KROG, Antjie
Poetessa, scrittrice, traduttrice, giornalista sudafricana, nata a Kroonstad (Free State) il 23 ottobre 1952 da genitori afrikaner. È la massima voce poetica sudafricana in afrikaans.
Conseguito il BA sia in inglese sia in afrikaans presso le Università del Free State e di Pretoria, ottenne la qualifica di insegnante alla University of South Africa e iniziò a lavorare nelle scuole per neri a Kroonstad durante gli anni dell’apartheid. Redattrice del «Die Suid-Afrikaan» con sede a Cape Town nel 1993, dal 1995 al 2000 K. è stata giornalista della radio nazionale, la South African broadcasting corporation (SABC), per la quale ha seguito come corrispondente le udienze della Truth and reconciliation commission (TRC, il tribunale straordinario istituito in Sudafrica dopo la fine dell’apartheid con lo scopo di giungere a una riconciliazione tra vittime e carnefici) tenutesi tra il 1996 e il 1998. Dal 2004 insegna presso la Universityof Western Cape di Cape Town. È stata insignita di dottorati onorari presso atenei inglesi, tedeschi, sudafricani.
K. ha acquisito notorietà internazionale con Country of my skull (1998; trad. it. Terra del mio sangue, 2006), opera in prosa e in inglese insignita di più premi tra cui l’Alan Paton (1999) e lo Olive Schreiner (2000), dove è riportata con pathos la lacerante esperienza della TRC. Autrice di diciassette raccolte liriche, tre delle quali per bambini, pubblicate a partire dagli anni Settanta, K. ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua poesia e per l’altissima qualità delle sue traduzioni in afrikaans, non solo dall’inglese, come nel caso dell’autobiografia di Nelson Mandela (2000), ma anche dalle lingue indigene sudafricane. Nel corpus principale della sua opera poetica in afrikaans, tradotta in molte lingue, l’idioma di origine olandese è veicolo e allo stesso tempo oggetto di impietosa disamina da parte dell’autrice; negli ultimi anni, tuttavia, alcune raccolte sono uscite prima in inglese (Down to my last skin, 2000; Body bereft, 2006; Skinned, 2013).
All’attenzione per il corpo femminile, nelle varie fasi che lo metamorfizzano, tra cui gravidanza, malattia, menopausa, vecchiaia, si è sempre affiancato nella lirica di K. il motivo politico, attraverso il quale prende consistenza il difficile legame tra pubblico e privato e la riflessione, intima e sociale, della scrittrice su sé stessa e sulla propria collocazione in Sudafrica come bianca, afrikaner, dissenziente. La grammatica del corpo sfocia di frequente nell’evocazione del paesaggio sudafricano, con la sua potente natura e le sue architetture coloniali, segni della violenta presenza europea in quel territorio ospitale. L’intreccio tra pubblico e privato è anche al cuore di A change of tongue (2003), raccolta di frammenti narrativi di vario genere (reportage, autobiografia, giornalismo, poesia ecc.) nella quale vengono ripresi temi e mescolanza di generi di Country of my skull. Delle sue raccolte poetiche in afrikaans si segnalano: Mannin (1974), Jerusalemgangers (1985), Kleur kom nooit alleen nie (2000), Met worde soos met kerse (2002).
Bibliografia: C. Coetzee, ‘They never wept, the men of myrace’: Antjie Kog’s Country of my skull and the white South African signature, «Journal of Southern African studies», 2001, 27, 4, pp. 685-96; J.U. Jacobs, Reconciling languages in Antjie Krog’sCountry of my skull, in Towards a transcultural future. Literature and human rights in a ‘post’-colonial world, ed. P.H. Marsden, G.V. Davis, Amsterdam-New York 2004, pp. 147-58; M. McGrane, Literature enables you to study your life, intervista ad A. Krog, http://www.oulitnet.co.za/nosecret/antjie_krog.asp, 23 agosto 2006 (27 giugno 2015); «Current writing. Text and reception in Southern Africa», 2007, 19, 2, nr. monografico su Antjie Krog; C. Weyer, ‘Stripping’ in English: Ankjie Krog’s poetry,translated and transformed, «Scrutiny2», 2011, 16, 1, pp. 53-65; H. Viljoen, Navigating the interstitial. Boundaries in Lady Anne by Antjie Krog, in Crossing borders, dissolving boundaries, ed. H. Viljoen, Amsterdam-New York 2013, pp. 251-78.