ZANETTI, Anton Maria
– Nacque a Venezia il 1° gennaio 1706 da Alessandro e dalla milanese Antonia Limonti, primogenito di cinque fratelli: Maria, Bartolomeo (Bortolo), Sigismondo e Francesco Girolamo. Le principali notizie sulla sua formazione si ricavano da una Memoria firmata dal fratello Francesco Girolamo e aggiunta ad alcune copie edite postume della sua opera Varie pitture a fresco de’ principali maestri veneziani.
La storiografia lo ha frequentemente confuso con l’omonimo Anton Maria (v. la voce in questo Dizionario), figlio di Girolamo, anche a causa del frequente ripetersi degli stessi nomi tra diversi rami della famiglia; discendevano entrambi da Anton Maria Zanetti, figlio di Bortolo, mercante attivo tra Venezia e la Carniola, deceduto nel 1691; dal matrimonio del capostipite con Laura de Noris discesero cinque figli tra i quali, gli unici con eredi, Girolamo (padre di Anton Maria di Girolamo) e Bortolo, che costituirono i due rami della famiglia. Dal matrimonio tra Bortolo e Maria Jakoba Grundler nacque Alessandro (1668-1746), padre del nostro Anton Maria. In base ai dati ricavati dagli atti del notaio veneziano Fioravante Mozzoni, Giulio Lorenzetti ha pubblicato nel 1917 un dettagliato albero genealogico, recentemente ampliato da Katra Meke (2018) con i rami della famiglia attestati in Carniola. Il bisnonno omonimo fu ascritto alla nobiltà dall’imperatore Leopoldo I nel 1661. Lo stemma di famiglia, visibile un tempo sulla tomba nella chiesa di S. Maria Mater Domini e ripetuto nelle legature dei volumi dell’ampia biblioteca familiare, è composto da un giglio dorato su campo blu nei quadranti primo e quarto, mentre tre pali su tre colli segnano il secondo e il terzo quadrante, sormontati dall’aquila imperiale con la corona d’oro.
Anton Maria trascorse tutta la vita a Venezia, abitando al secondo piano del palazzo di famiglia in Corte Zanetti nei pressi della chiesa di S. Maria Mater Domini; i rapporti con il cugino più anziano, nonostante diverse collaborazioni, non furono sempre facili. Anton Maria di Girolamo, grande collezionista e conoscitore, rivendicava un ruolo nella sua formazione per avergli consentito di copiare dipinti e disegni della sua imponente raccolta; il più giovane Zanetti nel 1741 ricordava di aver imparato l’arte dell’incisione osservando le sperimentazioni del cugino, ma più volte si rammaricò con i corrispondenti dello scarso riconoscimento che questi gli attribuiva nelle sue opere. Certamente partecipò alla realizzazione dei Chiaroscuri editi tra il 1731 e il 1743: gli sono attribuite almeno tre xilografie su disegni da Raffaello Sanzio, seppure resti ancora da definire esattamente l’entità del suo contributo alla pubblicazione. Stando alla Memoria del fratello, Anton Maria avrebbe ricevuto un’educazione alle lettere antiche presso il collegio dei gesuiti e una formazione artistica nella bottega del pittore Niccolò Bambini. Per tutta la vita alternò interessi per gli studi eruditi e storico-artistici, insieme a spiccate doti come disegnatore.
Prima opera autonoma fu la pubblicazione nel 1733 a Venezia, per i tipi di Bassaglia, di una riedizione delle Ricche minere della pittura veneziana di Marco Boschini, con il titolo Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e isole circonvicine, dedicata al cugino più anziano; Anton Maria si distinse subito per autorevolezza e metodo di lavoro, dando alle stampe ancora giovane un aggiornamento e un’integrazione di una delle fonti più autorevoli per la critica d’arte veneziana, effettuati sulla base dell’osservazione diretta delle opere.
Nel 1736 fu incaricato dal procuratore Lorenzo Tiepolo, appena eletto bibliotecario della Marciana, di redigere il catalogo delle sculture antiche conservate nell’antisala della biblioteca dalla fine del Cinquecento per effetto della donazione Grimani. Realizzò a questo scopo una serie di disegni di ottima fattura per descrivere le singole sculture, oltre che sei tavole che riproducono la loro distribuzione alle pareti e sul pavimento della sala; i disegni sono oggi conservati presso la Biblioteca Marciana (Manoscritti italiani IV, 65 = 5068; IV, 122 = 5102; IV, 123 = 10040) e costituiscono un’interessante testimonianza dell’ordinamento e allestimento di quell’epoca. Come riconoscimento Anton Maria ricevette dal Senato «una medaglia d’oro del valore intrinseco di zecchini sessanta» (5 luglio 1736, Venezia, Biblioteca Marciana, Manoscritti italiani VII, 754 = 7794, cc. 46r-47r). Il 22 gennaio 1737, grazie ai buoni auspici di Tiepolo, fu nominato custode della Biblioteca, incarico che mantenne tutta la vita. Si occupò insieme ad Antonio Bongiovanni di riordinare l’imponente fondo dei manoscritti greci e latini, di cui pubblicò due cataloghi completi (Graeca D. Marci Bibliotheca codicum manu scriptorum per titulos digesta, Venetiis, Apud Simonem Occhi Bibliopolam, 1740; Latina et italica D. Marci Bibliotheca codicum manu scriptorum per titulos digesta, Venetiis, Apud Simonem Occhi Bibliopolam, 1741), e per questo ottenne il plauso di numerosi periodici dell’epoca come il Giornale dei letterati di Venezia, le Novelle letterarie di Firenze e Nuovi atti eruditi di Lipsia.
Il ruolo di custode e questa impresa erudita lo misero in contatto con molti degli studiosi impegnati nel rinnovamento del metodo storico, improntato alla ricerca d’archivio e al confronto diretto con le fonti storiografiche e materiali, come Giovanni Brunacci, Anton Francesco Gori e Gian Domenico Bertoli.
In questi stessi anni Anton Maria collaborò con il cugino omonimo più anziano alla realizzazione del catalogo a stampa delle sculture antiche collocate nei palazzi pubblici della città. L’opera ebbe una lunga gestazione e creò non pochi problemi alla relazione tra i due, tanto da dover ricorrere più volte all’intermediazione di un notaio. Il progetto della pubblicazione risaliva alla metà degli anni Venti e inizialmente prevedeva un commento di Apostolo Zeno, mentre ad Anton Maria di Alessandro erano stati affidati le raffinate cornici antichizzanti e i sofisticati finalini che impreziosivano il testo, il disegno delle medaglie poste a confronto con le sculture e il ritocco dei rami da incidere. L’opera uscì in due volumi tra il 1740 e il 1743 con il titolo Delle antiche statue greche e romane che nell’antisala della Libreria di San Marco e in altri luoghi pubblici di Venezia si trovano; le antichità erano commentate da Anton Francesco Gori con un testo in latino, tradotto in italiano da Francesco Girolamo fratello di Anton Maria. In calce alle preziose tavole incise la paternità dei disegni è attribuita congiuntamente a entrambi i cugini, mentre gli originali si possono con buona probabilità identificare con la serie divisa in due album oggi alla Pierpont Morgan Library di New York (Department of drawings and prints, 1959.3:1-104). Furono incisi dai più noti specialisti del tempo, fra cui Giovanni Cattini, Giovanni Antonio Faldoni e Giovanni Marco Pitteri. Un’antiporta figurata con Minerva che rende omaggio a Venezia fu delineata da Giovanni Battista Piazzetta e incisa da Felicita Sartori. L’opera, dedicata a Cristiano VI re di Danimarca, venne stampata con il sistema della sottoscrizione, raccogliendo trecento associati che l’acquistarono in anticipo per 12 zecchini; tra coloro che parteciparono all’impresa si distinguono numerosi collezionisti, conoscitori ed eruditi dell’epoca tra cui lord Richmond, lord Chesterfield, Apostolo Zeno, Pietro Metastasio, Pierre-Jean Mariette, Pierre Crozat, i cardinali Querini e Passionei.
Mosso da spiccato interesse per la conservazione del patrimonio veneziano, Anton Maria pubblicò nel 1760 Varie pitture a fresco de’ principali maestri veneziani ora la prima volta con le stampe pubblicate, volume stampato anonimo e a proprie spese, e dedicato alla riproduzione degli affreschi ancora parzialmente conservati nelle facciate di alcuni palazzi della città, ormai in rovina a causa delle peculiari condizioni climatiche. Ventiquattro tavole, delineate da Anton Maria e incise all’acquaforte o al bulino, riproducono opere di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese e Giambattista Zelotti, restituendo con straordinaria attenzione documentaria il precario stato di conservazione delle pitture e degli intonaci, come nel caso degli affreschi sulla facciata del fondaco dei Tedeschi o quelli del palazzo Trevisan a Murano. Per restituire più fedelmente l’aspetto di quei dipinti che andavano scomparendo, alcuni esemplari dell’opera furono miniati e colorati dallo stesso Anton Maria, seguendo una tendenza innovativa che accomunò alcune elitarie pubblicazioni dell’epoca in Europa. Il testo esplicativo costruiva un’appassionata difesa dei maestri del Cinquecento veneziano, giocata sulla necessità di comprenderne a pieno sia i valori tonali sia le doti nel disegno, e criticando i limiti della lettura che ne aveva fatto Giorgio Vasari, ma anche alcune imprecisioni di Carlo Ridolfi e Marco Boschini.
L’opera che consacrò la notorietà storiografica di Zanetti fu senza dubbio Della pittura veneziana e delle opere pubbliche dei veneziani maestri libri V, edita da Albrizzi nel 1771, un testo percepito all’epoca come estremamente innovativo sul piano del metodo, tanto da essere preso come punto di riferimento da Luigi Lanzi per la sua Storia pittorica della Italia. Superando il modello biografico delle vite vasariane, che grande fortuna aveva avuto nella letteratura artistica, Zanetti combinò un racconto in senso cronologico della pittura veneziana dal Medioevo al Settecento, con le indicazioni topografiche dettagliate delle opere di ciascun artista. Per l’ampiezza delle conoscenze e le capacità di giudizio, l’impresa ottenne recensioni e plauso dagli studiosi dell’epoca in diversi Paesi d’Europa e costituisce ancora oggi una fonte preziosa di informazioni.
Grazie alla sua conoscenza capillare del patrimonio artistico della città, maturata in anni di indagini sul campo, nel 1773 Anton Maria fu nominato ispettore alle pubbliche pitture dal Consiglio dei dieci con l’incarico di stendere un catalogo di tutti i dipinti della città e delle isole della laguna. Con questa carica si occupò di organizzare un nuovo sistema di tutela che garantisse il controllo dello Stato sulla conservazione e restauro delle pitture nei palazzi pubblici di San Marco e Rialto, ma anche nelle chiese, nei monasteri e nelle scuole della città. Fu lui stesso a proporre al Senato una serie di compiti da assegnare all’ispettore, sia per la catalogazione del patrimonio, prima garanzia di protezione dalle manomissioni e dai furti, sia per il controllo delle operazioni di restauro, compresa la responsabilità nella scelta dei restauratori cui affidare gli interventi. Gli ultimi anni della sua vita Zanetti fu costantemente impegnato in questo ruolo, con continue ricognizioni sul territorio di cui resta testimonianza manoscritta in una Nota de’ quadri più degni, che esistono nelle chiese, scole ed altri luoghi pubblici della città e dell’isole circonvicine (Archivio di Stato di Venezia, Inquisitori di Stato, b. 909).
Morì a Venezia il 3 novembre 1778 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Mater Domini, nella tomba di famiglia collocata nel pavimento della navata centrale, con un’iscrizione che ricordava i suoi meriti eruditi.
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