ANTIDOSI (gr. ἀντίδοσις)
È un singolare istituto di diritto finanziario attico. Chiunque si reputasse ingiustamente designato per l'assunzione di un pubblico peso (λῃτουργία), come l'obbligo di armare una nave e fornirla di ciurma (τριηραρχία) o d'istruire un coro (χορηγία) poteva offrire a un altro cittadino, che ritenesse più ricco, la scelta fra l'assumersi il carico e lo scambiare i patrimonî. L'offerta veniva fatta mediante un atto chiamato provocazione (πρόκλησος). Se il provocato non ammetteva di esser più ricco del provocante, decideva il tribunale sulla dichiarazione giurata delle parti (ἀπόϕασις) e il soccombente era obbligato ad assumersi il peso. Al reale scambio dei patrimonî difficilmente si sarà arrivati, perché, oltre ai materiali gravissimi inconvenienti che si sarebbero avuti, l'antidosi non avrebbe neanche raggiunto lo scopo di equità finanziaria a cui serviva, essendo facile sottrarre al patrimonio i beni mobili (οὐσία ἀϕανής), che nell'età degli oratori rappresentavano la parte più cospicua degli averi. In pratica si sarà venuti o a un accordo o a una sentenza.
Per quanto l'antidosi possa sembrare uno strano istituto, è in armonia da un lato con l'ordinamento finanziario di Atene, che imponeva in massima parte, piuttosto che contribuzioni in danaro (εἰσϕοραί), prestazioni dirette, per loro natura meno divisibili e quindi meno atte a essere equamente distribuite; dall'altro col sistema attico, per cui se uno, pur senza sua colpa o intenzione, godeva di un vantaggio a danno d'un altro, il danneggiato poteva in particolari circostanze proporgli di riconoscere i suoi diritti o di scambiare le parti. (Per esempio un creditore, che un altro creditore avesse prevenuto nel prender possesso dei beni del comune debitore, poteva mediante πρόκλησις proporre la scelta fra l'accettare il pagamento e farsi sostituire nel possesso, e il rimanere in possesso e pagar lui il debito al provocante [cfr. Demosth., c. Pant., § 12]).
Fondamentale importanza come fonte d'informazione ha l'orazione pseudodemostenica contro Fenippo; non ne ha invece alcuna, contro quel che può far supporre il titolo, l'orazione di Isocrate Περὶ τῆς ἀντιδόσεως.
Bibl.: Oltre ai manuali di carattere generale come A. Böck, Die Staatshaushaltung der Athener, 3ª ed., I, Berlino 1886, pp. 673-683; G. Busolt e H. Swoboda, Die griechischen Staats- und Rechtsaltertümer, 2ª ed., Monaco 1926, p. 299; I. H. Lipsius, Das attische Recht und Rechtsverfahren, Lipsia 1905-1912, p. 590 segg.; si veda in particolare l'articolo polemioco del Thalheim, in Hermes, XIX (1884), pp. 80-91, contro il Fränkel che, in Hermes, XVIII (1883), p. 442 seg. nega, a torto ci sembra, la necessità della προκλησις; e l'esposizione dello stesso autore, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie d. class. Altertumswiss., I, coll. 2397-98.