VAN DYCK (pron. dèik), Anton
Pittore, nato ad Anversa il 22 marzo 1599, morto a Londra il 9 dicembre 1641. I suoi genitori, agiati mercanti, lo collocarono nel 1609 come apprendista presso Henri van Baelen, pittore molto meticoloso. Nulla invece di preciso si sa intorno a un suo tirocinio presso Rubens. Molto precoce, egli aveva già a 17 anni un proprio studio e degli allievi. L'11 febbraio 1618, a 19 anni, fu ammesso maestro nella corporazione dei pittori di Anversa; e cominciò allora la sua collaborazione con Rubens. Lasciò Anversa tra il 17 luglio e il 25 novembre 1620. Il 26 febbraio 1621 il re d'Inghilterra gli accordò una pensione annua; due giorni dopo V.D. ottenne un passaporto valido otto mesi, ma non partì subito per l'Italia, ritornò prima ad Anversa e ne partì il 3 ottobre 1621 per l'Italia. Il 20 novembre arrivava a Genova, dove prese stanza presso il pittore fiammingo Corneille de Wael. Viaggiò attraverso l'Italia: nel febbraio 1622 era a Roma, nel settembre a Venezia, alla fine dell'anno passava da Firenze per tornare a Roma; nel 1624 era a Palermo. Dalla fine del 1623 al 1627 risiedette specialmente a Genova, l'8 marzo 1628 era nuovamente ad Anversa. Nel 1632 ripartiva per Londra, dove (5 luglio 1632) il re d'Inghilterra lo nominava pittore aulico. Nel 1634 tornò temporaneamente ad Anversa; nel 1635 risiedeva nuovamente a Londra. Nel 1640 otteneva un passaporto per il Belgio, dove cercò di farsi ammettere come pittore alla corte di Bruxelles. Tornato a Londra nella primavera del 1641, nell'autunno era ad Anversa, andò quindi a Parigi, che lasciò per Londra, dove morì a soli 42 anni.
Artista molto vario, nella giovinezza produsse opere piene di slancio, vigorose nel colore, che rivelano una conoscenza profonda del mestiere. Il suo fare si andò allora avvicinando a quello del Rubens: talvolta è solido e accurato, tal'altra brutale con impasti ruvidi e triti (serie dei Busti degli Apostoli, S. Martino a Saventhem, S. Girolamo in diverse redazioni, Susanna e i vecchioni a Monaco, Crocifissione di S. Pietro e Sileno ebbro Bruxelles, Cristo porta la Croce ad Anversa e varî ritratti). La collaborazione col Rubens non fece tuttavia del giovane artista un seguace di questo.
Se nelle opere del Rubens, come nella serie della storia di Decio Mure (Gall. Liechtenstein, Vienna), usò lo stile del maestro con straordinaria duttilità, nel proprio studio continuò a lavorare con uno stile personale, evidente nei due S. Giovanni di Berlino, in cui sono già palesi l'eleganza particolare delle forme, i toni bruni, la maniera larga, le pennellate segnanti muscolatura e forme.
Il lungo soggiorno in Italia lo volse a un altro fare mentre egli diveniva il ritrattista prediletto dell'alta società. A Genova conobbe i grandi ritratti di carattere decorativo eseguiti dal Rubens circa 15 anni prima. Alla maestà di questi unì l'eleganza e l'ingenuità proprie al suo temperamento (ritratti di Andrea Brignole-Sale, di Geromina Brignole-Sale, di Paola Adorno Brignole-Sale a Genova; di Corneille de Wael ad Anversa, di C. e Luc de Wael a Roma, del Cattaneo e della di lui consorte a Londra. A Roma dipinse i ritratti del cardinale Bentivoglio (Firenze), di Francesco Colonna (Roma), della marchesa Spinola (Berlino), notevoli, oltre che per la larghezza e la delicatezza della presentazione, per la sobrietà coloristica.
Il V. D. deve al contatto con la cultura italiana lo sviluppo della dote propria al suo temperamento: il senso della forma elegante. Pure al contatto con la pittura italiana il V.D. poté acquistare quella maniera morbida e quella ritenutezza nell'uso del colore che conferiscono tanta finezza alla sua opera; quanto egli deve all'Italia si riassume un'ultima volta nel quadro di Palermo: Madonna del Rosario, eseguito alla fine del suo soggiorno in Italia.
Tornato ad Anversa, la sua arte torna a imborghesirsi. L'eleganza acquisita si nota ancora in numerosi quadri, eseguiti in quella città tra il 1628 e il 1632 (Calvario e Pietà, ad Anversa; Nozze mistiche di S. Caterina, a Vienna; Madonna e Committenti, a Parigi); ma nei numerosi ritratti di borghesi della città mercantile un certo realismo s'infiltra nel senso di nobiltà acquistato in Italia (varî ritratti dello Snyders e della di lui moglie; Maria Luisa di Tassis, Gall. Liechtenstein, Vienna). Le tonalità si arricchiscono e le vibrazioni luminose si fanno più intense e più vive, come in un periodo di rinnovata collaborazione con il Rubens. Il V.D. preparava allora l'edizione dei ritratti incisi di 100 uomini illustri, edizione per la quale fece grandi ritratti o chiaroscurì.
Una nuova fase dello stile del V.D. è segnata dal suo stabilirsi nel 1632 alla corte di Londra: sparito il vigore, il pittore si va facendo sempre più elegante, capriccioso, raffinato. Nei suoi ritratti muliebri e anche in quelli virili, le figure hanno un nobile portamento e dal colore sobrio e caldo emana un senso di turbamento e di seduzione. Alcuni dei ritratti fatti a Londra sono opere notevoli, che segnano il più alto grado di perfezione raggiunto allora nel ritratto in pittura (Carlo I a caccia, Parigi; Carlo I a cavallo, Windsor; ritratto dl Maria Antonietta, Windsor; I figli del re, Windsor e Torino; Filippo Warton, già a Pietroburgo, ora a Washington; I conti di Bristol e di Bedford, Althorp-Park; Joh e Bernard Stuart, Londra; L'abate Scoglia, ivi). Wel suo ultimo periodo l'artista sembra abbandonarsi al virtuosismo manuale: si faceva allora aiutare copiosamente, produceva in serie ritratti di dame, di fattura superficiale, se pur sempre idealizzate nella concezionc.
Il V. D. è da annoverare tra i maggiori ritrattisti. Alle sue grandi composizioni fanno spesso difetto la profondità e la larghezza dell'intelligenza di un Rubens, difetto che si rileva anche in numerosi suoi ritratti. Ma nessuno seppe meglio di lui conferire ai ritratti tanta eleganza. Egli armonizzò mirabilmente colore e forma; di temperamento sensibile e delicato, risentì vivamente l'influenza dell'ambiente, seppe tradurre l'atmosfera in cui vivevano i suoi modelli.
V. tavv. CXXV- CXXX.
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