VITTORE IV, antipapa
VITTORE IV, antipapa. – Al battesimo Gregorio, nacque in un anno imprecisato della seconda metà dell’XI secolo.
Poiché la sua patria fu, molto probabilmente, Ceccano, fu avanzata l’ipotesi che egli appartenesse al lignaggio dei conti di quella terra. Tale ipotesi, tuttavia, non trova riscontro nella documentazione. A causa della sua origine campana, si ritenne anche che egli potesse essere un membro della famiglia dei conti di Segni, che però non è ancora attestata in quell’epoca.
Il biografo di Pasquale II, chiamandolo Gregorius de Cicano, lo annovera tra i cardinali creati da quel papa. La notizia è confermata da un atto del 1102, nel quale egli compare, per la prima volta, come cardinale prete del titolo dei Ss. Apostoli. Conosciamo molto poco dei suoi primi anni di cardinalato: nel 1107 accompagnò il papa nel suo viaggio in Francia, nel 1111 tenne un sinodo a Veroli. L’11 aprile di quel medesimo anno, probabilmente prigioniero di Enrico V insieme a Pasquale II, egli figura tra i cardinali che giurarono il rispetto della convenzione stipulata a Ponte Mammolo dal papa e dall’imperatore.
Il privilegio, emanato da Pasquale II pochi giorni dopo, prevedeva la conferma del regno e dell’impero a Enrico V, e inoltre stabiliva che l’elezione dei vescovi e degli abati avvenisse con l’assenso del sovrano. Dopo la consacrazione, l’imperatore medesimo avrebbe conferito l’investitura, per mezzo dell’anello e del pastorale. Coloro che fossero stati eletti secondo l’antica formula dell’acclamazione del clero e del popolo, ma senza il consenso dell’imperatore, non dovevano essere consacrati.
Durante il sinodo Lateranense del marzo 1112, Gregorio, tornando sulle sue posizioni, mosse, insieme con altri cardinali, accese critiche contro Pasquale II, giudicato colpevole di aver concesso quel privilegio, che era troppo favorevole a Enrico V, che minava le rivendicazioni papali nella lotta per le investiture e che era stato estorto con la forza durante la prigionia del pontefice. Fu dunque proposto e quasi imposto al papa un atto di condanna. La dura reazione del gruppo di cardinali permise la cassazione di quello che fu allora definito un pravilegium, ma probabilmente costò a Gregorio il cardinalato. L’ultima sua sottoscrizione a un documento pontificio risale infatti all’11 maggio 1112, mentre tra il 1113 e il 1122 un altro personaggio, Ugo, è ricordato come cardinale del titolo dei Ss. Apostoli.
Nel marzo del 1119, subito dopo l’elezione di Callisto II, Gregorio e Roberto di S. Eusebio, entrambi cardinali deposti, redassero una lettera in cui esprimevano al papa soddisfazione per la sua elevazione al soglio pontificio, rammentandogli anche di avere lavorato durante sette anni per professare la verità cattolica. Con questa sua lettera Gregorio dichiarava verosimilmente la sua estraneità allo scisma di Gregorio VIII (Maurizio) e cercava di ottenere la benevolenza del nuovo papa. Né le sue speranze erano infondate, dal momento che Callisto II, quando era ancora arcivescovo di Vienne, aveva assunto posizioni analoghe alle sue nella questione del pravilegium.
Gregorio fu reintegrato nel suo titolo tra il 1122 e il 1123, quando terminano le sottoscrizioni di Ugo cardinale dei Ss. Apostoli. Da quel momento in poi egli fu costantemente accanto a Callisto II, sottoscrivendo tutti i suoi documenti.
Personaggio senza dubbio di un certo spicco, lo troviamo ad agire anche sotto il pontificato di Onorio II. Nel giugno 1126 fu incaricato dal pontefice di una delicata missione a Montecassino, che si trovava in sede abbaziale vacante. Gregorio, con un eloquente discorso che è stato tramandato nella Cronaca di Montecassino, tentò di imporre il primato romano al monastero, invitando i monaci a riconoscere come loro abate il candidato papale. Nel 1127 fu coinvolto, insieme al cardinale di S. Marco, in un’annosa controversia interna al clero romano, che vedeva contrapposte le chiese dei Ss. Apostoli e di S. Marco per una questione di precedenza nelle processioni. Le sue sottoscrizioni si susseguono regolarmente durante il 1128 e il 1129.
Alla morte di Onorio II (13 febbraio 1130) Gregorio fu tra gli elettori attivi dell’antipapa Anacleto II (Pietro Pierleoni), avvenuta contemporaneamente a quella di Innocenzo II (Gregorio Papareschi) e, nei primi anni del pontificato, fu sempre materialmente vicino al primo. Anche in seguito egli si distinse per essere uno dei più fedeli sostenitori di Anacleto II.
Nel dicembre 1137 tre cardinali di Anacleto II e tre di Innocenzo II si incontrarono a Salerno per discutere della legittimità dei loro rispettivi pontefici. Tra i cardinali anacletiani è ricordato un Gregorio, che potrebbe essere identificato con il cardinale dei Ss. Apostoli. Tuttavia la sua presenza resta ipotetica, poiché conosciamo ben quattro cardinali anacletiani di nome Gregorio.
Quando Anacleto II morì (23 gennaio 1138), lo scisma era quasi spento. La fazione avversa a Innocenzo II si era infatti indebolita, e degli antichi sostenitori dell’antipapa non rimaneva che il re di Sicilia. Si volle tuttavia dare corso a una nuova elezione, affinché la resa non avvenisse in maniera incondizionata e si potesse ancora negoziare. In particolare, Ruggero II intendeva ottenere il riconoscimento del titolo di re di Sicilia, attribuitogli da Anacleto II; il clero di Roma, i cardinali scismatici e i Pierleoni con i loro seguaci temevano di essere tacciati di infamia, di subire le rappresaglie del pontefice e di essere estromessi dai propri incarichi. Verso la metà di marzo, dopo lunghi parlamentari tra Ruggero II e la fazione anacletiana, gli ultimi cardinali scismatici elessero papa Gregorio, attribuendogli il nome di Vittore, forse per rinnovare il nome del pontefice Vittore III, già abate di Montecassino e suo conterraneo.
Se Gregorio giocò un ruolo secondario, quasi di pedina, e se la sua creazione ebbe il valore di una resistenza formale, è pur vero che la scelta, caduta su di lui, rispondeva ad alcuni precisi requisiti. Come cardinale molto anziano (era cardinale da almeno trentasei anni), egli doveva godere di credibilità. Come cardinale presbitero, incarnava lo spirito di un’antica querelle interna al collegio cardinalizio che, portata avanti con durezza dalla parte anacletiana ma largamente condivisa, vedeva contrapposti i cardinali vescovi a quelli degli altri due ordini in merito all’elezione del papa. Gli anacletiani, infatti, escludevano che i cardinali vescovi godessero di prerogative particolari, e giungevano a sostenere che solamente i cardinali presbiteri avessero il diritto di eleggere il pontefice. Come cardinale del titolo dei Ss. Apostoli, Gregorio poteva essere considerato una sorta di guida, in quanto la sua chiesa era, in quel periodo, l’ente ecclesiastico più rappresentativo del clero romano, organizzato nella Romana fraternitas e in buona parte seguace di Anacleto. Infine, la sua origine campana e forse addirittura l’appartenenza a un grande casato del Lazio meridionale, dovevano renderlo benemerito agli occhi di Ruggero II.
Gregorio, forse per l’aspetto conferitogli dalla grande vecchiezza, ebbe dai Romani il nome storpiato in Carnecorius, ‘Carne di cuoio’. Di lui non è sopravvissuto alcun atto. L’intervento di Bernardo di Chiaravalle e il denaro di Innocenzo II misero rapidamente termine allo scisma. La Vita prima di S. Bernardo ricorda come questo ridiculus pontifex si recò nottetempo presso l’abate il quale, spogliatolo delle insegne pontificali, lo condusse ai piedi di Innocenzo II. Da una lettera di Bernardo si evince che, il 29 maggio 1138, giorno dell’Ottava di Pentecoste, Gregorio, i Pierleoni e i chierici scismatici si umiliarono ai piedi del papa, giurando fedeltà e facendo atto di obbedienza. È molto probabile che Bernardo, a seguito di trattative segrete ricordate nella Vita prima, avesse promesso ai cardinali e ai chierici scismatici la clemenza papale e il mantenimento nei loro uffici. Così non accadde: Innocenzo II depose Gregorio da ogni dignità, e forse la sua clemenza si manifestò solamente nell’evitargli il pubblico ludibrio, che non è ricordato in alcuna fonte.
Nel corso del secondo Concilio Lateranense (1139), il papa condannò lo scisma appena concluso e, nonostante le rimostranze dell’abate di Chiaravalle, invalidò le ordinazioni fatte da Anacleto II. Ma di Vittore IV si era già perduta ogni traccia. Considerato soltanto una fastidiosa appendice al grande scisma anacletiano, egli non fu neppure nominato nei canoni del concilio.
Morì in luogo e data ignoti, certamente dopo il 1139.
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