Antioco IV Epifane
Re di Siria, ricordato in If XIX 85-87, perché fu molle, troppo condiscendente, verso Giasone; nacque da Antioco III il Grande intorno al 215.
Mandato a Roma come ostaggio dopo la sconfitta di Magnesia del 190, vi rimase quattordici anni, fino al 175, quando con l'aiuto di Eumene e di Attalo di Pergamo, oltre che dei Romani, poté entrare in possesso del regno di Siria. Contro Tolomeo VI Filometore rivendicò a sé il governo della Celesiria. Nel 168 s'impose a Pelusio con le armi e si spinse in territorio egiziano sino a Menfi. La sua avanzata incontrò l'opposizione dei Romani, ed egli dovette ritirarsi. Gli rimase, però, il controllo della Celesiria, che si rivelò ben presto difficile e fu aggravato dalle controversie giuridiche e religiose e dalle difficoltà di carattere politico ed economico della Giudea. Non raggiunse lo scopo la sua politica verso le regioni orientali di vecchia influenza seleucidica. Morì a Tabe di Persia nel 163.
Fra i primi atti della politica di A. va posto il tentativo, incoraggiato dagli Ebrei ellenizzanti, di trasformare Gerusalemme in una comunità ellenica. Nel 175 il gran sacerdote Onia III fu cacciato, secondo il racconto di II Machab. 4, 7-2; 5, 5-10, puntualmente riferito da D., dal fratello Giasone, il quale, ottenuto da A. l'ufficio di gran sacerdote, rimase poi vittima delle rivalità interne del partito ellenizzante, fino ad essere nel 172 deposto dallo stesso A. e sostituito da Menelao.