Filosofo e teologo francese (Parigi 1612 - Bruxelles 1694). Tentò di conciliare il cartesianesimo col giansenismo, del cui movimento divenne il capo riconosciuto. Nel trattato Traité de la fréquente Communion sostenne che la pratica della comunione frequente è contraria alla disciplina della Chiesa antica, in quanto la comunione deve essere ricompensa delle virtù e non mezzo per alimentarle.
Conosciuto come "le grand Arnauld", da suddiacono (1638) si mise sotto la direzione del Saint-Cyran; sacerdote (1641), tentò di conciliare il cartesianismo col giansenismo, e già nel Traité de la fréquente Communion (1643) affermò la comunione frequente come pratica contraria alla disciplina penitenziale della Chiesa antica in quanto la comunione è ricompensa per le virtù, piuttosto che alimento di esse. Divenendo il capo riconosciuto del movimento giansenistico, nella Lettre à une personne de condition e nella Lettre à un duc et pair (1655) sollevò la "questione di fatto" (se cioè le proposizioni condannate nel 1653 si trovassero effettivamente negli scritti di Giansenio). Espulso dalla Sorbona (1656), fornì a B. Pascal materiali per le sue Lettres provinciales e fino al 1668, quando si addivenne alla "pace della Chiesa", diresse la resistenza di Port-Royal. Aveva intanto pubblicato, con P. Nicole, la Logique de Port-Royal (1662), e con C. Lancelot la Grammaire générale et raisonnée (1664). Scrisse quindi, sempre col Nicole, il trattato Perpétuité de la foi de l'Église touchant l'Eucharistie (1669-76) contro i protestanti. Ma, all'inasprirsi delle misure contro i giansenisti, lasciò la Francia, riparando successivamente in varie località dell'Olanda e del Belgio e fermandosi infine (dal 1690) a Bruxelles; in tutto questo periodo continuò a scrivere, in polemica col Malebranche e in difesa del giansenismo, temperando però con proposizioni tomistiche il proprio pensiero.