 25 luglio, segnò la caduta di Mussolini. Si sa però che non aderì alla repubblica di Salò, ma rimase a Roma; dove, più tardi, a liberazione avvenuta, scontò in prigione l'attività da lui svolta e il ruolo avuto all'interno del partito. Uscito senza condanne da un processo di epurazione, riprese a Roma la sua attività forense. Durante le elezioni amministrative del maggio 1952, si presentò come candidato indipendente, nella lista del M.S.I.
Morì a Roma il 25 dic. 1954.
Redasse un commeato a B. Mussolini, I discorsi agli italiani, Roma s.d., e un suo discorso su La festa della razza, in Nel segno della doppia croce, Roma 1951, pp. 164-169.
Fonti e Bibl.: Necr., in Il Secolo d'Italia, 30 dic. 1954; Atti parlamentari,Camera,Discussioni, legisl. XXVII-XXX, ad Indices; Il Messaggero, 25 maggio 1920; F. Cremonesi, L'amministraz. straord. del Com. di Roma nel biennio1923-24, Roma 1924, p. 6; V. Bonfigli, I deputati della XXVII legisl., Roma 1924, pp. n.n.; A. Nosari, La saletta d'Aragno, Roma 1928, pp. 116 s., 181; P. M. Arcari, Le elaborazioni della dottrina politica nazionale fra l'Unità e l'intervento(1870-1914), Firenze 1934-49, III, p. 37; Chi è? Roma 1936, p. 175; E. Savino, La nazione operante, Novara 1937, p. 379; F. Donini, Vita e poesia di S. Corazzini, Torino 1949, pp. 7, 9 n., 13 n., 16 s., 124, 126, 128, 130 n., 133, 136, 138, 143, 145 n., 146, 168 n., 181, 197 n., 205 n., 206 n., 218, 219 n.; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1964, p. 287; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere(1921-1925), Torino 1966, pp. 421, 673; Camera dei Deputati, Indice alfab. dell'attività parlamentare dei consiglieri nazion. della XXX legislatura, Roma 1969; S. Iacomuzzi, S. Corazzini, Varese 1970, pp. 10, 33, 74, 80.