LA MOTTE-HOUDAR, Antoine (Antoine Houdar de la Motte)
Scrittore e critico, nato a Parigi il 18 gennaio 1672, e morto ivi il 26 dicembre 1731. Studiò dai gesuiti e iniziò nel 1693 la carriera letteraria con una commedia. Del primo insuccesso si rifece pochi anni dopo col melodramma L'Europe galante (1697). Fortunata fu la sua attività di librettista, che i musicisti francesi del tempo giudicarono preziosa. I principali lavori in questo genere furono, oltre a L'Europe galante (per Campra), Issé e Omphale (per A. C. Destoucher), Canente (per Colasse, nuovamente musicato dal Dauvergne). Compose in seguito alcune tragedie (Les Macchabees, Romulus, 1722, Inès de Castro, 1723), che gli procurarono riputazione presso il pubblico per certa abilità nel muovere gli affetti e nel trattare soggetti sociali e politici. Scrisse pure Odes (1709) e Faoles (1719). S'impose all'attenzione generale più per la teoria che per la pratica letteraria, più come critico che come artista. Si gettò a capo fitto nella "querelle des anciens et des modernes", risollevando il partito favorevole ai moderni e dando alla polemica uno svolgimento più confacente al clima settecentesco.
Sul limitare del secolo (1714) tradusse in versi L'Iliade col proposito di perfezionarla, riducendola in dodici canti e adattandola allo spirito dei tempi. Contro tale travestimento "galante" e razionalista protestò con un violento scritto (Causes de la corruption du goût, 1714), Madame Dacier, della cui versione in prosa s'era servito il L. M. Egli fu logico e consequenziario e incontrò l'adesione della parte avanzata del mondo intellettuale (specie del salon di Madame de Lambert), onde l'abate de Pons (1714) poté sentenziare che il L. M., rifiutando d'inchinarsi a Omero, faceva in letteratura lo stesso che Descartes per la filosofia. Per il L. M., Omero deve essere giudicato secondo la legge del progresso; l'autorità e la tradizione non hanno potere in materia letteraria; né la bellezza dell'antico poema può essere allegata a difesa, essendo espressa in lingua morta per i moderni. Paradossi misti a idee giuste, che si trovano ribaditi nelle Réflexions sur la critique (1715-16). Non è a dire che il L. M. fosse nemico giurato degli antichi e della poesia; armato della "raison", proclamava che gli antichi sono nostri maestri e bisogna ammirarli, salvo però il diritto d'esame. Più meditata, più consistente e degna di considerazione è la critica teatrale, in cui l'autore si fa, senza rendersi troppo schiavo del razionalismo in letteratura, legislatore della poetica drammatica dei moderni: il fine della tragedia non è quello d'istruire, ma di commuovere e di scuotere le passioni; l'essenziale è "l'azione", e non il carattere dei personaggi come per la tragedia classica; le regole delle unità sono da disapprovare, così pure i racconti, i monologhi, i confidenti; la tragedia deve accostarsi ,"alla vita", essere "naturale".
Opere: L'Iliade en vers français, avec un Discours sur Homère, Parigi 1714; Øuvres de théâtre, avec plusieurs Discours sur la Tragédie, Parigi 1730; Suite de Réflexions sur la Tragédie, où l'on répond à M. de Voltaire, Parigi 1730; Øuvres, voll. 11, Parigi 1754; Øuvres choisies, voll. 2, Parigi 1811; Paradoxes littéraires de L. M., ed. Jullien, Parigi 1859 (ristampa dei discorsi e delle prefaz. critiche).
Bibl.: Voltaire, L'Ødipe, nouv. éd., avec une Préface dans laquelle on combat les sentiments de H. de La Motte sur la poésie, Parig 1730; D'Alembert, Éloge de L. M., in Histoire des membres de l'Académie française, Parigi 1787; P. Dupont, Un poète philosophe au commencement du XVIIIe siècle: Houdar de La Motte, Parigi 1898; P. Toldo, Quelques sources italiennes du théâtre de La Motte, in Bull. Italien, 1901; B. Croce, Estetica, 3ª ed., Bari 1909; G. Dost, Houdar de La Motte als tragiker und dramatischer Theoretiker, Lipsia 1910; H. Gillot, La Querelle des Anciens et des Modernes, Parigi 1914; L. Sorrento, Francia e Spagna nel Settecento, Milano 1928.