ANTIFANE ('Αντιϕάνης, Antiphănes)
Poeta greco della cosiddetta commedia di mezzo. Poco sappiamo della sua origine, poiché una tradizione lo fa nativo di Smirne o di Rodi, un'altra di Larissa, e una terza lo crede ateniese. In Atene visse gran parte della sua vita. Suo padre si chiamava Demofane o Stefano, ed era forse uno schiavo. Riportò la prima vittoria nel 367 a. C., e morì probabilmente intorno al 310 in età di circa settanta anni. Scrisse 260 commedie, o secondo altri 365, conseguì tredici vittorie, otto delle quali alle feste Lenee. I titoli conservati sono in prevalenza di commedie parodiche, di drammi cioè nei quali si parodiavano soggetti mitologici: Atamante, Alcesti, Anteo, Ciclope, Deucalione, Eolo, Filottete, Ganimede; o di commedie intitolate col nome di etere famose: Maltace, Criside, Melitta, La donna dî Corinto, La donna di Efeso, queste ultime due della stessa ricca serie di commedie alla quale più tardi si aggiunsero La donna di Samo e La donna di Andro di Menandro, imitata quest'ultima da Terenzio nell'Andria. Non mancano tuttavia altri titoli che fanno supporre abbastanza gradito ad A. lo studio dei caratteri allora già in voga nelle scuole filosofiche ateniesi, e che più tardi si afferma nelle commedie di Menandro: tali sono Il nemico da malvagi, Il parassita, Il campagnuolo (in due redazioni), L'amante di sé stesso. Altri titoli, come La scomparsa del danaro, La rapita, sono forse di vere e proprie commedie ad intreccio, ricche di azione. Allusioni a fatti politici erano in A. frequenti, come nella Pescivendola e nell'Onfale (in questa, Ercole affamato è diretta allusione alla fame durante le guerre di Filippo il macedone). Questo brillante e spiritoso commediografo non risparmiava neppure i poeti e i musicisti nuovi, e Filosseno ed Euripide furono bersaglio dei suoi motteggi. Ma tutto diceva con attica grazia, pieno di brio e di eleganza, sempre terso nella lingua e chiarissimo, sì che Ateneo lo chiama ὁ καρίεις e ὁ ἡδύς. Uno dei più famosi tra i suoi frammenti (che sono in tutto 335) è quello della Poesia (ποίεσις), nel quale A. lamenta la dura sorte dei commediografi costretti a inventare di sana pianta gli argomenti delle commedie, fatto, antefatto, personaggi e conclusione; nonché a correre il rischio di essere fischiati, mentre i tragediografi trovano belli e pronti nella mitologia i soggetti delle loro tragedie. La Poesia compariva nel prologo forse a difendere il poeta che precedentemente era stato fischiato. Il frammento è soprattutto importante per questo, che dimostra in A. la coscienza di una tecnica nuova, che a poco a poco condurrà, attraverso lo studio dei caratteri, a un tipo di commedia molto simile alla commedia nostra moderna. Di recente il pap. 420 di Ossirinco ci ha dato la chiusa di un codice contenente almeno una commedia di A. Vi si leggono parole di augurio e di saluto (come nelle commedie di Plauto e di Terenzio) agli spettatori e quindi il titolo della commedia 'Αντιϕάνους 'Ανϑρωπογονία, un titolo nuovo dunque, che purtroppo non aggiunge gran che alle scarse notizie che abbiamo di A.
I frammenti di A. si leggono in A. Meineke, Frag. com. Graec.. Berlino 1830-1857, III, 3; e ìn T. Kock, Com. Att. frag., Lipsia 1880-88, II, 12.