SEGHEZZI, Anton Federigo
– Nacque a Venezia nel 1706 da famiglia «né povera, né abbietta, se di essa si hanno alcune memorie sepolcrali nelle nostre chiese» (Paravia, 1850, p. 64); ebbe due fratelli, Domenico (di cui non si hanno notizie biografiche) e Niccolò (1711-1737), i quali si interessarono entrambi di letteratura. Sposatosi con Daria, ebbe due figli: Giusto, nato nel 1740, e un secondo, nato nel 1742 (Gozzi, 1999, pp. 35, 1079).
Seghezzi si formò nella cerchia di Apostolo e Pier Caterino Zeno, che cominciò a frequentare appena ventenne assieme al fratello Niccolò, ad Antonio Sforza, bibliotecario del patrizio veneziano Jacopo Soranzo, e a Luisa Bergalli, futura moglie di Gasparo Gozzi, partecipando attivamente al disegno zeniano che mirava a rendere disponibili in vesti ineccepibili dal punto di vista filologico i testi inediti o rari della tradizione volgare.
Esordì nel 1728 curando con l’abate Giambattista Casotti, sotto la supervisione di Pier Caterino Zeno, la pubblicazione in cinque volumi delle Opere di Monsignor della Casa (Venezia 1728-1729) in cui comparve, adespoto, il suo primo saggio critico intitolato Il Tasso, Dialogo sopra lo stile di Monsignore della Casa e il modo di imitarlo, che entrò poi a fare parte delle sue Opere volgari e latine, pubblicate postume. Nel 1729 curò, integrandola con sue Annotazioni alle «Rime», la «magnifica edizione» (Infelise, 1989, p. 52) in quattro volumi in folio delle Opere del cardinale Pietro Bembo (Venezia 1729), con l’aggiunta di testi critici cinque-settecenteschi di vari autori. Tra il 1730 e il 1731 collaborò assieme a Sforza, all’abate Giannantonio Verdani e ai fratelli Zeno per l’edizione «riordinata ed accresciuta» dell’Istoria della volgar poesia di Giovanni Mario Crescimbeni, scomparso due anni prima (Negri, 1816, p. 484) e curò la riproposizione delle Rime di diversi antichi autori Toscani in dodici libri raccolte (Venezia 1731), con l’aggiunta di due libri e degli indici, dopo quella stampata a Firenze oltre due secoli prima, divenuta introvabile.
A partire dal 1731, adeguandosi a una pratica tipicamente settecentesca, Seghezzi pubblicò versi per raccolte, in italiano e latino, mentre privatamente componeva e scambiava con gli amici versi di stampo bernesco.
Nel 1732 Pier Caterino Zeno morì e Anton Federigo gli succedette, per un anno, nel ruolo di curatore del Giornale de’ letterati d’Italia, compito che condusse dichiaratamente senza nutrire alcun progetto di rinascita (v. A.F. Seghezzi, A’ lettori, in Giornale de’ letterati d’Italia, 1733, t. 38, 2, pp. n.n.); fornì però degli indici mancanti gli ultimi quattordici numeri della rivista, che comparvero nel 1733 nella seconda parte del tomo 38 assieme a una sua presentazione e a una serie di elogi di letterati scritti da altri.
A partire dal 1733 Seghezzi cominciò a collaborare con la Stamperia Cominiana dei fratelli padovani Gaetano e Giovanni Antonio Volpi – che divenne così lo strumento privilegiato per la realizzazione del disegno zeniano – curando i primi due volumi dell’edizione Delle Lettere di Bernardo Tasso, corrette, e illustrate, cui antepose una sua Vita dell’autore, tirata, seppur in pochissimi esemplari, anche separatamente dalle Lettere (A.F. Seghezzi, Osservazioni sopra le rime..., in Varchi, 1744, p. V), nella quale sosteneva che Bernardo Tasso fosse nato a Venezia.
Il terzo volume delle Lettere uscì nel 1751, successivamente alla morte di Seghezzi, curato dall’erudito bergamasco Pier Antonio Serassi, il quale antepose il suo Parere [...] intorno alla patria di Bernardo Tasso, e Torquato suo figliuolo, già uscito a Bergamo nel 1742.
A Seghezzi si deve la pubblicazione di una prima redazione, molto ridotta, di quello che sarebbe poi diventato il capolavoro dell’erudito valtellinese Francesco Saverio Quadrio, il quale gli aveva donato il manoscritto con la promessa che non l’avrebbe pubblicato; questi, però, consultatosi con Apostolo Zeno, in virtù del valore dell’opera, decise di pubblicarla, seppure con uno pseudonimo (Melzi, 1848-1859, I, p. 52).
Uscì così, nel 1734, Della Poesia italiana, libri due, di Giuseppe Maria Andrucci. Ne’ quali, prima si tratta appieno del Verso, e in sé stesso considerato, e riguardato all’unione che può avere con altri; appresso, delle diverse spezie de’ Componimenti, e della loro interna, ed esterna bellezza distintamente si ragiona (Venezia) che qualche anno più tardi, a Bologna, Francesco Saverio Quadrio ripubblicò ampliata e attribuendosene la paternità, con il titolo Della storia e della ragione di ogni poesia.
Nel 1735 Seghezzi curò, sempre per la casa editrice padovana, il terzo volume delle Lettere familiari del commendator Annibal Caro (i primi due erano usciti, sempre per i tipi di Comino, una decina di anni prima), che fece precedere da una prefazione e da una Vita del commendator Annibal Caro, distribuita anche separatamente (A.F. Seghezzi, Prefazione..., 1744, p. V). Sette anni più tardi attese a una nuova edizione dell’opera, operando una diversa distribuzione della materia nei tre volumi, collocando nel primo la sua biografia, rivista e completata con nuove testimonianze.
A partire da quello stesso anno si occupò anche dell’edizione delle Opere di Torquato Tasso – cominciata nel 1722 dal professore bolognese Bonifacio Collina (con lo pseudonimo di Giuseppe Mauro) e interrotta già al primo volume – curandone per l’editore veneziano Stefano Monti i successivi undici volumi, l’ultimo dei quali vide la luce nel 1742. La qualità dell’edizione venne lodata dall’abate Serassi e, soprattutto, da Apostolo Zeno (Fontanini, 1803-1804, p. 329).
Nel 1738 curò una nuova edizione, notevolmente accresciuta, de Le rime d’Angelo di Costanzo, cavaliere napoletano con l’aggiunta delle Rime di Galeazzo di Tarsia (Padova) e l’anno successivo diede alle stampe le Novelle ventotto di messer Giovanni Boccacci. Scelte ora la prima volta dal suo Decamerone ad uso principalmente de’ modesti giovani e studiosi della Toscana favella, antologia che incontrò larga fortuna, in accordo con il disegno da più parti condiviso di riproporre l’opera di Giovanni Boccaccio, purgata degli elementi più sconvenienti, come modello di riferimento linguistico (Pizzamiglio, 1983, p. 270).
Fallì invece il progetto di pubblicare una Raccolta di rime piacevoli che per un certo tempo Seghezzi perseguì, forse a causa del pudore dei Volpi, con i quali i rapporti non erano sempre facili. Presso la Biblioteca Marciana di Venezia è custodito un manoscritto di complessive 76 pagine numerate contenente alcune osservazioni critiche assai puntuali e sottili che Seghezzi scrisse a commento di una raccolta di Rime di Giovanni Antonio Volpi, pubblicata nel 1741, la piccata reazione del padovano e la replica del veneziano.
Nella stessa biblioteca è conservato un altro manoscritto di formato oblungo, autografo di Seghezzi, composto da 196 carte numerate, che raccoglie materiali composti tra il 1726 e il 1741: lettere in volgare e in latino indirizzate a corrispondenti vari, alcune composizioni poetiche in latino e quasi quattrocento in volgare, sia serie sia facete (tra cui numerosi sonetti caudati e capitoli in terza rima), nonché annotazioni erudite, appunti letterari e traduzioni dal greco.
Assodato è il rapporto di amicizia che lo legò a Gasparo Gozzi, che conosceva almeno dal 1733, come risulta dall’autografo marciano, e con cui a partire dal 1740 intrattenne una fitta corrispondenza (ci sono giunte 48 lettere di Gozzi, mentre le responsive sono andate perdute). A lui, che vide come un maestro, Gozzi dedicò il suo primo scritto critico, la Lettera in difesa della traduzione della Tebaide di Racine (1737), e gli indirizzò un sonetto (Seghezzi mio, che ad ogni buon costume), un capitolo (Tre volte vidi passar il corriere), il sermone Sorgi, all’erta, o Seghezzi: a te discopre (1750) e un testo in prosa delle Lettere diverse, rielaborazione di una lettera realmente inviata. Negli Atti degli Accademici Granelleschi del dicembre del 1760 Anton Federigo Seghezzi venne ricordato assieme ad Antonio Sforza con affetto e rimpianto, a confermare l’ipotesi dell’importante ruolo culturale rivestito dai due giovani precocemente scomparsi.
Il 1742 vide Seghezzi impegnato in una nuova edizione de L’Ercolano di Benedetto Varchi, ma la morte lo colse prima che potesse concludere il lavoro, che infatti vide la luce con una Prefazione postuma del signor Anton Federigo Seghezzi; con alcune annotazioni d’altra mano.
Ammalato di tisi da anni, morì a Venezia il 21 agosto 1743.
Opere. Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Codici Italiani, XI.3 (7594): Originali Opere di A.F. S.; X.144 (7395): Osservazioni sopra le rime di Giovannantonio Volpi stampate in Padova da Giuseppe Comino l’anno 1741. Risposte del Volpi alle Osservazioni e Repliche del S. alle risposte del Volpi; Prefazione postuma del signor A.F. S.; con alcune annotazioni d’altra mano, in B. Varchi, L’Ercolano, Padova 1744. Postume uscirono, per cura del fratello Domenico, le Opere volgari e latine di Antonfederigo Seghezzi, aggiuntevi alcune rime di Niccolò suo fratello (Venezia 1749), tratte in gran parte dal manoscritto marciano, con l’espunzione però della maggior parte delle rime burlesche, valutate eccessivamente licenziose (Bassaglia, A’ lettori).
Fonti e Bibl.: E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1753; G. Volpi, La libreria de’ Volpi e la Stamperia Cominiana illustrate con utili e curiose annotazioni, Padova 1756; G. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia cioè notizie storiche, e critiche intorno alle vite, e agli scritti dei letterati italiani, II, Brescia 1760, pp. 755-768; Nuovo Dizionario storico, XVIII, Bassano 1796, p. 313 (s.v. A.F. S.); G. Fontanini, Biblioteca dell’eloquenza italiana, con le annotazioni del Sig. Apostolo Zeno, I-II, Parma 1803-1804; G.A. Moschini, Della letteratura veneziana del sec. XVIII fino a’ nostri giorni, Venezia 1806; F. Negri, Vita di Apostolo Zeno, Venezia 1816; B. Gamba, Serie di testi di lingua italiana e di altri esemplari del bene scrivere, Venezia 1828; G. Melzi, Dizionario delle opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all’Italia, I-III, Milano 1848-1859, I, pp. 52 s.; P.A. Paravia, Della vita e delle opere di A.F. S., in Memorie veneziane di letteratura e di storia, Torino 1850, pp. 63-128; A. Zardo, Gasparo Gozzi nella letteratura del suo tempo in Venezia, Bologna 1923; F. Pedrina, L’Accademia gozziana, contributo alla storia e alla critica letteraria del sec. XVIII, Milano 1925, pp. 53 s.; G. Pizzamiglio, Appunti sulla censura al Decameron nel Settecento: le “novelle scelte”, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, II, Boccaccio e dintorni, Firenze 1983; C. De Michelis, A. Zeno, in Dizionario critico della letteratura italiana, IV, Torino 1986, p. 482; M. Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano 1989; A.F. S., in Letteratura italiana, Gli autori. Dizionario bio-bibliografico e indici, a cura di A. Asor Rosa, II, Torino 1990, p. 1616; R. Pizzeghello, A.F. S., tesi di laurea, Università degli studi di Padova, a.a. 1996-97; G. Gozzi, Lettere, a cura di F. Soldini, Parma 1999; P. Baratter, Dall’Accademia Gozziana all’Accademia dei Granelleschi: alcune figure di intellettuali nella Venezia del ’700, diss. di dottorato, Università degli studi di Venezia, a.a. 2002-03; Ead., Una controversia settecentesca: la patria di Bernardo Tasso, in Quaderni veneti, 2004, vol. 40, pp. 107-120; Ead., Un’amicizia in versi: Gasparo Gozzi e Antonfederigo S., in Studi sul Settecento e l’Ottocento: rivista internazionale di italianistica, 2006, vol. 1, pp. 41-56; Ead., Il Tasso piluccato (e mistificato), ovvero «Il Tasso. Dialogo sullo stile di Monsignor Della Casa» di Antonfederigo S., in Studi tassiani, 2006, vol. 54, pp. 45-55.