Antitrust
L’istituzione a. di inizio secolo si caratterizza per una minore virulenza nei dibattiti dottrinali e nel contempo per una marcata intensificazione dell’enforcement (azione volta ad assicurare il rispetto delle norme), soprattutto per quanto riguarda la lotta ai cartelli. C’è un chiaro legame tra questi due aspetti, dal momento che la deterrenza della collusione, che alla fine dell’Ottocento aveva motivato la nascita dell’intervento a., è un punto ampiamente condiviso da tutti gli esperti di politica della concorrenza. La lotta contro i cartelli continua a essere sospinta dai programmi di clemenza (lienency) introdotti ormai negli ordinamenti di quasi tutti i Paesi. Recentemente si stanno affacciando anche metodi innovativi, di natura econometrica, per diagnosticare in quali mercati si annidino i fenomeni collusivi. Un chiaro esempio di queste tecniche è costituito dalla scoperta di estesi accordi tra primarie banche internazionali per influenzare i tassi d’interesse (nel sistema LIBOR, London Inter Bank Offered Rate). Un’area ancora relativamente poco esplorata nel diritto a. è quella degli accordi taciti che interessano aree economiche tutt’altro che trascurabili. Sono stati di recente proposti approcci innovativi (Kaplow 2013), ancora lungi però dal costituire un consolidato terreno comune.
La seconda direttrice su cui si articola l’intervento a. – la lotta agli abusi di imprese in posizione dominante – ha interessato soprattutto i mercati emergenti, quali per es. quelli in vario modo collegati con Internet. In tali mercati, imprese relativamente giovani (per es. Apple, Google, Amazon) sono state in grado di conseguire posizioni di notevole forza economica, spesso sfruttando relazioni di complementarietà ed effetti rete. Le relazioni di complementarietà possono essere però reinterpretate da nuovi operatori che si presentano con modelli di business innovativi, in grado di soppiantare quelli preesistenti. Ciò può realizzarsi solo se le imprese incumbent (dominanti) si astengono da pratiche restrittive della concorrenza. La politica a. ha svolto dunque un ruolo importante per inibire tali condotte, permettendo la ridefinizione degli scenari competitivi. Da questo punto di vista le problematiche sollevate dal caso Microsoft a cavallo del nuovo secolo si sono rivelate con il tempo paradigmatiche. Di sovente il principale problema competitivo è ruotato intorno ai diritti di proprietà intellettuale che consentono all’innovatore di godere i frutti del proprio ingegno. Se poco protetti, gli incentivi all’innovazione ne risultano indeboliti e la concorrenza dinamica langue. Se, al contrario, tali diritti sono troppo protetti, le barriere all’entrata di nuovi operatori diventano insormontabili e ne soffre la concorrenza statica. Questo tipo di problematiche viene soprattutto affrontato con leggi o con provvedimenti regolamentari, che stabiliscono la durata massima dei brevetti: l’intervento a. svolge dunque un ruolo che risulta sostanzialmente residuale, sebbene di estrema importanza pratica, quello cioè di garantire che i titolari di tali diritti non travalichino i limiti loro consentiti.
Il controllo preventivo delle concentrazioni, che costituisce la terza grande area d’intervento a., continua a essere esercitato con determinazione, sempre più sostenuto dall’impiego di tecniche economiche di analisi empirica. In quest’area si è assistito a uno dei pochi dibattiti di natura generale: esso ha riguardato l’impiego della nozione di mercato rilevante. Lo sviluppo dei metodi empirici infatti consente a volte di valutare direttamente l’impatto di una concentrazione, senza dover preliminarmente delimitare un mercato rilevante e calcolare le quote che su di esso conseguono i principali operatori (Farrel, Shapiro 2010; Kaplow 2010).
L’a. si è trovata a fronteggiare i problemi della crisi dei mercati finanziari del 2008 e di sostenibilità del debito pubblico che ne sono derivati. Sono stati sostanzialmente assecondati inevitabili processi di salvataggio e di ristrutturazione, soprattutto nel settore bancario e finanziario. Con riferimento ad alcuni Paesi europei, tra cui anche l’Italia, c’è anche chi ha auspicato processi di liberalizzazione e interventi a. più incisivi, al fine di invertire l’andamento depresso dell’economia. Va però osservato che mentre sono chiari i benefici di lungo periodo di queste politiche sulle condizioni strutturali di un Paese, ne sono al contrario assai dubbi gli effetti congiunturali di breve periodo. Caricare la politica della concorrenza di eccessivi compiti rischia dunque di esporla a fallimenti che ne mettono a repentaglio il necessario supporto dell’opinione pubblica.
La novità principale che si è affacciata nel contesto europeo è quella relativa alla tutela privatistica del diritto della concorrenza affidata alle cause per il risarcimento dei danni (private enforcement). Su questi temi è stata emanata la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/104/UE (26 nov. 2014), il cui scopo è quello di aumentare la deterrenza rendendo più costosa l’infrazione alla normativa antitrust. È questo un passo deciso verso un sistema simile a quello degli Stati Uniti, anche se non ci si è spinti, come in quel Paese, fino all’adozione di un sistema che preveda risarcimenti pari a tre volte i danni subiti.
Recenti adeguamenti normativi hanno allineato quasi interamente il diritto a. italiano a quello comunitario: sono stati introdotti i programmi di clemenza (che possono consentire fino alla riduzione totale della sanzione per chi denuncia la propria appartenenza a un cartello) e una doppia soglia per la notifica delle concentrazioni (in funzione del fatturato complessivo e di quello della sola impresa acquisita). Infine, per diradare le incertezze che avevano portato a una scarsa incisività dell’enforcement, sono finalmente state emanate linee guida sulle sanzioni (anch’esse basate sul modello europeo). Coerentemente la policy, dopo un periodo in cui si era affidata a soluzioni negoziali con le imprese, ha mostrato più attenzione alla deterrenza, impiegando senza reticenze lo strumento sanzionatorio.
L. Kaplow, Competition policy and price fixing, Princeton (N.J.) 2013.
J. Farrell, C. Shapiro, Antitrust evaluation of horizontal mergers: an economic alternative to market definition, «The B.E. journal of theoretical economics: policies and perspectives», 2010, 10, 1, art. 9, http://faculty.haas.berkeley.edu/shapiro/%20alternative.pdf(4 maggio 2015); L. Kaplow, Why (ever) define markets?, «Harvard law review», 2010, 124, pp. 437-517, http://cdn.harvardlawreview.org/wp-content/uploads/pdfs/ vol_12402kaplow.pdf (4 maggio 2015).