ANTIOCO II di Siria, detto Teo ('Α. ὁ Θεός)
Nacque nel 286 a. C. da Antioco I e Stratonice. Il padre, fatto uccidere il primogenito Seleuco, associò A. al trono (tra il 269 e il 266 a. C.), non si sa se con l'assegnazione di una parte del regno. Successe al padre nel 261 a. C. ed è ricordato in testi cuneiformi come unico re di Siria dall'anno seleucide 51 (261) al 65 (247 a. C.). Sposò una Laodice, sua sorella per parte di padre secondo Polieno, figlia di Acheo secondo Eusebio. A. II ci è dipinto come un ubbriacone che lasciava le cure dello stato ai suoi favoriti Aristo e Temisone. Sembra che al principio del regno abbia ripreso il disegno di Seleuco I di occupare la Tracia, la quale, nonostante le pretese anche di Antigono Gonata, si manteneva indipendente, divisa in piccoli territorî autonomi. Dai dinasti locali Tiris e Dromichete fu aiutato a prendere Cipsela presso l'Ebro; e può riferirsi a questo tempo anche la guerra di A. coi Bizantini, che ebbero aiuto di navi dagli Eracleoti. Il fatto più saliente del suo regno è la seconda guerra di Siria contro Tolomeo II Filadelfo re di Egitto. È dubbio se essa vada collegata direttamente con la guerra di Eumene contro Antioco I (263-2 a. C.), durante la quale il Filadelfo occupò Efeso. Questa città nel 259 era in mano di un figlio di Tolomeo, che si ribellò al padre ed ebbe alleato Timarco, un etolo che s'era fatto signore di Mileto. Antioco II, appena salito al trono, mostrò benevolenza alle città greche dell'Asia, intervenne in una contesa fra Samo e Priene, restituì la libertà a Clazomene e a Smirne, intervenne contro Timarco, che fu ucciso, e Mileto liberata dal tiranno diede ad A. il titolo di Teo. L'intervento a Mileto di A., che voleva profittare dei turbamenti prodotti dalla ribellione di Tolomeo ad Efeso, può aver fornito l'occasione alla guerra con l'Egitto, a cui A. si preparò con altri atti politici, come la concessione dell'autonomia ad Arado (259-8 a. C.) e il riconoscimento ad Eumene, anche di diritto, dell'indipendenza di cui già godeva di fatto. A torto si è dubitato della realtà storica di questa guerra nella quale A. ebbe alleati i Rodî e Antigono Gonata. Lo svolgimento della guerra fu favorevole ad A., il quale con l'aiuto dei Rodî s'impadronì di Efeso, e nel corso della guerra occupò la Ionia, la Panfilia e la Cilicia. Nulla sappiamo dell'andamento della guerra nella Celesiria, dove qualche ripercussione non deve essere mancata. I successi di A. furono agevolati dall'avanzata vittoriosa della flotta di Antigono che impedì alla flotta egiziana di sostenere efficacemente le città della costa asiatica, e la sconfisse a Cos (254 circa a. C.). Ad aggravare la situazione dell'Egitto si aggiungeva Demetrio il Bello, fratello di Gonata, il quale, chiamato da Apama vedova di Maga a Cirene (252 a. C.), moveva di qui guerra al Filadelfo. Questi allora pensò alla pace; forse vi furono trattative con Antigono che fallirono; riuscirono invece con Antioco, a cui Tolomeo riconobbe il possesso della Ionia. La pace fu suggellata dal matrimonio di Berenice, figlia del Filadelfo, con A., il quale divorziò da Laodice (250 a. C.). Erano così gettati i semi della discordia civile nel regno di Siria, la cui potenza era minata dalle tendenze separatistiche delle diverse regioni e dalle ribellioni dei satrapi. Diodoto, satrapo della Battriana, si ribellò ad A. fondando un regno di Battriana indipendente, che comprese anche la Sogdiana e la Margiana (250 a. C.). Una ribellione dell'Astabene diede occasione ad Arsace di fondare il regno dei Parti (248 a. C.). A., dopo che gli era nato da Berenice un bambino, passò dalla Siria nell'Asia Minore, e richiamò Laodice, la moglie ripudiata; questa prima che egli morisse, forse di veleno, gli fece riconoscere come erede del trono il primogenito di lei, Seleuco (247 a. C.). Gli amici di Berenice furono trucidati, mentre i fautori di Laodice apprestavano la medesima sorte a Berenice e a suo figlio ad Antiochia, scatenando una nuova guerra tra la Siria e l'Egitto.
Fonti principali: Eus., Chron., I, p. 251 Schöne; Memnon., c. 23, in Müller, Fragm. Hist. Graec., III, p. 538; Phylarch., fr. 7, in Müller, Fragm. Hist. Gr., I, p. 325 segg.; Pytherm., fr. 2, in Müller, Fragm. Hist. Gr., IV, p. 488; Hieronym., In Daniel., 11, 7 (Migne, Patrol. lat., XXV, p. 560); Trog., Prol., XXVI; Appian., Syr., 65; Polyaen., IV, 16,1; Front., III, 9, 10.
Bibl.: Droysen, Hist. de l'Hellén, III, pp. 301 segg., 334 segg., 361, 634 segg.; Niese, Gesch. der griech. und mak. Staaten, II, pp. 134 segg., 166 segg.; Bevan, The House of Seleucus, I, Londra 1902, pp. 166 segg., 236; Bouché-Leclercq, Hist. des Lagides, I, Parigi 1903, p. 197 segg.; id., Hist. des Séleucides, Parigi 1913-14, p. 76 segg.; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., IV, i, p. 594 segg.; Babelon, Las roi des Syrie, Parigi 1890, pp. lv segg. e 26 segg.; Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford 1911, p. 759 segg.