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ANTINORI, Anton Ludovico

di Italo Zicàri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)
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ANTINORI, Anton Ludovico

Italo Zicàri

Nacque in Aquila il 26 ag. 1704. Compiuti i primi studi sotto la guida del proposto Niccolò Guacci, a undici anni fu mandato presso i parenti del padre a Napoli, ove ebbe a maestro il celebre Celestino Galiani. Dopo dieci anni, nel 1725, pur senza aver conseguito alcun titolo accademico, ma già ben avviato negli studi teologici, storici ed archeologici, ritornò in patria e si diede alla diligente ricerca di fonti per la storia aquilana ed abruzzese, acquistando in breve tempo gran fama di storico e di epigrafista. Cosicché, quando nel 1731, il Muratori richiese al magistrato aquilano cronache antiche inedite da pubblicarsi nei Rerum Italicarum Scriptores, l'A. fu incaricato della cosa e dal 1732 al 1737 gliele inviò corredate di un'ampia introduzíone sulla storia di Aquila dalle origini al 1265, di note biografiche e bibliografiche, e di aggiunte. Il Muratori, con il quale l'A. iniziò un lungo carteggio, che manterrà fino al 1747, le inserì però nelle Antiquitates Italicae Medii Aevi, VI, Mediolani 1742, pp. 483-1032, facendole precedere da una prefazione, in cui fa ampie lodi del giovane erudito. Al quale chiese anche di inviargli quante più iscrizioni inedite possibili, da inserirsi nei Novus thesaurus veterum inscriptionum, ove infatti furono pubblicate nel 1742. Fra gli studi storici ed archeologici, l'A. non tralasciò tuttavia di coltivare, come voleva la moda del tempo, anche la poesia, in specie sacra, con oratori e drammi. I versi dell'A., che ai contemporanei parvero belli di spontanea dolcezza ed armonia, non si sollevano in verità sulla produzione corrente del tempo e l'A stesso ne faceva poco conto, se, molto tempo prima di morire, distrusse tutte le poesie manoscritte e morendo ordinò agli eredi di fare altrettanto delle stampate, che avessero potuto recuperare. Tuttavia alcuni sonetti, come quelli inviati nel 1732 e nel 1734 a Carlo di Borbone, duca di Parma, poi re di Napoli, per invitarlo a cingere la corona del Regno, non mancano di dignità di stile e di nobiltà di sentimenti. Per Giovan Battista Cotta, col quale egli aveva stretto amicizia quando questi fu in Aquila, scrisse un Commento all'Inno alle Belve, che uscì nell'opera del Cotta, Dio. Sonetti e Inni, II, Foligno 1733, pp. 340-346.

Nel 1739 (e non 1734, come dicono tutti i biografi, eccetto il Dragonetti) entrò nella Congregazione dei padri dell'Oratorio, fra i quali ricevette gli ordini sacri. L'anno successivo, appena ordinato sacerdote, si recò a Roma, ove Benedetto XIV gli offrì il posto di bibliotecariod ell'Istituto delle scienze di Bologna; ma la malferma salute gli fece rifiutare l'incarico. Tornato in patria, scrisse, ad istanza della sorella monaca, la Vita della b. Cristina di Lucoli, Roma 1740, che è un modello di esattezza storica e di semplicità stilistica, così raramente riscontrabili allora in opere dei genere. Dopo tre anni di ritiro lasciò nel 1742 la Congregazione dell'Oratorio e fu nominato esaminatore sinodale, convisitatore episcopale e consigliere per la riforma della istruzione del clero. Nel 1745 divenne arcivescovo di Lanciano, ove rimase sino al 1754, quando fu trasferito all'arcivescovato di Matera e Acerenza. Ivi restò fino al 1757, quando, fatta accettare dopo molte insìstenze la sua rinunzia, poté ritornare in patria, godendo di una modesta pensione del re e dei beneficio dell'abbazia di S. Giovanni di Capestrano. Ripresi con più agio gli studi prediletti, dal 1766 al 1774 mantenne un fitto carteggio con Giovanni Cristoforo Amaduzzi, al quale comunicò molte iscrizioni, alcune delle quali apparvero nelle Silloges inscriptionum veterum, pubblicate in appendice agli Anecdota litteraria, diretti dall'Amaduzzi. Questi aveva tanta stima dell'A., che non solo gli dedicò la silloge epigrafica del II volume degli Anedocta, chiamandolo "multiplicis litteraturae laude omnibus spectantissimo", ma accettò anche di pubblicare nella sua collezione i Diaria Iacobi Donadei rerum suis temporibus Aquilae et alibi gestarum, curati dall'erudito aquilano, benché per stile e lingua fossero in contrasto con i criteri di scelta della collezione stessa. Tuttavia i Diaria,preceduti da una biografia del Donadei, ampia e corredata di molte note, in cui l'A. rendeva conto delle fonti usate per stenderla, non comparvero che nel 1783, nel IV tomo degli Anecdota, cioè oltre cinque anni dopo la sua morte, che avvenne in Aquila il 10 marzo 1778.

L'A. lasciò una mole enorme di manoscritti, che, legati per testamento nel 1832 dal pronipote Anton Ludovico Antinori jr. alla famiglia Dragonetti, furono poi donati nel 1887 da Giulio e Luigi Dragonetti alla Biblioteca provinciale di Aquila. Raccolti in cinquantuno volumi in fobo, di circa mille pagine ciascuno, E. Casti li ordinò e catalogò in quattro classi: Annali degli Abruzzi (voll. 1-24); Corografia storica degli Abruzzi, disposta per ordine alfabetico (voll. 25-42); Raccolta di iscrizioni (voll.43-47); Monumenti, uomini illustri e cose varie. Annali di Aquila (voll. 48-51). Si tratta di numerosissime memorie e dissertazioni su gli argomenti più disparati. Di esse talora si ha la redazione definitiva, quasi pronta per la stampa, talaltra soltanto una serie di schede con note prese saltuariamente, ma sempre precise e corredate di richiami alle fonti e di indicazioni bibliografiche. Per la incompletezza di molti dati, per le lacune nell'ordine cronologico, per alcuni errori e sviste, notabili specialmente nella silloge delle iscrizioni, che pur meritò gli elogi del Mommsen (v. Corpus Inscriptionum Latinarum, IX, p.399), ma soprattutto per la mancanza di un "discorso" storico, è evidente che i manoscritti antinoriani non potevano e non possono servire che come fonte, generalmente assai attendibile, di una storia dell'Aquila e delle altre città degli Abruzzi, dalle origini al sec. XVIII, ma non ci danno una storia vera e propria, neppure limitata ad una sola città.

Invece dalla ingente mole dei manoscritti antinoriani si vollero trarre, in edizioni spesso affirettate e prive di ogni senso critico, altre opere, le quali uscirono postume con titoli suppositizi Così, morto l'A., il fratello Gennaro, scegliendo infelicemente tra le dissertazioni storiche di lui, pubblicò una Raccolta di Memorie istoriche delle tre provincie degli Abruzzi, in quattro volumi, Napoli 1781-1784. L'abate Domenico Romanelli, poi, cominciò a pubblicare quegli scritti dell'A. che riguardavano l'antica regione dei Ferentani. Ma, pubblicato il primo volume, corredato di molte sue note, L.A.A., Antichità storicocritiche dei Frentani, I, Napoli 1790, "amò meglio - dice il Dragonetti - servitosi dei manoscritti dell'Antinori per scrivere l'opera sua delle Scoperte Frentane;senza evitare perciò la taccia di plagiario". E un plagio, se così può dirsi, involontario è un'altra opera tratta dai manoscritti dell'A., che va sotto il nome di Angelo Leosini. Questi infatti, in vista di una edizione, aveva copiato in casa Dragonetti, dove si trovavano i manoscritti, la monografia storica di Aquila dalle origini al 1424. Morto il Leosini, il nipote Giuseppe, credendola opera originale dello zio, la pubblicò col titolo: Annali della città di Aquila, opera postuma del Prof. Angelo Leosini, ordinata da Giuseppe Leosini (Aquila 1883). E con il nome del Leosini è ancora citata in Encicl. Ital., III, p. 794. Dopo che i manoscritti furono depositati nella Biblioteca provinciale di Aquila, videro la luce altri numerosi scritti dell'Antinori. Tra questi si ricordano quelli pubblicati da Enrico Casti e quelli apparsi nell'appendice dell'opuscolo A. L. Antinori e il II centenario della sua nascita, Aquila 1904. V. De Bartholomaeis infine pubblicò le note storiche sui luoghi degli Abruzzi, col titolo Corografia storica degli Abruzzi limitatamente alla lettera A), in Bollett. d. Deput. di storia patria per gli Abruzzi, s. 3, IV (1913), pp. 142-194; V (1914), pp. 149-188; VII-VIII (1916-17), pp. 185-224; XVIII (1927), pp. 155-176.

Bibl.: Saggio della vita di Mons. Antinori,  in Raccolta di Mem. istor. ,cit. pp. IX-XII; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 846-867; G. C. Amaduzzi. Elogio di L. A. A., in Antologia Romana, IV (1778), nn. 41, 42; Fr. A. Soria, Memorie storico-critiche di storici napol., Napoli 1781. pp. 39-41; E. D'Afflitto, Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, I, Napoli 1782, p. 382; E. De Tipaldo, Biografie degli italiani illustri, III, Venezia 1826, p. 304; A. Lombardi, Storia d. letteratura italiana nel sec. XVIII, VI, Venezia 1833, p. 118; A. Dragonetti, Le vite degli illustri Aquilani descritte, Aquila 1847, pp. 43-51; E. Casti, A. L. A. e le sue molteplici opere edite e inedito, Aquila 1887; G. Pansa. A. L. A., in Noterelle di varia erudizione, Lanciano 1887, pp. 131-138; A. Fabrizi, Un sonetto inedito dell'A., in Fanfulla della Domenica, IX(1887), n. 17; G. Rivera, Memorie biografiche degli scrittori aquilani trapassati dal 1820 al 1893, Aquila 1898, pp. 111-112; A. L. A. e il secondo centenario della sua nascita, Aquila 1904; A. Cappelli, Carteggio inedito di A. L. A. Aquilano con Cristoforo Amaduzzi, Roma 1905; V. De Bartholomaeis (prefaz. alla Corografia, cit.), in Bollett. d. Deput. di storia Patria per gli Abruzzi, s. 3. IV (1913). pp. 137-141; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., III, p. 561.

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