ANTICORPI (III, p. 471)
Sulla natura degli anticorpi, cioè di quelle sostanze o proprietà antagoniste dei sieri di individui trattati per via parenterale con sostanze eterogenee (antigeni) sono state fatte negli ultimi tempi molte indagini ed emesse molte ipotesi. Sembra oggi dimostrato che gli anticorpi non sono soltanto "proprietà" dei sieri, ma vere e proprie "sostanze chimiche" e precisamente globuline variamente modificate rispetto alle normali globuline del plasma (o del siero) e capaci pertanto di legarsi all'antigene.
Le globuline sono sostanze proteiche a molecola particolarmente grossa; quelle del siero umano normale hanno un peso molecolare variabile e che può arrivare fino a 170.000. Inoltre hanno tendenza a formare polimeri. La configurazione della molecola sembra sia, piuttosto che sferica come era stato supposto, ellissoidale od anche a bastoncino, con un diametro minore di circa 37 Å ed uno maggiore di 270-350 Å. Disposte in strati sottilissimi sopra una superficie (per es. nell'interfacie acqua-aria o acqua-olio), le catene molecolari che hanno una loro particolare pieghettatura, si distendono ed assumono una forma filamentosa (che prelude alla denaturazione). Questo strato ha lo spessore massimo della molecola di ciascun aminoacido. I gruppi chimici idrofili di questi saranno rivolti verso l'acqua e i meno idrofili o gli idrofobi saranno rivolti verso la fase non acquosa.
Gli anticorpi dunque sono o globuline nuove, formate appositamente dall'individuo sensibilizzato dall'antigene, o globuline normali, cioè prodotte con lo stesso meccanismo delle globuline normali, ma modificate in qualche modo da renderle capaci di legarsi specificamente con l'antigene (e determinare quindi le varie reazioni note: neutralizzazione di tossine, precipitazione di proteine, agglutinazione e lisi di cellule, ecc.). Di fronte alla difficoltà di ammettere che l'organismo sia capace di fabbricare i proprî anticorpi ex novo, ognuno diverso dall'altro a seconda delle diversità chimiche degli antigeni, si dà oggi molto maggior credito alla seconda delle due possibilità enunciate: che cioè gli anticorpi non siano altro che globuline costruite con un piano leggermente differente dal normale. Secondo Pauling questa differenza non consisterebbe nemmeno in una diversità nella composizione chimica, ma soltanto nella configurazione che assumerebbe la catena molecolare, specie nelle sue estremità. L'importanza della configurazione molecolare per la funzione di anticorpo di una molecola globulinica è documentata dalla perdita della capacità di legarsi con l'antigene che subisce un siero immune quando le sue globuline siano distribuite in strato sottile nella interfacie acqua-aria o acqua-olio nel modo prima detto, quando cioè si faccia perdere alle molecole di queste sostanze proteiche il loro naturale modo di essere sulle coordinate spaziali. In queste condizioni infatti possono rimanere intatte non solo la composizione bruta della molecola proteica, ma anche la seriazione degli aminoacidi ecc.
La produzione degli anticorpi - che si deve ammettere avvenga a livello dei protoplasmi cellulari degli organi emolinfopoietici (o del fegato?) - sarebbe da rappresentarsi nel modo seguente: gli aminoacidi che entrano nella sintesi di una normale globulina, oltre a legarsi per le loro funzioni carbossilica ed aminica, si trovano, al momento della loro unione nella molecola peptidica e polipeptidica, orientati e disposti in un modo determinato dal particolare "campo di forze" che vige nel protoplasma della cellula dove avviene la sintesi, campo di forze che è rappresentato dalle numerose funzioni chimiche e gruppi polari varî che gli aminoacidi ed altri componenti cellulari hanno, al di fuori delle funzioni specificamente interessate nel legame peptidico. La globulina che si forma ha quindi una architettura che è funzione della architettura cellulare. Se nella cellula esiste un corpo proteico estraneo, ossia un antigene, le globuline che si formano, e finché questo corpo è presente, assumeranno una configurazioue che sarà imposta dalle alterazioni apportate alla struttura del campo delle forze nella cellula dal corpo estraneo stesso, configurazione che sarà cioè funzione dell'antigene e responsabile quindi della capacità di legame che dimostrerà con questo antigene.
L. Pauling (1940) ha fatto degli esperimenti che, qualora vengano ulteriormente perfezionati e confermati, sarebbero un importantissimo supporto alla teoria ora formulata: con moderate azioni denaturanti, quali il riscaldamento a 50°-60°C, l'aggiunta di alcali o di urea, egli ha prodotto in globuline normali un dispiegamento delle loro molecole in modo da renderle filiformi o nastriformi come avviene nelle interfacie; ha poi fatto in modo che queste proteine riacquistassero il loro modo di essere naturale in presenza di antigeni parziali (apteni) quali il polisaccaride del pneumococco tipo III ed altri artificiali. La presenza di queste molecole antigeni avrebbe imposto un particolare riassetto molecolare alla globulina, riassetto che avrebbe appunto dovuto essere corrispondente (e complementare) alla configurazione strutturale delle molecole antigene; la globulina sarebbe cioè divenuta, secondo L. Pauling, un anticorpo con capacità reattive verso l'antigene.
Una concezione di G. Vernoni ammette che in realtà i sieri immuni non siano sieri con particolari globuline nuove o modificate, ma che in essi siano modificati i rapporti fra le infinite varietà di globuline di cui normalmente il siero è composto. L'introduzione dell'antigene, legandosi questo a seconda delle sue specifiche affinità con un determinato tipo di globuline, indurrebbe una rigenerazione abbondante di questo con spostamento dei rapporti normali tra le varie globuline, spostamento che conferirebbe al siero appunto le proprietà di siero immune (capacità di pronto ed esteso legame con nuovo antigene).
Sulle varie reazioni fra antigene e anticorpo v. antigene (in questa App.); v. anche immunità (XVIII, p. 893).