SILVESTRO IV, antipapa
SILVESTRO IV, antipapa. – L’elezione di Maginolfo, che prese il nome di Silvestro IV, in contrapposizione a Pasquale II, avvenne nel novembre del 1105.
Della sua vita precedente quasi nulla è noto: al momento di assumere l’alto incarico egli era arciprete di S. Angelo, il che farebbe supporre un’origine familiare romana. Non è comunque documentato alcun precedente rapporto con gli ambienti ecclesiastici ostili a Pasquale II. L’ultimo papa designato in contrapposizione a quest’ultimo era stato Alberto che, nel 1101, per un giorno solo, era subentrato al deposto Teodorico, a sua volta scelto dai sostenitori romani dell’imperatore nel settembre del 1100 dopo la morte di Wiberto di Ravenna. Si trattava di vicende ormai relativamente lontane, che non è possibile collegare in modo diretto agli avvenimenti del 1105.
Secondo una lettera che il marchese di Ancona Guarnerio inviò all’imperatore Enrico IV, alcuni ecclesiastici – già fautori di Gregorio VII – avrebbero rotto la loro comunione con Pasquale II quando divennero innegabili i suoi comportamenti simoniaci a vantaggio delle famiglie dei de’ Columna (poi denominati Colonna) e dei Pierleoni. Per liberare la Chiesa da una così grave macchia, sarebbero stati convocati in città alcuni concilii, cui intervennero vescovi e cardinali. In tale contesto si sarebbe imposta la figura di Maginolfo, uomo di cultura, prelato insigne e di costumi degni di lode, nonché accusatore del papa in carica. Maginolfo avrebbe cercato di sottrarsi alla dignità pontificia, alla quale lo chiamavano, uniti, clero e popolo, rispettando così un topos ben collaudato. Il capo e rettore delle milizie romane, di nome Berto, con il sostegno di tutta la città, dovette intervenire per indurlo ad accettare l’elezione.
Il racconto della lettera, pur duramente ostile a Paquale II, lascia trasparire almeno due dati sicuri: la fama circa l’uso spregiudicato del denaro da parte di Pasquale e il sorgere di recenti e gravi fratture negli ambienti ecclesiastici romani. La presenza di una situazione in gran parte nuova aiuta a spiegare l’ampia memoria degli avvenimenti del 1105 nelle cronache del tempo, in contrasto con la brevità di quanto tramandato sulle elezioni degli antipapi di quattro anni prima.
L’autore della Vita Paschalis II del Liber pontificalis, invocando il diavolo per spiegare il successo del nuovo papa presso il «popolo semplice», riconosce la gravità dei danni arrecati alla Chiesa da Silvestro, e dunque indirettamente l’incisività del suo operato. La fonte non riesce a nascondere che l’ascesa al soglio pontificio di un antipapa avvenne in un momento delicato per la posizione di Pasquale II in città e nelle immediate vicinanze. Proprio allora Pasquale II era entrato in rotta di collisione con esponenti dell’aristocrazia romana: con Pietro de’ Columna, che conquistò il castello di Cave, appartenente al Patrimonio di S. Pietro, e con Stefano dei Corsi, che reagì violentemente alla distruzione delle sue dimore in città da parte di Pasquale.
Le tensioni politico-sociali nelle quali si inserisce l’ascesa di Maginolfo sono illustrate con ricchezza di particolari negli Annales Romani. All’origine dell’elezione vi sarebbe stata una grande congiura, coinvolgente strati sociali diversi. Tra i maggiorenti erano annoverati Stefano Oddone, detto Normanno, e i suoi fratelli, Nicola Cencio Baroncio e il figlio Pietro, Romano di Romano Baroncio con i fratelli e i nipoti, Enrico di s. Eustachio insieme ai figli. Si trattava di rappresentanti di un’aristocrazia che cercava spazi di affermazione in città e nelle sue vicinanze e che, per contrastare gli sforzi di Pasquale II per controllare Roma, fece eleggere come papa Maginolfo nella basilica di S. Maria Rotonda (il Pantheon). Aspirazioni di gruppi familiari, e non scelte ideologiche contro Pasquale II, sembrano alla base degli avvenimenti. Di ciò sembra una conseguenza la ricerca dell’appoggio dell’autorità imperiale: essa, già evocata nella scelta del nome di Silvestro, fu perseguita con l’immediata richiesta di aiuto al marchese d’Ancona, Guarnerio.
L’arrivo di Guarnerio e delle sue truppe a Roma causò profondi sconvolgimenti. Dal palazzo lateranense, Pasquale II si trasferì altrove: nell’isola Tiberina, presso la chiesa di S. Giovanni, secondo gli Annales; in S. Pietro, secondo una lettera dello stesso Pasquale. Il marchese e i congiurati si impossessarono del Laterano, nel quale Maginolfo venne consacrato: probabilmente era il 18 novembre 1105. Forse il giorno seguente si accese una cruenta battaglia tra i sostenitori dei due pontefici per le vie e le piazze della città. Quando a Silvestro venne meno il denaro per pagare i suoi sostenitori, la situazione si volse a vantaggio di Pasquale. Abbandonato, egli si rifugiò con un gruppo di armati nella città di Tivoli, da dove mosse, sotto la protezione di Guarnerio, verso Osimo.
Nulla si sa di quel che accadde a Silvestro nei cinque anni successivi. Nella primavera del 1111, dopo il fallimento dell’accordo di Sutri sulla questione delle investiture e la mancata incoronazione imperiale di febbraio, Enrico V utilizzò verosimilmente anche Maginolfo come mezzo di pressione nelle trattative con Pasquale II. Ma subito dopo l’accordo di Sette Fratte, nell’accampamento del re ai prati di Nerone, su ordine del sovrano, tra il 12 e il 13 aprile, Silvestro/Maginolfo rinunciò alla dignità pontificia e promise fedeltà e obbedienza al pontefice avversario. Quindi si ritirò a Osimo, dove terminò, in data non nota, i suoi giorni sotto la tutela del marchese Guarnerio.
Quest’ultimo, secondo il racconto degli Annales Romani, sarebbe stato mosso da pietà per la sua vicenda e per lo stato di necessità nel quale era stato abbandonato. Non si può escludere tuttavia che con tale sollecitudine egli intendesse controllare un prelato la cui vicenda passata doveva essere motivo di imbarazzo sia per l’imperatore sia per il papa.
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