ANTEO ('Ανταῖος, Antaeus)
Gigante libico, figlio di Posidone e della Terra. Era un formidabile lottatore, che costringeva chiunque giungesse a lui a venir seco a singolar tenzone, nella quale egli facilmente riusciva vincitore; coi cranî dei vinti ornava il tempio del padre Posidone. Venne finalmente a lotta con lui Eracle, il quale dovette però molto penare per vincerlo, perché se A. toccava terra, nessuna forza era capace d'abbatterlo. Eracle dovette tenerlo sospeso dal suolo e così strozzarlo. Questa la leggenda di A. com'è più generalmente conosciuta. Nella Pitia IX di Pindaro però appare un A. assai diverso. Egli è re degl'indigeni in Irasa (Cirenaica), ed ha una bellissima figliuola, Barce o Alceide, desiderata da molti come sposa. Applicando un mezzo già sperimentato da Danao, egli dispone allora che i pretendenti si contendano la sposa alla corsa: la fanciulla, riccamente adorna, è posta presso la mèta: il primo che giungerà a toccarla, vincendo la corsa, conquisterà pure la sposa. Vince Alessidamo, antenato di Telesicrate, l'atleta che Pindaro esalta in quell'ode. Molti hanno sostenuto la diversità anche originaria dei due Antei, alla quale però gli studiosi ormai più non credono. Una spiegazione ingegnosa vuole che i due Antei non siano se non la personificazione di due aspetti di un medesimo fenomeno, il turbine: la semplice velocità del turbine dà origine alla figura dell'A. mite; tutto ciò che nel turbine è di terribile origina l'A. mostruoso e crudele. Anteo, sinché tocca terra, è invincibile, proprio come il turbine che raggiunge il culmine della sua violenza quando sembra posar con la sua tromba sul suolo; mentre quando la tromba si discioglie esso va spegnendosi. La paternità di Posidone si spiegherebbe con l'affinità fra le trombe terrestri e le marine. Più tardi, in epoca lontana dalle origini naturalistiche, non solo col diffondersi della cultura e della vita greca, ma con l'assodarsi del suo trionfo, A. diventa il rappresentante della barbarie locale che viene sopraffatta dalla luminosa civiltà ellenica.
Il mito del mostruoso A. è localizzato nella Mauretania, a Tingi, o nella vicina Lisso. La leggenda racconta che a Tingi si mostrava la tomba del gigante, la quale aveva la virtù di provocare la pioggia quando se ne smovesse la terra. Sertorio avrebbe aperto quella tomba per controllare le proporzioni gigantesche del sepolto. Dopo l'uccisione d'A., Eracle avrebbe generato con la moglie di A., Tinge o Ifinoe, un figlio, di nome Palemone o Soface, capostipite dei re di Mauretania.
La leggenda di A. fu oggetto di rappresentazioni drammatiche da parte di Frinico e di Aristia e di numerosissime opere d'àrte figurata, fra cui ricorderemo in particolar modo le metope di Prassitele nel tempio d'Eracle in Tebe.
Bibl.: Cfr. Oertel e Roscher, in Roscher, Ausführl. Lexikon der griechischen und römischen Mythologie, I, i, coll. 362 segg.; Wernicke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, coll. 2339 segg.; Preller e Robert, Griechische Mythologie, 4ª ediz., II, ii, p. 514 segg.