ANTENNA
. La maggior parte degli studî e delle ricerche recenti, nel campo delle antenne o aerei (v. aereo, I, p. 568), e dei relativi sistemi per la trasmissione di energia, riguarda quasi esclusivamente la tecnica delle onde ultracorte, che, com'è noto, ha trovato interessanti e originalissime applicazioni, durante il recente conflitto mondiale, principalmente nel radar (v. in questa App.) e nei ponti radio (v. in questa App.) a molti canali.
Antenne per onde ultracorte e microonde. - Nella gamma di frequenza superiore ai 30.000 kHz (lunghezza d'onda λ 〈 10 m), il tipo più semplice di antenna, largamente usato sia da solo sia come elemento di antenne più complesse, è il dipolo in mezza onda, chiamato anche brevemente dipolo. Esso, già impiegato anche nel campo delle onde corte (v. radiocomunicazioni, XXVIII, p. 708), consiste in un conduttore filiforme a volte curvo, ma più spesso rettilineo, lungo circa mezza lunghezza d'onda (λ/2). Le forme costruttive ed i modi di alimentazione possono essere diversi: in figura ia il dipolo è interrotto al centro e alimentato da una linea bifilare proveniente dal trasmettitore; tra i morsetti p, q, l'impedenza è di circa 73 ohm; in fig. 1b il conduttore, non interrotto al centro, viene alimentato da una linea bifilare connessa a due punti m, n, simmetrici, scelti a distanza tale da adattare l'impedenza presentata dal dipolo all'impedenza caratteristica della linea; in figura 1c la metà superiore del dipolo è la continuazione del conduttore centrale di un cavo coassiale, mentre la metà inferiore, costituita da un tubo, è connessa al conduttore esterno dello stesso cavo; in figura 1d viene rappresentato un dipolo ripiegato o folded ai cui morsetti d'ingresso l'impedenza è di circa 290 ohm. L'alimentazione del dipolo può avvenire attraverso speciali organi destinati a simmetrizzare le tensioni o adattare l'impedenza. Esiste un valore della lunghezza del dipolo (di solito inferiore di qualche unità per cento a λ/2) per cui l'impedenza da esso offerta è puramente resistiva; esso si comporta cioè rispetto al generatore di tensione o alla linea di alimentazione, come un circuito oscillante in risonanza. Per frequenze fuori risonanza compare una componente reattiva, che è tanto più elevata quanto maggiore è il rapporto tra lunghezza e raggio del dipolo. Ne consegue che, quando si vogliono trasmettere senza attenuazione apprezzabile segnali di frequenza alquanto diversa da quella di risonanza, si usano dipoli con raggio non troppo piccolo rispetto alla lunghezza. Tale problema si presenta effettivamente nella tecnica delle trasmissioni televisive, nelle quali occorre irradiare segnali che occupano una banda larga fino al 10% o 15% della frequenza centrale.
I dipoli a raggio relativamente grande non sono le sole antenne a larga banda. Ancor più adatte allo scopo sopra richiamato sono le antenne a sezione variabile (conica, affusolata, ellissoidica, fig. 2 a, b, c, d) le quali, non avendo un ben definito rapporto tra lunghezza e raggio, non presentano una frequenza di risonanza netta come le antenne cilindriche.
Uno qualunque dei tipi di antenna finora esaminati, se installato con l'asse verticale, irradia con eguale intensità in tutti i piani verticali passanti per l'asse, e può quindi essere usato per trasmissioni (o ricezioni) circolari. In tal caso il campo elettrico delle onde elettromagnetiche è polarizzato verticalmente. Per ottenere trasmissioni circolari con campo elettrico polarizzato orizzontalmente, si possono usare quattro dipoli (semplici o folded), curvati ciascuno secondo un arco di un quarto di circonferenza giacente in un piano orizzontale.
Un tipo di antenna molto usato per trasmissioni circolari è la turnstile antenna costituita da due dipoli (semplici o folded) giacenti in un piano orizzontale, intersecantisi ad angolo retto e ponendo a distanza verticale di λ/2 più elementi di antenna turnstile si mantiene il carattere circolare dell'irradiazione rispetto all'angolo azimutale, mentre si concentra il flusso di energia verso il piano orizzontale. Quest'ultima caratteristica direzionale viene ottenuta in modo molto spiccato anche con le antenne biconiche (v. appresso e fig. 11).
Quando la trasmissione di segnali deve avvenire non circolarmente, ma tra due punti fissi, riveste la massima importanza il problema di concentrare la potenza irradiata entro un ristretto angolo solido diretto verso il ricevitore. D'altra parte è molto vantaggioso, per il miglioramento del rapporto tra segnale utile e disturbo, disporre, nei radiocollegamenti tra punti fissi, di antenne riceventi atte a captare la massima quantità di energia elettromagnetica quando questa provenga da direzioni comprese entro un ristretto angolo solido rivolto verso il trasmettitore, e a non raccoglierla quando provenga da altre direzioni.
Perché un'antenna presenti caratteristiche direttive, sia in trasmissione che in ricezione, è necessario che le sue dimensioni siano sufficientemente grandi rispetto alla lunghezza d'onda. Ne consegue che il campo delle onde ultracorte e microonde, in cui λ va da qualche metro a pochi centimetri, è quello che più si presta per la pratica ed economica realizzazione di antenne che presentino caratteristiche di irradiazione spiccatamente direttive.
In relazione alla direttività delle antenne si richiamano concetti, parametri e formule entrati nell'uso comune della radiotecnica.
Come termine di paragone ideale viene spesso assunto il radiatore isotropo, cioè un'antenna (in pratica non realizzata) irradiante con la stessa intensità in tutte le direzioni. Se P è la potenza globalmente emessa da tale radiatore, il flusso di potenza per unità di angolo solido è P/4 π ed il flusso di potenza per unità di superficie a distanza D dal radiatore è p0 = P/4 π D2 (watt/m2). Si ricorda che il campo elettrico E0 corrispondente al flusso di potenza
Si abbia un'antenna direttiva e sia P la potenza immessa ai suoi morsetti: la sua attitudine a concentrare l'irradiazione in una determinata direzione può misurarsi con il rapporto tra il flusso p di potenza per unità di superficie da essa generato in un punto a distanza generica in quella direzione, ed il flusso p0 che nello stesso punto sarebbe generato da un radiatore isotropo messo al posto dell'antenna direttiva e irradiante globalmente la stessa potenza P. Il rapporto sopradefinito è chiamato guadagno (G) dell'antenna. Esso può anche misurarsi in decibel (Gdb). Si ha:
ove E è il campo corrispondente al flusso p.
Per calcolare il guadagno di un'antenna in una data direzione, occorre saper calcolare o misurare il campo a distanza in quella direzione e la potenza immessa nell'antenna.
Si trova che un elemento di conduttore, lungo il quale scorra con intensità uniforme corrente alternativa (dipolo hertziano elementare) presenta, in una qualunque direzione perpendicolare al suo asse un guadagno G pari a 1,5 rispetto al radiatore isotropo. Un dipolo in mezza onda presenta in una qualunque direzione del piano normale al dipolo stesso, un guadagno di 1,65 rispetto al radiatore isotropo. Una piastra metallica piana di area A, percorsa da corrente alternativa, avente intensità, direzione e fase uniformi in tutta la superficie, presenta nella direzione di massima irradiazione, perpendicolare alla piastra, un guadagno
In relazione all'espressione del guadagno di una piastra irradiante si definisce area efficace (A) di una qualunque antenna direttiva che abbia un guadagno G rispetto ad un radiatore isotropo, l'espressione:
L'area efficace di un'antenna, usata in ricezione, corrisponde alla superficie attraverso la quale passa un flusso di potenza pari alla massima energia che l'antenna può assorbire nell'unità di tempo.
Quando siano noti i guadagni di due antenne, trasmittente e ricevente, o le rispettive aree efficaci At e Ar, si può adoperare, nei problemi di trasmissione, la seguente formula generale, valida nel caso in cui la propagazione avvenga nello spazio libero, e non sia cioè influenzata dalla presenza del terreno o di altri oggetti:
ove d è la distanza tra le due antenne.
Si definisce ampiezza convenzionale del fascio di irradiazione in un dato piano (per lo più orizzontale o verticale) l'angolo compreso tra le due direzioni per le quali il flusso di potenza per unità di superficie diviene la metà di quello corrispondente alla direzione di massima irradiazione. Per una piastra irradiante rettangolare, di lati a e b, sufficientemente grandi rispetto a λ le aperture convenzionali del fascio nei due piani perpendicolari ai lati a e b, sono rispettivamente:
Le formule [1], [2] e [3] sono particolarmente utili per le antenne che hanno aspetto di superfici irradianti (riflettori parabolici, trombe, lenti, ecc.), ma sono utilizzabili per qualsiasi tipo di antenna direttiva.
Il tipo più semplice di antenna direttiva si ottiene disponendo accanto e parallelamente a un dipolo alimentato da un trasmettitore, un secondo conduttore, lungo anch'esso circa λ/2, che non viene connesso al trasmettitore, ma che diventa sede di corrente per effetto delle forze elettromotrici indotte lungo esso dal dipolo alimentato. La distanza tra i due conduttori varia in pratica tra λ/8 e λ/2.
Assegnando alla lunghezza del dipolo passivo un valore appropriato, dipendente dalla distanza tra le due antenne, si ottiene un rafforzamento dell'irradiazione nella direzione dipolo passivo → dipolo alimentato, con indebolimento nella direzione opposta (dipolo passivo riflettore), o un rafforzamento dell'irradiazione nella direzione dipolo alimentato → dipolo passivo (dipolo passivo direttore).
In prima approssimazione si può affermare che un dipolo passivo funziona da riflettore quando la sua lunghezza eccede alquanto quella corrispondente alla risonanza, e funziona da direttore nel caso opposto. Tra le varie antenne nelle quali si adottano più radiatori passivi (antenne tipo Yagi), si riporta in fig. 4 un tipo che ha trovato larga applicazione in pratica.
Le cortine di dipoli costituite da più dipoli paralleli tra loro, orizzontali o verticali, tutti alimentati in modo che le correnti siano in fase e della stessa intensità, con i centri disposti secondo un reticolo piano rettangolare in cui due nodi contigui distino λ/2, presentano la massima irradiazione in direzione perpendicolare al piano dei dipoli, direzione in cui i campi generati dai vatî radiatori sono tutti in fase tra loro. Allo scopo di concentrare l'emissione in uno solo dei due sensi della perpendicolare al piano dei dipoli, si dispone spesso dietro la cortina, o una superficie metallica riflettente, a distanza λ/4, o una seconda cortina di dipoli, alimentati o passivi, funzionanti da riflettori. Se n è il numero dei dipoli, il guadagno di una cortina semplice è circa 1,65 n e il guadagno di una cortina con superficie riflettente è circa 3,30 n.
Le cortine di dipoli, adottate già nella tecnica delle onde corte, vengono largamente usate nel campo delle onde metriche (λ = 1 ÷ 10 m), nel quale esse possono realizzarsi con un numero rilevante di dipoli senza che le dimensioni divengano proibitive. Con l'aumentare della frequenza e del numero dei dipoli, crescono le difficoltà di alimentare correttamente e con basse perdite tutti i dipoli, tanto che nel campo delle onde decimetriche e centimetriche si preferiscono altri tipi di autenne, tra le quali una delle più diffuse è quella a riflettore parabolico.
Quale tipo di transizione tra le antenne direttive precedentemente descritte e i riflettori parabolici, si cita l'antenna riportata in fig. 5, in cui A è un dipolo alimentato da un trasmettitore situato lungo la retta focale di una superficie cilindrica a sezione parabolica, lungo le generatrici della quale sono disposti dei dipoli passivi B1, B2, ecc., aventi il compito di riflettere il campo generato dall'antenna A. Per una proprietà della parabola i percorsi AB1C1, AB2C2, ecc. hanno tutti la stessa lunghezza e di conseguenza in un piano generico C C perpendicolare all'asse della parabola i campi reirradiati dei dipoli B1, B2, ecc. sono tutti in fase fra loro. Scegliendo opportunamente la distanza focale in rapporto alla lunghezza d'onda, si ottiene che i campi suddetti siano in fase anche con quello irradiato direttamente dall'antenna A in direzione dell'asse della parabola. Come risultato si ottiene un fronte d'onda equifase, procedente dalla bocca del cilindro parabolico, simile a quello che sarebbe generato da una piastra irradiante avente la superficie della bocca stessa. Se si pensa di aumentare indefinitamente il numero dei dipoli B1, B2, ecc. si giunge al concetto della parete riflettente parabolica.
È qui opportuno notare che, con l'adozione di lunghezze d'onda sempre minori, non soltanto le caratteristiche di propagazione delle onde elettromagnetiche divengono sempre più somiglianti a quelle della propagazione della luce, ma anche i metodi di irradiazione e di captazione ricordano quelli usati in ottica.
I riflettori parabolici sono di due tipi: a semplice curvatura (cilindro a direttrice parabolica, fig. 6); e a doppia curvatura (paraboloide di rotazione, fig. 7). La superficie metallica riflettente può essere piena o con fori di alleggerimento, purché piccoli rispetto a λ.
L'energia elettromagnetica viene lanciata contro la superficie riflettente da una antenna (radiatore primario) posta nel fuoco o lungo la retta focale della superficie parabolica, e viene quindi riflessa verso una direzione unica, in concordanza di fase. L'area efficace di una antenna a riflettore si aggira sul valore o,4 ÷ 0,7 S, ove S è la superficie della bocca del riflettore e 0,4 ÷ 0,7 è un coefficiente di riduzione che tiene conto della disuniformità d'illuminazione della superficie. Se a è l'apertura della bocca in un certo piano, l'ampiezza del fascio in quel piano è di circa
gradi.
Per assicurare la concordanza di fase del campo elettrico in tutti i punti del fronte dell'onda riflessa dal paraboloide, si è trovato conveniente adottare distanze focali relativamente grandi, variabili tra 0,25 e 0,60 a. Di conseguenza, l'angolo solido che con vertice nel fuoco si appoggia al contorno della superficie riflettente, è minore di un emisfero e, se il radiatore primario fosse isotropo, gran parte dell'energia da esso emessa si disperderebbe senza essere riflessa e senza acquistare la voluta direzione di propagazione. Si comprende quindi la convenienza di adottare radiatori primarî già per loro conto direttivi, e irradianti la maggior parte della potenza verso il riflettore parabolico. Come radiatore primario è spesso usato un dipolo in mezza onda, munito per lo più di riflettore passivo, o meglio, circondato in parte da una calotta sferica di raggio opportuno, avente il compito di riflettere verso la superficie parabolica quella parte di radiazione primaria che andrebbe dispersa (fig. 9).
L'alimentazione del radiatore primario può avvenire a mezzo di linee, cavi o, per le frequenze più elevate, a mezzo di guide d'onda. In questo ultimo caso il radiatore primario può essere costituito semplicemente dall'estremità aperta della guida, o meglio, da una antenna a tromba posta all'estremità della guida stessa.
Tali antenne, usate non soltanto come radiatori primarî di riflettori parabolici, ma anche come radiatori diretti, sono costituite da una tromba metallica, a sezione rettangolare o circolare, che in vicinanza del vertice viene connessa o all'estremità di una guida d'onda (fig. 10 a), o ad una scatola metallica chiusa al fondo, contenente un'antenna in quarto d'onda o in mezza onda (fig. 10 b). L'energia elettromagnetica proveniente dalla guida d'onda o irradiata dall'antenna viene convogliata dalle pareti verso la bocca della tromba, che deve diventare sede di un campo elettrico il più possibile uniforme ed equifase. Così, rispetto allo spazio antistante alla tromba, la sua bocca agisce come una piastra irradiante.
Si noti che le antenne a tromba, alimentate da guide d'onda, sono particolarmente adatte al funzionamento a larga banda, in quanto non contengono alcun elemento risonante per una data frequenza. La loro direttività è tanto più accentuata, quanto maggiori sono le dimensioni della bocca e quanto minori gli angoli di apertura della piramide o del cono costituenti la tromba. La tendenza ad aumentare le dimensioni della bocca è contrastata dalla difficoltà di assicurare una sufficiente uniformità dell'intensità e della fase del campo elettrico in tutti i punti della bocca.
Se l'angolo di apertura orizzontale di una tromba si aumenta fino a renderlo eguale a 360°, si ottiene un'antenna biconica (fig. 11), che irradia egualmente in tutti i piani verticali, mentre in ciascun piano verticale presenta una spiccata direttività in senso orizzontale. L'alimentazione delle antenne biconiche può avvenire o eccitando direttamente i vertici dei due coni, o disponendo nello spazio compreso tra i due vertici un tratto di antenna verticale, o un piccolo telaio giacente in un piano orizzontale e di lunghezza totale inferiore a λ oppure un sistema di dipoli semplici o folded, curvati secondo archi di una circonferenza giacente in un piano orizzontale.
Si è già osservato, a proposito dei riflettori parabolici, che con l'adozione di lunghezze d'onda sempre più corte sono entrati nella tecnica delle onde elettromagnetiche procedimenti analoghi a quelli usati in ottica. Un altro notevole esempio di tali procedimenti è costituito dalle lenti per onde elettromagnetiche.
Sono stati realizzati due tipi di lenti. Il primo tipo, detto lente a piastre metalliche, si basa su una proprietà delle guide d'onda: un'onda elettromagnetica può propagarsi nello spazio compreso tra due pareti metalliche, parallele alla direzione di polarizzazione del campo elettrico, con una velocità di fase (v. onde, XXV, p. 357) maggiore di quella nel vuoto, espressa dalla formula:
ove a è la distanza tra le pareti metalliche (λ/2 〈 a 〈 λ), e c è la velocità di propagazione nel vuoto (c = 3 • 108 m/sec).
Per analogia con l'ottica si può dire che lo spazio tra pareti conduttrici, distanti a, si comporta come un mezzo di indice di rifrazione
Davanti a un radiatore A (fig. 12), da cui vengono emesse onde non piane, si dispone una serie di piastre metalliche sottili, egualmente distanziate, parallele fra loro e alla direzione di propagazione del campo elettrico, di spessore crescente dall'asse verso i bordi. È tale insieme di piastre che costituisce la lente. Prima di incontrare la lente, il campo elettromagnetico, che si propaga lungo un raggio MM diverso dall'asse LL, si trova in un qualunque piano P, perpendicolare ad LL, in ritardo di fase rispetto al campo che si propaga lungo l'asse percorrendo il più breve cammino dal radiatore al piano P. La configurazione geometrica della lente è scelta in modo che il campo propagantesi lungo MM ricuperi il ritardo di fase percorrendo, con velocità vf > c, uno spessore sM maggiore di quello sL percorso dal raggio LL. Nel calcolare lo spessore, si può fare in modo che il campo elettrico abbia, all'uscita dalla lente, la stessa fase ovunque, come se fosse generato da una piastra irradiante percorsa da corrente di direzione, intensità e fase uniformi.
La distanza a tra le piastre si sceglie di solito in modo che N risulti compreso tra 0,5 e 0,6. La distanza focale va in pratica dalla metà all'intera apertura della lente. Con tali distanze focali lo spessore della lente ai bordi può risultare eccessivo e si ricorre allora alla "zonatura", consistente nella riduzione dello spessore, per zone circolari, di multipli della lunghezza d'onda λf = vf/f (f = frequenza). Tale alleggerimento non altera il funzionamento del complesso, in quanto, in un percorso lungo un multiplo di λf, la fase ruota un numero intero di volte 360°, riassumendo lo stesso valore. In fig. 8 è rappresentata una lente zonata costruita nei laboratorî Bell.
A proposito delle lenti a piastre metalliche si osserva, infine, che l'espressione dell'indice equivalente di rifrazione contiene la lunghezza d'onda λ; di conseguenza il funzionamento della lente non è, in generale, indipendente dalla frequenza, il che significa che le lenti metalliche sono affette da aberrazione cromatica. Questa è accentuata dall'eventuale zonamento, in quanto lo spessore tolto è multiplo di λf ed il suo effetto dipende dunque dalla frequenza. In pratica, una lente conserva un corretto funzionamento per larghezze di banda limitate al 5÷10% della frequenza centrale.
Il secondo tipo di lente, migliore del precedente nei riguardi della larghezza di banda, è costituito da un reticolo di dischi (o sfere, o striscie) metallici, isolati fra loro, giacenti in piani perpendicolari alla direzione di propagazione, e occupanti una porzione di spazio simile a una grossa lente convessa (fig. 13). I dischi metallici esercitano sul campo elettrico una funzione simile a quella esercitata dalle molecole di un dielettrico, e perciò lo spazio da essi occupato presenta una costante dielettrica, maggiore che nel vuoto ed un indice di rifrazione maggiore di 1. Un'onda elettromagnetica che investa tale dielettrico artificiale viene ritardata di fase in misura tanto maggiore quanto più grande è lo spessore del dielettrico artificiale. Le lenti convergenti di questo secondo tipo hanno spessore più grande in corrispondenza dell'asse che in corrispondenza dei bordi.
Nel campo delle microonde sono stati realizzati due altri tipi di antenne, di concezione originale: la cortina di fessure e i polyrods.
La prima antenna è costituita da una guida d'onda, chiusa all'estremo e presentante lungo un fianco una serie di fessure verticali. In corrispondenza delle fessure il campo elettrico è diverso da zero e rispetto allo spazio antistante, esterno alla guida, per il principio di Huyghens, tutto avviene come se al posto della fessura vi fosse un dipolo irradiante. Variando la larghezza della guida si cambia la velocità di fase, la lunghezza d'onda e le differenze di fase del campo elettrico delle diverse fessure. Si riesce così a variare la direzione di massima irradiazione in modo molto semplice.
Il polyrod è una bacchetta di materiale isolante (polistirene) opportunamente sagomata e rastremata, che si innesta alla bocca di una guida d'onda. L'energia elettromagnetica viene irradiata dalle pareti della bacchetta in modo che la direzione di massima irradiazione si verifica lungo l'asse della bacchetta stessa. Con uno schieramento di polyrods, paralleli fra loro ed eccitati in fase, si può ottenere un fascio di notevole acutezza.
Tutte le antenne, descritte con particolare riguardo al loro uso in trasmissione, vengono adottate anche in ricezione, dato che, per il principio di reciprocità, rimangono identiche le caratteristiche di ogni antenna relative al guadagno e alla direttività.
Sistemi per la trasmissione dell'energia ad alta frequenza. - Il problema della trasmissione dell'energia dal trasmettitore all'antenna e dall'antenna al ricevitore presenta, nel caso delle onde ultracorte, gli stessi aspettì dell'analogo problema relativo alle onde più lunghe. Tuttavia, principalmente a causa delle forti perdite dovute alle elevatissime frequenze, i sistemi di trasmissione per onde ultracorte assumono spesso forme particolari. La tecnica di tali forme si è andata sviluppando quasi esclusivamente in questi ultimi anni.
Prima di passare ad esporre la tecnica dei sistemi di trasmissione, è opportuno riassumere le esigenze fondamentali alle quali essi devono rispondere. A questo scopo si consideri lo schema indicato nella fig. 15. Sia G il generatore e Zu l'impedenza di utilizzazione. Il problema si pone nei termini seguenti: trasferire l'energia dal generatore G all'utilizzatore Zu mediante una linea di trasmissione e facendo in modo: 1) che il generatore G risulti chiuso sulla impedenza ZG prefissata; 2) che le perdite lungo la linea siano ridotte al minimo.
A queste due condizioni si soddisfa scegliendo opportunamente i trasformatori adattatori di impedenza TG e Tu. Riferendosi al noto concetto di impedenza caratteristica di una linea, si soddisfa alla condizione 2), a parità di altre condizioni, quando la linea è chiusa sulla sua impedenza caratteristica Z0. In tal caso la impedenza di entrata della linea è uguale a Z0. Per soddisfare, quindi, alle esigenze 1) e 2) è necessario che il trasformatore Tu trasformi l'impedenza Zu nell'impedenza Z0, e che il trasformatore TG trasformi l'impedenza Z0 nell'impedenza ZG.
Nel caso dell'antenna trasmittente, ZG è fissata in base alle caratteristiche tecniche del trasmettitore, mentre nel caso dell'antenna ricevente essa deve essere fissata in modo da estrarre la massima energia dall'onda elettromagnetica in arrivo. Assimilando l'antenna ricevente a un generatore di impedenza interna Zi, è noto, dall'elettrotecnica, che il massimo trasferimento di energia si ottiene quando ZG è l'impedenza coniugata di Zi, cioè, ponendo Zi = Ri + j Xi, quando ZG = Ri − jXi. È qui opportuno notare che, sotto certe condizioni, quasi sempre soddisfatte nella pratica, l'impedenza Zi è uguale all'impedenza di entrata che la stessa antenna presenta quando è usata per la trasmissione (supponendo, naturalmente, di alimentare l'antenna attraverso i suoi morsetti di uscita).
Nella tecnica delle onde ultracorte i sistemi di trasmissione possono suddividersi in due categorie: 1) trasmissione mediante linee a due conduttori (uno di andata e uno di ritorno); 2) trasmissione mediante guide d'onda.
I sistemi di trasmissione del primo tipo trovano largo impiego nella pratica per frequenze non troppo elevate o, nel caso di frequenze molto elevate (da 3.000 MHz in su), quando i tratti di linea sono molto brevi.
Nella fig. 14 sono schizzati i tipi più comuni di linee a due conduttori. I tipi a) e b), essendo soggetti a perdite per irradiazione, tanto maggiori quanto maggiore è la distanza fra i conduttori in confronto alla lunghezza d'onda, sono impiegati per le onde più lunghe. Le linee sono isolate in aria, ed opportuni distanziatori provvedono a mantenere i conduttori nella posizione voluta. Il tipo b) permette di raggiungere bassi valori di Z0. I tipi c) e d) sono i più frequentemente impiegati nella tecnica delle microonde, e si presentano molto spesso sotto forma di cavi flessibili. In tal caso il conduttore, o i conduttori interni, sono generalmente immersi in un dielettrico continuo.
I dielettrici che vengono oggi universalmente impiegati sono sostanze polietileniche che hanno bassissime perdite, e una costante dielettrica relativa ε = 2,25.
Quasi tutti gli adattatori d'impedenza impiegati nella tecnica delle onde ultracorte, sono costituiti da tratti di linea a due conduttori, o da combinazioni di tratti di linea, e si basano sulla proprietà che un tratto di linea, di lunghezza paragonabile alla lunghezza d'onda, può agire come trasformatore d'impedenza. Un tipo molto semplice di adattatore è costituito da una linea lunga λ/4 (fig. 16 a)., ove λ è la lunghezza d'onda sulla linea. In tal caso l'impedenza di entrata Ze è legata all'impedenza di chiusura Zu dalla relazione:
Questo trasformatore si può eseguire con una qualunque delle linee indicate in fig. 14. Tuttavia, esso non risolve completamente il problema di adattare due impedenze qualsiasi, poiché un solo elemento variabile è a disposizione (l'impedenza Z0), mentre il problema generale ha due gradi di libertà (adattamento delle parti reali e delle parti immaginarie delle impedenze). Molto spesso però le due impedenze da adattare sono puramente ohmiche; in tal caso il trasformatore suddetto trova larga applicazione.
Un altro tipo di adattatore, che permette di risolvere il problema generale di trasformare l'impedenza Zu in una qualsivoglia impedenza Ze, è schizzato in fig. 16 b. Esso si compone di due tratti di linea di lunghezza l1 ed l2, aventi impedenze caratteristiche Z0′ e Z0″: la linea l1 è cortocircuitata (o aperta) all'estremo; scegliendo opportunamente Z0′ e Z0″ e le lunghezze l1 e l2, è possibile far sì che l'impedenza di entrata di questo trasformatore sia uguale a Ze.
È interessante notare che dalla [4] risulta che una linea in quarto d'onda cortocircuitata a un estremo (Zu = 0) presenta all'ingresso una impedenza infinita. Questa proprietà della linea in λ/4 è spesso utilizzata nella tecnica delle microonde, nei cosiddetti isolatori metallici, molto comodi e robusti.
Spesso non è sufficiente adattare due impedenze di valore diverso, ma può anche presentarsi la necessità di trasformare un'impedenza simmetrica rispetto alla massa, in una dissimmetrica, o viceversa. È questo, ad es., il caso di un dipolo alimentato al centro (carico simmetrico) per mezzo di un cavo coassiale (linea di alimentazione dissimmetrica).
Esistono varî tipi di questi simmetrizzatori, ma essi si possono generalmente riportare allo schema di principio indicato in fig. 18, in cui A, B sono i morsetti di entrata della tensione dissimmetrica, ed A, C sono i morsetti di uscita della tensione simmetrica, o viceversa. Il simmetrizzatore è costituito da un tratto di cavo coassiale lungo λ/2 (lunghezza AC = λ/2). Ricordando che le tensioni agli estremi di una linea lunga λ/2 sono in opposizione di fase, il funzionamento del simmetrizzatore è facilmente comprensibile. È facile anche rendersi conto che l'impedenza di entrata tra i morsetti A, B è la metà dell'impedenza sulla quale risultano chiusi i morsetti A, C.
I cavi isolati in polietilene, del tipo di quelli indicati in fig. 14 c e 14 d presentano perdite intollerabili nel campo delle onde centimetriche, quindi, allorché la lunghezza delle linee sia considerevole, non permettono la trasmissione di potenze notevoli. Ad esempio, un buon cavo coassiale isolato in polietilene, alla frequenza di 3.000 MHz ha una attenuazione di circa 0,6 db/m e permette la trasmissione di potenze medie non superiori a 200 watt; a 9000 MHz l'attenuazione è notevolmente maggiore. Per queste due ragioni si è enormemente sviluppata, in questi ultimi anni, la tecnica della trasmissione dell'energia a mezzo di guide d'onda. Tali sistemi presentano attenuazioni molto basse e permettono il trasporto di potenze molto elevate. Per esempio alla frequenza di 3000 MHz una guida d'onda ben costruita ha un'attenuazione di 0,05 db/m, e permette la trasmissione di potenze di punta di 2000 kilowatt. Nella tecnica delle microonde i cavi sono pertanto impiegati solamente per tratti molto brevi oppure come sistemi adattatori di impedenza.
La teoria delle guide d'onda è molto complessa e, benché Lord Rayleigh abbia impostato teoricamente il problema fin dal 1897, essa si è praticamente sviluppata, in modo da soddisfare alle esigenze della tecnica, solo di recente.
Una guida d'onda è sostanzialmente costituita da un tubo metallico vuoto, a un estremo del quale viene generato, per es. mediante una antennina, un campo elettromagnetico. Le pareti del tubo, essendo conduttrici, esercitano un'azione schermante che costringe l'energia elettromagnetica a propagarsi lungo il tubo senza disperdersi nello spazio circostante.
All'altra estremità della guida d'onda l'energia immessa al primo estremo giunge quasi integralmente, eccettuata la parte dissipata per effetto Joule lungo le pareti (che, in realtà, non sono infinitamente conduttrici) e viene ivi raccolta o per mezzo di una seconda antennina, oppure viene irradiata dalla bocca stessa del tubo lasciata aperta.
Lo studio dei possibili modi di propagazione dell'energia e. m. entro una guida d'onda si esegue applicando le equazioni di Maxwell e tenendo conto delle condizioni ai limiti cui debbono soddisfare i campi elettrico e magnetico nelle immediate vicinanze delle pareti metalliche. Tali condizioni si possono esprimere come segue: la componente tangenziale del campo elettrico, vicino alle pareti supposte perfettamente conduttrici, deve essere nulla, e ugualmente nulla deve essere la componente normale del campo magnetico. Il modo di propagarsi delle onde e. m. entro un tubo metallico è diverso da quello con cui si propagano nello spazio libero, nel quale sia il campo elettrico E sia il campo magnetico M sono perpendicolari alla direzione di propagazione (vettore di Poynting); questo modo di propagazione si indica con il simbolo TEM (trasverso elettrico magnetico).
Nelle guide d'onda sono invece possibili modi di trasmissione in cui il campo elettrico ha una componente non nulla parallela alla direzione di propagazione, mentre il campo magnetico rimane ovunque perpendicolare ad essa; tali modi si indicano con il simbolo E (elettrico) o anche TM (trasverso magnetico).
Un altro gruppo di modi possibili è invece caratterizzato dal fatto che il campo magnetico ha una componente non nulla lungo la direzione di propagazione, mentre il campo elettrico si mantiene ovunque trasversale; tali modi si distinguono con il simbolo M (magnetico) o TE (trasverso elettrico).
Si consideri ora, in particolare, una guida d'onda a sezione rettangolare e ad asse orizzontale, sede di un modo di trasmissione tipo TE, in cui il campo elettrico sia ovunque verticale. Si dimostra che tale modo è possibile, e che lungo una generica retta perpendicolare alle pareti verticali, l'intensità del campo elettrico varia, in un dato istante, con legge sinusoidale. Poiché in prossimità delle pareti verticali la componente tangenziale del campo deve essere nulla, si intuisce come siano compatibili solo configurazioni in cui la funzione sinusoidale rappresentante l'intensità del campo ha due zeri (nodi) in corrispondenza delle pareti stesse.
Nella sezione trasversale del tubo possono quindi trovar posto una semionda di sinusoide (fig. 18 a), due semionde (fig. 18 b), tre, ecc., comunque sempre un numero intero di semionde.
Nella fig. 18 l'intensità del campo, in un dato istante e in una stessa sezione trasversale, è costante lungo una qualunque retta verticale, ma vi sono modi in cui il campo varia anche lungo la verticale. Per ragioni inerenti alla compatibilità con le condizioni ai limiti, anche le variazioni lungo la verticale devono corrispondere sempre ad un numero intero di semionde.
I due numeri di semionde m ed n comprese rispettivamente tra le pareti verticali e quelle orizzontali, si appongono come indici al simbolo che indica il modo di trasmissione. Ad esempio, il simbolo TE01 indica un modello trasverso elettrico in cui perpendicolarmente alle pareti più larghe l'intensità del campo è costante (zero semionde) e, perpendicolarmente alle pareti più strette, il campo ha variazioni di intensità rappresentabili con una mezza sinusoide. Questo modo di trasmissione è rappresentato nella fig. 19, mentre nella fig. 20 è mostrato il modo TM11. Le linee di forza elettrica sono disegnate in tratto continuo, quelle di forza magnetica in tratto spezzato. È facile rendersi conto, dalle figure, che queste configurazioni soddisfano alle condizioni ai limiti.
Ogni modo di propagazione ha una lunghezza d'onda critica λc al disopra della quale l'onda si attenua lungo la guida con estrema rapidità, il che, in altre parole, significa che per lunghezze d'onda maggiori di λc non è possibile la trasmissione dell'energia secondo quella configurazione del campo. In generale può dirsi che tanto più elevato è l'ordine degli indici m ed n, tanto più corta è la lunghezza d'onda critica λc.
In una guida d'onda rettangolare, dei modi di propagazione del tipo TEmn quello che ha gli indici più bassi è il TE01 mentre l'analogo corrispondente dei modi TMmn è il TM11. Si comprende pertanto come una volta fissato il lato maggiore della sezione retta di una guida d'onda rettangolare, il modo di propagazione a cui corrisponde il λc massimo è il TE01. In tal caso si ha:
dove a è il lato maggiore della sezione retta della guida.
Per questa ragione il modo TE01 è quello generalmente impiegato nelle guide d'onda rettangolari. In tal caso, infatti, usando una lunghezza d'onda inferiore a λc corrispondente al TE01, ma superiore alle lunghezze d'onda critiche degli altri modi di propagazione, che, come si è detto, sono tutte inferiori a λc, si è sicuri che solo l'onda TE01 è eccitata, tutti gli altri modi di propagazione risultando attenuati.
La lunghezza d'onda di cui si è fin qui parlato è la lunghezza d'onda corrispondente alla frequenza di eccitazione e alla velocità della luce nel vuoto. In una guida d'onda, però, la velocità di fase è sempre superiore a quella della luce, e pertanto la lunghezza d'onda è superiore a quella nel vuoto. Questa proprietà delle guide d'onda trova importanti applicazioni, come si è accennato nel paragrafo precedente, nelle lenti elettromagnetiche e nelle cortine di fessure a fascio deviabile.
Oltre alle guide d'onda a sezione rettangolare esistono anche guide d'onda a sezione circolare, le quali, tuttavia, sono meno usate nella pratica perché in esse è più difficile eccitare il modo di propagazione corrispondente alla massima λc e, inoltre, hanno la peculiare caratteristica che il modo di propagazione corrispondente alla minima attenuazione non è quello a cui corrisponde la massima λc. Nelle guide d'onda a sezione rettangolare, invece, il modo di propagazione corrispondente alla minima attenuazione corrisponde anche alla lunghezza d'onda critica maggiore.
Anche per le guide d'onda è possibile, con opportune convenzioni, definire un'impedenza caratteristica Z0. Si applicano, quindi, anche in questo caso i concetti di adattamento precedentemente esposti. Una volta fissato il modo di propagazione, le perdite sono minime quando la guida d'onda è sede di onde progressive, ossia, analogamente a quanto avviene per le linee a due conduttori, quando la guida d'onda è chiusa sulla sua impedenza caratteristica Z0.
I sistemi adattatori d'impedenza sono generalmente costituiti da combinazioni di tratti di linea e di tratti di guida d'onda. Nella fig. 21 è schematizzato un adattatore d'impedenza per l'adattamento di una guida d'onda a un cavo coassiale. I due elementi variabili, corrispondenti a quelli indicati in fig. 16 b, sono costituiti da un tratto di cavo coassiale, cortocircuitato a un estremo (A), e da un tratto di guida d'onda, chiusa da un pistone scorrevole (B).
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