antipsicotico
Farmaco psicotropo con attività principale contro i sintomi positivi delle psicosi, in partic. del delirio e delle allucinazioni. Gli a. sono principalmente indicati nella schizofrenia, nel disturbo bipolare con caratteristiche psicotiche, nel disturbo schizoaffettivo, nel disturbo delirante e come coadiuvanti nelle turbe comportamentali dell’anziano, nel disturbo ossessivo-compulsivo refrattario, nelle depressioni con caratteristiche psicotiche. Alcuni di essi sono detti anche neurolettici, termine utilizzato erroneamente per indicare tutti gli a.; tuttavia, i neurolettici hanno effetti collaterali extrapiramidali (parkinsonismo secondario), effetti di cui sarebbero privi i nuovi a. atipici.
La clorpromazina, una fenotiazina, è stato il primo a. a essere sintetizzato nei primi anni Cinquanta del secolo scorso. Sviluppato originariamente come anestetico, presentava una insoddisfacente efficacia anestetica mentre possedeva proprietà calmanti in pazienti con agitazione. Quest’osservazione spinse Jean Delay e Pierre Deniker, dell’Ospedale parigino di St. Anne, a provare la clorpromazina nelle psicosi. L’utilizzo della clorpromazina può essere considerato l’inizio della moderna psicofarmacologia. Nel 1961 in Belgio, Paul Janssen sintetizzò l’aloperidolo, capostipite dei butirrofenoni, un farmaco poco sedativo ma ad alta potenza antipsicotica. La clozapina, introdotta nel 1971, ritirata nel 1975 perché induceva agranulocitosi e reintrodotta negli ultimi anni Ottanta, avviò l’era degli a. atipici.
Tutti gli a. sono capaci di bloccare il recettore dopaminergico D2, ma hanno anche varie azioni verso altri recettori. Gli effetti terapeutici dipendono dal blocco D2 in alcune aree cerebrali, come il nucleus acccumbens-striatoventrale, mentre gli effetti collaterali dipendono dal blocco D2 in altre aree, come la corteccia prefrontale dorsolaterale (disforia da neurolettici) e lo striato dorsale (parkinsonismo), oppure dall’azione su altri recettori centrali e periferici. Il blocco D2 nel nucleus accumbens e in altre sedi del sistema limbico (setto, stria terminale, amigdala) riduce i sintomi positivi delle psicosi, ma il suo ruolo sui sintomi negativi e sulla disorganizzazione è controverso. Questi sintomi dipenderebbero da una integrazione disfunzionale del sistema dopamminergico con gli altri sistemi neurotrasmettitoriali nella corteccia frontale che, nel caso della schizofrenia, sarebbe la conseguenza di un’anomalia del neurosviluppo. Quindi, l’efficacia antipsicotica complessiva dipenderebbe da un’azione anti-D2 potente sui recettori limbici e leggermente facilitatoria a livello corticale. I neurolettici classici, che bloccano potentemente e persistentemente il recettore D2 in entrambe le sedi, sarebbero efficaci contro i sintomi positivi e leggermente peggiorativi dei sintomi negativi, mentre gli a. atipici (clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, aripiprazolo e ziprasidone) sarebbero efficaci contro entrambi i gruppi di sintomi, grazie alla rapida dissociazione dal recettore, che consentirebbe un blocco limbico e una lieve facilitazione corticale.
L’effetto terapeutico degli a. esordisce nei primi giorni, ma diventa clinicamente apprezzabile dopo 1÷2 settimane e culmina in 3÷6 settimane. Esso si esplica verso i sintomi positivi (deliri e allucinazioni), i sintomi della fase maniacale del disturbo bipolare, quali accelerazione ideativa, dissociazione ideo-affettiva, euforia e agitazione, mentre riduce anche l’aggressività. Nei confronti di quest’ultima, più che il blocco D2, è efficace il blocco serotoninergico 5-HT2A e l’agonismo parziale 5-HT1A, tuttavia posseduti solo da alcuni neurolettici e dalla maggioranza degli atipici. Al blocco 5-HT2A è stata attribuita, ma non dimostrata, la riduzione dei sintomi negativi (e anche la bassa incidenza di parkinsonismo con gli atipici). I sintomi negativi, quali abulia, demotivazione, disinteresse, anedonia, apatia, appiattimento affettivo, vengono ridotti dall’aumento della trasmissione dopaminergica della corteccia prefrontale. Oltre alle benzo-X-azepine, quali clozapina, quetiapina, zotepina, loxapina e olanzapina, sono efficaci sui sintomi negativi anche l’amisulpiride a basse dosi, benzamide sostituita, e l’agonista parziale D2 aripiprazolo. Un basso dosaggio comporta una preferenza per gli autorecettori terminali presinaptici D2, il cui blocco risulta in una riduzione del feedback negativo nei confronti del rilascio postsinaptico della dopammina in sede frontale, con conseguente aumento della trasmissione sinaptica della dopammina. L’effetto terapeutico degli a. sui sintomi negativi è più lento e progressivo.
Gli a. classici inducono frequentemente parkinsonismo secondario e altri disturbi del movimento, come distonie, acatisia e discinesia tardiva. Quest’ultima, relativamente rara, insieme alla sindrome maligna da neurolettici, anch’essa rara, sono tra i più temibili effetti collaterali dei neurolettici, in quanto potenzialmente permanenti o letali. La sindrome maligna è accompagnata da perdita della termoregolazione e sembra dovuta a ipersensibilità dopamminergica. Altri effetti avversi includono l’iperprolattinemia e le conseguenti ginecomastia e galattorrea, disforia, blocco ideativo, disfunzione sessuale, effetti cardiologici come aritmie, anche gravi, ipotensione, nonché effetti antistaminici-H1, come sedazione e aumento dell’appetito, effetti anticolinergici, come stipsi e confusione, solo con i farmaci in possesso di azione antimuscarinica (fenotiazine e benzo-X-azepine), infine, effetti procolinergici M3 e M4, come sciallorrea (benzo-X-azepine). Inoltre, si possono verificare convulsioni, a causa dell’abbassamento della soglia convulsiva, sindromi dismetaboliche (per es., intolleranza al glucosio e diabete per insulinoresistenza, obesità) e, più raramente, pancreatite o epatotossicità.