CADOLINI, Anton Maria
Nato ad Ancona da famiglia nobile il 10 luglio 1771, dopo aver studiato nel collegio di Recanati, si perfezionò in teologia nelle scuole del seminario anconetano, finché il 12 nov. 1792 nel noviziato di San Severino entrò nell'Ordine dei barnabiti. Nel 1793 fu inviato a Torino, dove fu consacrato sacerdote (19 apr. 1794), e rimase fino al 1798 a insegnare retorica in quel collegio dei nobili. Con lo stesso incarico soggiornò dal 1800 al 1804 a Macerata, cominciando a mettersi in luce come oratore sacro.
Trasferito a Roma con l'incarico di annalista dellOrdine, tra il 1805 e il 1821 venne chiamato a predicare nelle maggiori città italiane. Dopo aver trascorso gli anni 1810-14 in patria in seguito allo scioglimento dell'Ordine, tornato a Roma, iniziò una fortunata carriera: dal 1816 fu tra i quattro assistenti del generale dei barnabiti, l'anno seguente entrò fra i consultori dell'Indice, nel 1819 fu eletto esaminatore episcopale e nel 1820 consultore del S. Uffizio.
Il 19 apr. 1822 Pio VII lo designò vescovo di Cesena e il suo predecessore, card. Francesco Saverio Castiglioni, il futuro Pio VIII, lo consacrò nella chiesa romana di S. Carlo ai Catinari.
La diocesi assegnata al nuovo vescovo era fra le più turbolente e difficili dell'inquieta Romagna per la capillare diffusione di organizzazioni settarie che gli arresti operati nel 1817 e ancora nel 1821 non erano valsi a debellare; né il C., rigidissimo conservatore e pedantesco moralista, era il più adatto a diminuire le tensioni. Pochi mesi dopo il suo arrivo, con fini scopertamente provocatori, si cercò infatti di incendiare l'episcopio, mentre in tutta la città circolavano aspri libelli anticlericali; e solo l'uccisione dell'ex massone don Angelo Bandi, pronipote di Pio VI, avvenuta per strada nell'aprile del 1823, induceva l'autorità civile, d'accordo con i cardinali Sanseverino, legato di Forlì, e Rivarola, legato di Ravenna, a operare in Cesena numerosi arresti fra i più noti carbonari.
L'intensa attività episcopale del C., incurante delle ostilità dell'ambiente, si ispirava a criteri di rigoroso moralismo con finalità di restaurazione religiosa. e di conservazione politica. Per stimolare i giovani alle pratiche religiose con i premi e l'emulazione istituì l'Adunanza mariana della gioventù, divisa in decurie dirette da ecclesiastici; ripristinò e riorganizzò le disciolte confraternite di mestiere; fondò una sezione della Pia unione di S. Paolo, per invogliare il clero a migliorare la propria preparazione culturale; creò nuove parrocchie, riordinò i conventi e separò gli istituti di beneficenza unificati dall'amministrazione napoleonica; esonerò dagli incarichi alcuni parroci sospetti di liberalismo; aprì una casa di correzione per le meretrici. Le sue cure si rivolsero in modo particolare alle scuole pubbliche, dalle quali espulse gli insegnanti "in poco buon odore" (e tra essi il latinista e patriota don Cesare Montalti) e, in applicacazione della bolla di Leone XII del 28 ag. 1824, incentrò l'insegnamento soprattutto su "i dogmi della cattolica religione e il rispetto alle sovrane leggi".
Dopo la tempesta politica provocata dai moti del 1831, che ebbero a Cesena una significativa appendice nella "battaglia del Monte" del 16 luglio tra soldati pontifici e insorti carbonari, cui fecero seguito saccheggi e stragi, il C. insediò nel convento che era stato dei serviti i missionari del Preziosissimo Sangue.
Il 12 febbr. 1838 Gregorio XVI lo trasferì alla diocesi di Ancona in sostituzione del defunto card. Cesare Nembrini e nella nuova sede il C. non mutò le sue direttive pastorali e spesso rimproverava al vicario, mons. Lorenzo Barili, futuro nunzio a Madrid e cardinale, che gli chiedeva di aprire nuove scuole, di voler dare "troppi lumi alla gioventù".
Non mancò comunque di impegnarsi in numerose attività, completando i lavori di restauro del seminario, insediando i missionari del Preziosissimo Sangue, riordinando la Confraternita di S. Anna dei Greci, aggregando ai canonici della cattedrale due "mansionari Cadolini", unificando la Casa di ricovero ed industria (eretta dal comune per ospitare gli orfani dell'epidemia di colera del 1836)con l'orfanotrofio vescovile ed assegnando al nuovo istituto, affidato ai fratelli delle scuole cristiane, i beni dell'eredità Nembrini. Nel settembre del 1841 ricevette in Ancona con solenni festeggiamenti il pontefice Gregorio XVI e, come aveva fatto a Cesena nel 1825, celebrò un solenne sinodo didcesano.Creato cardinale del titolo di S. Clemente il 19 giugno 1843, il C. partecipò al conclave del 1846.
La sua intransigenza politica sembrò mitigarsi dopo l'assunzione al pontificato di Pio IX, tanto che chiamò il barnabita Ugo Bassi a predicare la quaresima del 1848 e accettò poi di officiare il solenne Te Deum di ringraziamento in occasione delle manifestazioni per la promulgazione dello statuto. Allorché, a conclusione delle confuse vicende provocate in Ancona dalla proclamazione della Repubblica romana, la città, tra il maggio e il giugno del 1849, fu assediata dagli Austriaci, il C., dopo avere invitato il generale Wimpffen a limitare i danni alla popolazione civile, tramite il proprio vicario partecipò alla stesura dell'atto di resa. E nell'ottobre 1850, con gesto di nobile riservatezza che gli conciliò non poche simpatie, si rifiutò di partecipare al ricevimento in onore del generale Radetzky in visita alla città occupata.
Negli anni di episcopato a Cesena il C., che, oltre a una raccolta di versi e prose di circostanza, aveva pubblicato a Roma nel 1806una Corona di pie meditazioni e preghiere, compose numerose "azioni pastorali" su temi sacri, destinate alle recite degli alunni del seminario e stampate in Ancona: Ilpresepio cristiano (1827), Le buone feste cristiane (1828), Gli oracoli cristiani (1829).
Morì in Ancona il 1º ag. 1851.
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