SHAFTESBURY, Anthony Ashley Cooper
Filosofo inglese, nato a Londra il 26 febbraio 1671, morto a Napoli il 15 febbraio 1713. A cagione della debolezza d'intelligenza e di carattere del padre, fu educato sotto la guida dell'avo, il cancelliere di Carlo II, amico di Locke, che si ispirò ai lockiani Pensieri sull'educazione. L'insegnamento delle lingue classiche, che gli fu impartito mediante larghe letture ed esercizî di conversazione, e i viaggi in Europa, specie in Italia, che dischiusero al suo spirito avido incomparabili bellezze di arte e di natura, completarono la sua educazione, informando il suo spirito agli ideali del classicismo e al gusto estetico. Tornato in Inghilterra all'indomani della seconda rivoluzione, si dedicò dapprima agli studî. Tentò poi di partecipare alla vita politica, ma la malferma salute non glielo permise. Il soggiorno in Olanda (1698-99) lo mise a contatto col Bayle, col Le Clerc, col Limborch, con quello che era stato il circolo lockiano. Tornato di nuovo in patria per la morte del padre (1700) e succedutogli nel titolo di pari, partecipò alla vita politica come whig, meritando la gratitudine del re, che probabilmente gli offrì l'ufficio di ministro, che le sue cattive condizioni di salute lo costrinsero a rifiutare. Tornò allora in Olanda, il cui clima gli sembrava propizio. Ma vi restò breve tempo (1703-04). Da questo punto comincia la sua intensa attività letteraria: prima in patria, dove elaborò la maggior parte della sua opera (e dove nel 1709 sposò Jane Ewer, da cui due anni dopo gli nacque il figlio che doveva essergli erede del titolo e biografo amoroso); poi a Napoli, dove (1711) lo spinse la speranza di tregua all'aggravato suo male, e dove preparò una revisione dei suoi scritti, e si interessò di problemi d'arte e di estetica, allacciando relazioni amichevoli col Valletta, con Paolo Mattia Doria, e con altri uomini di scienza e di cultura.
La sua opera principale, Characteristics of Men, Manners, Opinions, Times (1711, voll. 3), senza nome di autore né di editore, è costituita da una raccolta di scritti, varî per intonazione e per sviluppo, ma tutti improntati alle stesse idee fondamentali.
Cfr. ora l'ediz. dei Characteristics in 2 volumi a cura di J. M. Robertson (Londra 1900); Rand, The Life, unpublished letters and philosophical Regimen of Anthony, Earl of Shaftesbury (Londra 1900). Cfr. altresì i Second characters, or the Language of Forms (Cambridge 1914), scritti inediti di estetica raccolti dal Rand e ricompresi sotto questo titolo, ehe era stato formulato dallo stesso Sh.
Caratteristica della dottrina dello Sh. è la connessione in cui egli pone l'etica con l'estetica e la cosmologia. Ripigliando il concetto pomponazziano della virtù premio a sé stessa, egli, pur apprezzando il valore della religione come coronamento della vita dello spirito, sviluppa la tesi della autonomia della morale, che tutto il pensiero inglese del Cinque e del Seicento, da Bacone ai neoplatonici, da Hobbes a Locke, aveva con varia voce asserita, ed esalta il valore della sanzione interiore. Ispirandosi quindi all'antico motivo greco della kalokagathia, egli fa coincidere nel concetto di armonia il problema circa l'essenza del bello con quello circa l'essenza del buono: la bellezza è verità, e la verità è bellezza. Una cosiffatta verità, non logica, ma intuitiva, deve essere, più che teorizzata, sentita nell'intimo della coscienza. L'anima bella è quella che sente l'armonia dell'universo, e si sforza di mettere sé stessa all'unisono con quella, armonizzando nella propria unità interiore i diversi elementi - istinti, sentimenti, ragione - che la compongono. La base della vita morale non è un calcolo utilitario, né una determinazione razionale, ma il "sentimento". A questo noi dobbiamo abbandonarci. In questo cogliamo la più profonda verità sia del micro sia del macrocosmo: l'operare, il creare. In questo sentiamo che i due mondi sono in realtà uno: la misura interiore che si rivela alla nostra anima nella bellezza è insieme il significato dell'universo. Dio è il Genio universale e sovrano, divino artefice di armonia. L'universo è una grande opera d'arte. L'uomo è divino in quanto è artefice di bellezza e di armonia morale; in quanto è genio. Quindi il problema centrale della filosofia è la saggezza; il problema centrale dell'estetica è il genio in quanto potenza creatrice. L'estetica è questione non d'intelletto, né di tecnica, ma di vita: la formazione di quella che lo Schiller chiamerà l'anima bella. Per questi concetti lo Sh. precorre il romanticismo tedesco, e in particolare lo Schleiermacher; e infatti la sua influenza, che in Inghilterra non oltrepassò i limiti della scuola (Hutcheson, Butler) fu notevole in Germania (Lessing, Mendelssohn, Herder, Kant, Goethe), come notevole era stata anche in Francia (Diderot, Voltaire, Montesquieu).
La concezione dell'universo dello Sh. è in relazione, e direttamente e attraverso il neoplatonismo della scuola di Cambridge, col Rinascimento italiano. Consentendo nel concetto leibniziano dell'armonia dell'universo, egli partecipa col Campanella alla concezione di un ottimismo universale, per cui i mali dell'individuo vanno considerati non per sé, ma nella grande armonia del tutto, in cui trovano la loro ragion d'essere, e il loro conforto. Col Bruno e col Toland egli è colpito dalla eterna vicenda delle cose nel seno dell'universo, sebbene insista, piuttosto che sul concetto del trapasso da una forma nell'altra, su quello della reciproca subordinazione delle varie forme tra loro, e di tutte alla natura superiore del mondo. La quale ubbidisce a una teleologia immanente: Dio è l'Intelligenza universale, l'Artefice interno che crea tutte le forme attuando un disegno totale che ignora i termini particolari e relativi. In ciò è il punto di contatto tra la concezione dello Sh. e quella del Cudworth e del More, i quali avevano concepito l'azione di Dio nel mondo come quella di un artefice supremo, che crea non direttamente, ma mediante le "nature plastiche", forme creative che diffondendosi nella materia la foggiano e la animano. Il Dio dello Sh. invece crea ed opera direttamente, a guisa dell'artefice bruniano, dall'interno della natura, essendone insieme il genio sovrano e l'animatore universale.
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