VANNUCCHI, Anton Maria
– Figlio di Ilario e di Anna Maria Bacciottini, nacque a Castelfiorentino il 16 febbraio 1724 in una famiglia di civile condizione che si diceva imparentata con il pittore Andrea del Sarto.
Ricevuta l’istruzione primaria presso la pubblica scuola della propria cittadina, fu inviato a Firenze per seguire i corsi di filosofia e retorica nel collegio delle Scuole Pie. Sotto l’attenta guida dei calasanziani, oltre al latino, apprese alcuni elementi dell’ebraico e i rudimenti del greco antico, lingua la cui conoscenza avrebbe ulteriormente approfondito grazie ai consigli del teologo ed erudito Giovanni Lami, costante figura di riferimento nel corso della sua formazione ed efficace protettore in molte occasioni. Nello stesso periodo approfittò dei corsi dello scolopio Alberto Papiani e del religioso cassinense Giovanni Alberto Colombo per acquisire una preparazione nelle scienze fisiche e matematiche, incentrata soprattutto sulle scoperte di Newton. È probabilmente grazie a questi studi che, sempre a Firenze, fu coeditore, nel 1744, assieme con Lorenzo Tosi, di una Raccolta d’opuscoli sopra l’opinioni filosofiche di Newton, dove si leggeva una sintesi utile alla comprensione del dibattito europeo sulle teorie dello scienziato inglese. Incerto tra la carriera ecclesiastica e quella forense, Vannucchi intraprese nella capitale anche gli studi giuridici, facendosi allievo di Anton Bernardo Ceccarelli per le istituzioni di diritto civile e dei maestri della Badia fiorentina per quelle di diritto canonico. Fu comunque nell’ateneo pisano che si recò per completare le sue conoscenze in questo campo, addottorandosi in utroque iure il 9 novembre 1746.
Prima ancora di concludere il proprio percorso universitario, assillato da crescenti difficoltà economiche, fu costretto, approfittando dei buoni uffici di Lami, ad accettare la cattedra di eloquenza e filosofia resasi vacante nella Scuola pubblica di San Miniato, dove fu cooptato nei circoli intellettuali locali, occupati nella valorizzazione delle proprie tradizioni municipali e, correlativamente, nella promozione del proprio ceto aristocratico. Nell’ambito di questi progetti, che insistevano sui profondi legami che nel Medioevo avevano unito l’antico centro urbano al trono imperiale, si inserì non solo una raccolta di rime encomiastiche, eloquentemente intitolata Delle glorie immortali dell’augustissime prosapie di Lorena e d’Austria (San Miniato 1747), ma anche il più tardo Ragionamento storico al nobil giovane Giovanni Battista Gucci Gentiluomo samminiatese sopra la nobiltà della sua Patria e della sua Famiglia (Firenze 1758), concepito per provare come a San Miniato la dignità di città spettasse anche prima della sua promozione a diocesi, avvenuta nel secolo precedente. Nella città toscana strinse amicizia con prestigiosi esponenti dell’élite, in particolar modo con alcuni membri della famiglia Buonaparte, legati da vincoli di parentela e di solidarietà all’omonima, e ben più nota, casata di Ajaccio.
Nel 1750 gli fu conferita a Pisa la cattedra di diritto feudale, dalla quale esercitò il proprio magistero fino al termine della sua esistenza. Attratto da quell’umanesimo giuridico che a Pisa aveva trovato in Giuseppe Averani un autorevole portavoce, non nascose le proprie perplessità nei confronti del mos Italicus nella Dissertazione sul metodo d’acquistare la giurisprudenza critica (Firenze 1750), opera che, dedicata all’influentissimo Emanuele di Richecourt, favorì il suo accesso alla carriera universitaria. Secondo l’uso dell’epoca, Vannucchi spaziò in vari rami del sapere: dalla metafisica alla storia e dalla teologia alla letteratura. Da questa poliedricità scaturirono i due tomi della Raccolta periodica di ragionamenti autografi sopra le più importanti, e più nobili parti del sapere umano, pubblicati a Livorno nel 1755 e nel 1758, nei quali, oltre ai contributi di Vannucchi, si leggono quelli di Giovanni Gualberto De Soria.
Nel 1760, per accreditare ulteriormente la propria immagine di giurista, sempre a rischio di rimanere in secondo piano rispetto a quella di poeta e di storico, Vannucchi pubblicò a Pisa, presso la Stamperia di Filippo Polloni, un volumetto intitolato Dissertazioni filosofiche ad uso degli studiosi del Gius pubblico, nel quale, pur non mancando parti originali, venne utilizzato materiale precedentemente inserito nella Raccolta periodica di ragionamenti autografi (cit., I, pp. 93-158). A ulteriore prova dell’interesse per questa recente disciplina che, con i suoi frequenti riferimenti alla storia, alla filosofia e alla teologia, coagulava in sé le principali direttrici culturali lungo le quali era abituato a muoversi, egli lasciò un’inedita Introduzione al diritto pubblico, ossia prospetto delle di lui istituzioni (Pisa, Biblioteca universitaria, Fabroni Miscellanea, 12.16). Nelle opere menzionate i numerosi spunti mutuati dagli autori più accreditati nelle singole tematiche affrontate trovano la propria coerenza nell’orizzonte della dottrina cattolica, mai tradita da Vannucchi. Dando prova di notevole versatilità, egli non solo compilò un corso di diritto feudale, il cui impianto metodologico ricalcava le Origines iuris di Gian Vincenzo Gravina, ma anche un trattato di diritto marittimo in vista di una cattedra che, a onta delle aspettative, non fu mai istituita. Entrambe le opere, nonostante l’apprezzamento riscosso presso quanti ebbero la possibilità di conoscerle, rimasero manoscritte.
Corrispondente di Ludovico Antonio Muratori, di Metastasio e di Vittorio Alfieri (è rimasta traccia anche di un suo contatto epistolare con Voltaire), appartenne, a Pisa, all’arcadica Colonia Alfea con i nomi di Soristo Filantropo e Teleio Focidense, mentre a Firenze fu accolto nelle Accademie degli Apatisti e della Crusca. La sua produzione canzonettistica si inserì in un filone scientifico e galante che guardava alla poesia e alla filosofia come a due vie di accesso al vero differenti, ma di pari dignità ed efficacia. Questo tratto si ritrova anche nel poema Del Trionfo di Minerva (Livorno 1768), composto per celebrare l’arrivo a Firenze di Pietro Leopoldo con la sposa Maria Luisa di Borbone. Testimonia la notorietà da lui acquistata nei circoli gentilizi più sensibili alla poesia e alle suggestioni erudite, cosi come il successo dell’insegnamento professato, il suo Parere legale nella causa vertente tra Sua Eccellenza la Signora D. Laura Salviati Vedova Duchessa d’Atri e Sua Eccellenza il Signor Principe D. Carlo Acquaviva (Firenze 1779).
Dal suo matrimonio con Angiola Maria Bracci nacque un figlio, Riccardo, che divenne docente di diritto criminale a Pisa e occupò il tempo lasciatogli libero dagli impegni accademici dedicandosi, sulla scia del genitore, ad attività erudite che, in un clima mutato nel gusto e nelle attese politiche, non riscossero lo stesso successo conosciuto dal padre.
Morì il 12 febbraio 1792 a Pisa, dove fu sepolto nel Camposanto monumentale.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio arcivescovile, Castelfiorentino, S. Ippolito, Bapt. 1713-1727, Reg. parrocchiali campagna 451. 4., cc. n.n.; (A. Fabroni), Notizie istoriche dell’Avvocato A.M. V., in Giornale de’ letterati, LXXXV (1792), pp. 41-54; R. Vannucchi, Praeconium funebre, in Id., Opuscoli di varia letteratura, Firenze 1817; G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, II, Milano 1848, p. 407; A. Del Pela, Di A.M. V. (1724-1792). Cenni biografici, in Miscellanea storica della Valdelsa, XIII (1905), pp. 237-261; N. Carranza, L’Università di Pisa nei secoli XVII e XVIII, Pisa 1971, pp. 25-30; Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A. M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, pp. 237, 243, 339; E.W. Cochrane, Giuseppe Maria Buondelmonti. Nota introduttiva, in Dal Muratori al Cesarotti, a cura di R. Aiello et al., Milano-Napoli 1978, pp. 537-539; V. Bartoloni, Giovanni Lami e il Valdarno inferiore. I luoghi e la storia di un erudito del Settecento, Pisa 1997, pp. 54-56: E. Spagnesi, L’insegnamento del diritto a Pisa dal principio del ’700 all’Unità. Dispense di storia del diritto medievale e moderno (a.a. 1998-99), Pisa 1999, pp. 56 s.; A. Di Ricco, Settecento letterario toscano, in Giornale storico della letteratura italiana, CLXXXI (2004), pp. 321-372; A. Labardi, V. A.M., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di M.L. Carlino et al., II, Bologna 2013, p. 2017.