Vedi ANTINOE dell'anno: 1958 - 1994
ANTINOE (v. vol. I, p. 419)
Città romana nel Medio Egitto, di fronte a Hermopolis, sulla destra del Nilo; è situata su un pianoro, che si alza di c.a 60 m sul fiume, chiuso a E dalla catena orientale (il Gebel Moqatam), aperto verso S, mentre a Ν è bloccato dal protendersi di una diramazione montuosa che arriva fino al Nilo. Fu fondata da Adriano durante il suo viaggio in Egitto del 128-134, precisamente nell'ottobre del 130, in onore di Antinoo, che in quel punto del Nilo sembra sia caduto, accidentalmente o volontariamente. Dell'esistenza di un centro abitato anteriore in questo stesso sito fa fede, oltre al tempio ramesside già noto, il recente rinvenimento di una necropoli protodinastica. Inoltre i materiali di età ellenistica e protoimperiale rinvenuti in questi ultimi tempi, sempre nelle vicinanze del tempio ramesside, contribuiscono, con una scarsa ma significativa documentazione, a testimoniare la continuità delle preesistenze in questa zona.
La città di nuova fondazione ebbe privilegi amministrativi e fiscali e singolarità di modi di popolamento: furono chiamati a popolarla i discendenti dei Greci d'Egitto, con diritto di epigamia con gli indigeni. L'enfatizzazione programmatica della grecità di questa nuova fondazione, quale traspare dalle fonti, è palese anche nei nomi attribuiti ai demi e alle phylai in cui era organizzata la popolazione; non fu tuttavia mai capitale di un nòmos e solo a cominciare dal III sec. acquistò il titolo di lamprà. Dopo la riforma di Diocleziano fu annessa alla Tebaide e la sua importanza è documentata soprattutto in età bizantina, quando ebbe una zecca; fu sede di un governatore e sede episcopale. Le fonti papirologiche le più ricche per la storia di A. - documentano una divisione urbanistica della città in gràmmata (quartieri) e in plinthèia (blocchi), già dalla metà del II sec., divisioni quindi presenti nel progetto di fondazione; di un teatro in costruzione si ha notizia in un papiro del 138, di un porto in un papiro del 140, e in un altro sono attestati giochi in onore di Antinoo e l'esistenza di due agorài, ancora nel VI secolo.
La documentata presenza dell'intera edizione dei testi di Pindaro, nel III sec., sembra garantire del livello culturale della città, mentre l'editto de pretiis di Diocleziano fa specifico riferimento a stoffe antinoite. Sempre i papiri ci offrono per il VI sec. il quadro di una intensa attività medica e ci garantiscono comunque la vitalità del centro almeno fino all'VIII secolo.
Alla ricca documentazione papirologica non fa riscontro una altrettanto ricca documentazione archeologica. La città fu per la prima volta descritta dallo Jomard (1818), l'architetto al seguito della spedizione napoleonica in Egitto, che ne rilevò la pianta e ne descrisse e disegnò alcuni monumenti, tra cui porte monumentali, colonne onorarie e archi trionfali, il teatro e lo stadio: tutti monumenti pubblici, costruiti in calcare conchiglifero, con parco uso di marmi, come è specificato dallo Jomard, che non registra invece alcuna costruzione in mattoni crudi, il materiale edilizio più frequentemente usato ad Α., come in tutto l'Egitto. Già nel 1863 comunque J. de Rougé non riuscì a vedere nessuno di questi monumenti; la costruzione di uno zuccherificio nella vicina Rhoda, che proprio da A. ha tratto il materiale edilizio, e l'azione congiunta degli scavatori clandestini e dei sebbakhin hanno trasformato la città in una vasta superficie ricoperta da una scomposta e non più significativa coltre di cocciame.
I primi confusi e mal documentati scavi organizzati nella località, diretti dal Gayet, misero in luce il tempio ramesside oltre a gigantesche colonne in granito, attribuite a un Iseo, ma investirono soprattutto le zone di necropoli che circondano la città, focalizzandosi in particolare nel settore E. Le necropoli comprese tra il III e il VI sec. fornirono un'abbondantissima messe di stoffe decorate entro le quali erano stati trovati avvolti i defunti, seppelliti col rito della inumazione e una tecnica di semimummificazione, tecnica presente in sepolture sia pagane che cristiane. Altri scavi furono effettuati nel 1907 da J. Johnson, alla ricerca di papiri; sempre in necropoli sono continuati gli scavi di missioni italiane, effettuati a più riprese, sia nella necropoli Ν (diretti da M. Manfredi) che nella necropoli S (diretti da S. Donadoni che ha fatto saggi anche nell'abitato); nonostante lo stadio preliminare dei risultati, va sottolineato l'aspetto monumentale della necropoli S, costituita da tombe a cella, decorate con pitture ornamentali e figurate, con arcosolî sulle pareti e seppellimenti sotto il pavimento, probabilmente databili ancora nel IV sec.; accanto alla necropoli N, così come in quella S, sono state messe in luce due chiese, probabilmente connesse col sepolcreto, ma delle quali è arduo per ora capire il rapporto con la città.
Nell'abitato una nuova pianta della situazione attuale è stata messa a punto recentemente (1982): essa ha permesso di individuare l'impianto originale della città, senza tuttavia riuscire a localizzare la maggior parte dei monumenti illustrati dallo Jomard - evidentemente distrutti a eccezione dello stadio e delle tracce, in negativo, del teatro. Sulla base di questa pianta, la città risulta racchiusa entro una cinta all'incirca trapezoidale, aperta sul lato del fiume, attraversata dallo wādī 'lbada che scende dalle montagne orientali, della cui esistenza l'impianto della città sembra tener conto. Il circuito delle mura è intuibile sotto una regolare coltre di sabbia, ma in alcuni tratti le mura stesse sono state identificate; costruite in mattoni crudi, sono costituite da due muri paralleli, ciascuno di 2 m di spessore, che corrono a una distanza di m 5,60 uno dall'altro, legati da muri trasversali a catena, che sembrano suggerire un sistema costruttivo a concamerazioni, successivamente riempite. La struttura doveva essere quindi massiccia e imponente, con una complessiva larghezza di base di c.a 10 m, anche se la funzione sembra più quella di delimitare e visualizzare lo spazio urbano che quella difensiva; sono ipotizzabili anche torri rettangolari lungo il percorso S e una torre semicircolare nello spigolo SE.
All'interno delle mura è stata individuata una grande strada N-S (più precisamente NO-SE), parallela al corso del fiume e spostata verso di esso; essa parte dalle mura Ν e prosegue con una leggera pendenza fino allo wādī, lo scavalca e prosegue perfettamente allineata al tratto iniziale, alzandosi con un dislivello costante fino a m 4,50, perdendosi poi sotto un cumulo di detriti, nel punto in cui lo Jomard collocava un portico, al di là del quale è rimasta la traccia in negativo del teatro, probabilmente appoggiato alle mura S. Si tratta di una strada colonnata, con una carreggiata basolata di m 6,40, fiancheggiata da due marciapiedi, ciascuno di m 5, compresi tra la crepidine della strada e il filare di blocchi di calcare posti di taglio che costituisce lo stilobate del colonnato dorico, a fusto liscio. Una rete di strade secondarie si innerva ai due lati di questa platèia, alla distanza regolare di m 32,50, con direzione E-O; per la maggior parte, specie nel tratto a S dello wādī, la massicciata e i basoli di queste strade secondarie si arrestano a una regolare distanza di 5 m dalla strada principale, rivelandosi come suggerimenti di un prefigurato sviluppo urbanistico, presente nell'impianto originario, anche se non rispettato nella successiva occupazione dell'area. Questo sistema stradale individua una serie di isolati regolari, con la fronte di m 32,50, probabilmente quella minore, affacciata sulla strada N-S. A Ν dello wādī uno di questi assi minori subisce una variazione in direzione del tempio ramesside, preesistenza che la città ingloba senza farsene condizionare.
Uno degli assi E-O sembra avere la stessa importanza, se non la stessa monumentalità, di quello N-S, che interseca all'altezza del villaggio moderno, spostato verso le mura della città, dirigendosi verso una probabile porta nelle mura E, aperta sul deserto orientale; di qui doveva partire la Via Nova Adriana, documentata da una iscrizione che ne celebra l'inaugurazione nel 137, una via commerciale che, attraverso un percorso munito di fortezze e pozzi, arrivava al Mar Rosso presso Myos Hormos. All'interno della maglia stradale così identificata i monumenti citati dalle fonti, come appartenenti al primo impianto, dovevano inserirsi armonicamente e senza interromperne la fluidità un po' ripetitiva.
A. è un raro esempio di città di nuova fondazione della metà del II secolo. La sua pianta, così come a grandi linee è possibile analizzarla, si ispira alle grandi città dell'Oriente ellenizzato, come Antiochia e Apamea e rivela con evidenza la volontà di creare un centro con doppia funzione: la città commerciale si esprime nell'arteria che va dal fiume alla porta orientale e qui si collega alla Via Adriana verso il Mar Rosso; mentre nell'arteria colonnata N-S, bloccata scenograficamente a S dal portico e dal teatro, si condensano le preoccupazioni estetiche di una città con vocazione di capitale. Questo progetto urbanistico, astrattamente inteso, ci illumina naturalmente più sulla ideologia di età adrianea che sull'effettiva vita della città romana, la quale non sembra aver avuto la forza di attuare concretamente questo progetto. La individuazione di numerosi edifici chiesastici variamente disposti, uno dei quali, la chiesa presso la porta orientale, aveva invaso la carreggiata della strada E-O, documenta proprio il disconoscimento dell'impianto urbano originario e il fallimento del progetto politico imperiale. Anche la Via Adriana non ebbe mai la forza di scalzare il più rapido e più usato percorso da Coptos verso il Mar Rosso.
Materiali da Α., o meglio, dati con tale provenienza, soprattutto stoffe decorate, sono presenti in tutti i musei, ma l'incertezza sulla loro provenienza rende problematica l'identificazione di coerenti e ben caratterizzate produzioni.
Bibl.:A. J. Bell, Antinoupolis. A Hadrianic Foundation in Egypt, in JRS, XXX, 1940, p. 64 ss.; A. Calderini, Dizionario dei nomi geografia e topografici dell'Egitto greco-romano, I, 2, Madrid 1967, pp. 69-114 (con bibl. dal 1740); S. Donadoni, in LA, I, 1975, c. 323, s.v. Antinoupolis·, A. Calderini, S. Daris, Dizionario dei nomi geografia e topografici dell'Egitto greco-romano, Suppl. I, Milano 1988.
Sui papiri e sull'organizzazione amministrativa della città: H. Braunert, Griechische und römische Komponenten im Stadtrecht von Antinoupolis, in JJurP, XIV, 1962, p. 73 ss.; A. K. Bowmann, The Town Council of Roman Egypt, Toronto 1971; O. Montevecchi, La papirologia, Torino 1973; M. H. Marganne, La collection médicale d'Antinoupolis, in ZPE, LVI, 1984, p. 117 ss.
Sulla Via Adriana: E. Miller, Une inscription grecque découverte à Cheik Abad, in RA, 1870, p. 313 ss.; D. Meredith, Eastern Desert of Egypt, in ChrEg, 1953, p. 26 ss.; J. Schwartz, L'empire romain, l'Egypte et le commerce oriental, in AnnEconSocCiv, 1960, p. 18 ss.; J. Desanges, Recherches sur l'activité des Méditerranéens aux confins de l'Afrique (VI av. J.C.-IV ap. J.C.), Roma 1978.
Sui nuovi scavi: S. Donadoni, Pro-memoria sui Kiman di Antinoe, in OA, 1966, p. 277 ss.; AA.VV., Antinoe (1965-1968), Roma 1974; M. Manfredi, Ricerche papirologiche in Egitto, in Un decennio di ricerche archeologiche, Roma 1978, p. 291 ss.; G. Uggeri, I monumenti paleocristiani di Antinoe, in Atti del V Congr. Naz. di Archeologia Cristiana, Torino 1979, Roma 1982, p. 657 ss.; E. Mitchell, Osservazioni topografiche preliminari sull'impianto urbanistico di Antinoe, in VicOr, V, 1982 (1983), pp. 171-179; I. Baldassarre, I. Bragantini, La necropoli meridionale di Antinoe. Saggi 1978, in ASAE, LXIX, 1983, p. 157 ss.; I. Baldassarre, Alcune riflessioni sull'urbanistica di Antinoe, in AnnStorAnt, 1988, p. 275 ss.