Vedi ANTEFISSA dell'anno: 1958 - 1994
ANTEFISSA
Il latino antefixum (plur. antefixa), derivato da ante (avanti) e figere (affiggere) indica, secondo Festo (p. 8), quae ex opere figulino tectis adfiguntur sub stillicidio, cioè ornamenti di terracotta fissati ai tetti sotto la gronda. In Livio (xxxiv, 4, 4), Catone il Maggiore lamenta che troppi Romani ammirino gli ornamenti corinzi ed ateniesi deridendo le a. fittili degli dèi romani, ma questo passo non consente di trarre conclusioni riguardo all'aspetto ed alla funzione delle antefisse. Informazione più chiara ci è data invece dallo stesso Livio (xxvi, 23, 4), con la notizia di un prodigio del 211 a. C., quando in aede Concordiae Victoria, quae in culmine era, fulmine icta decussaque ad Victorias, quae in antefixis erant, haesit neque procidit; per cui, in questo caso, la statua di Vittoria abbattuta in seguito a fulmine dal vertice del frontone o dal colmo del tetto ove era collocata quale acroterio (v. Acroterio), deve essere stata trattenuta ed impedita dal cadere a terra dalle figure di Vittoria terminanti gli embrici sopra la gronda. È perciò assai probabile che nel passo suindicato di Festo la lettura sub stillicidio (sotto la gronda) debba correggersi, come ha proposto K. O. Müller, in super stillicidium (sopra la gronda), se non vogliamo supporre che antefixum abbia avuto anche un senso più generale, meno preciso, di oggetto fittile affisso alla trabeazione ed al tetto di un edificio. Comunque sia, a., come termine architettonico moderno, indica esclusivamente gli ornamenti terminali degli embrici. Inventore di tali ornamenti fu, secondo una tradizione conservataci da Plinio (Nat. hist., xxxv, 152), il vasaio Boutades da Sicione (v.), nel VII (?) sec. a. C., il quale, lavorando a Corinto, primus personas tegularum extremis imbricibus imposuit, fu cioè il primo ad ornare con maschere gli embrici estremi delle tegole. Com'è naturale, le a. venivano usate per ornare specialmente edifici di riguardo e soprattutto i templi, ove non di rado pare che abbiano avuto anche una funzione apotropaica.
In Grecia e nell'Asia Minore l'a. era generalmente costituita, nel VII e nel VI sec. a C., semplicemente dalla chiusura terminale dell'embrice, assumendo una forma semicircolare o a frontone, secondo che l'embrice fosse del tipo laconico - semi-cilindrico - oppure corinzio, cioè somigliante a un tetto a doppia falda (v. Terracotta). La decorazione, dipinta o a rilievo basso policromato, consiste di ornamenti geometrici, a palmetta o a fior di loto, di una testa di Gorgone, di leoni, grifi o uccelli disposti araldicamente, qualche volta anche di motivi mitologici: Eracle con il suo arco, o Bellerofonte su Pegaso. Talvolta le a. semicircolari sono contornate da dentelli triangolari. Molte volte le a. erano collocate al disopra delle giunture delle tegole; in altri casi la parte inferiore di esse, scendendo in avanti, talvolta inserendosi nelle tegole, ne mascherava le giunture. Fra le importanti terrecotte architettoniche del VII e del VI sec. a. C., trovate a Corfù e, specialmente, in Etolia (a Sakonina, Thermos, Kalydon, Taxiarchis), per la maggior parte di accertata manifattura corinzia, spiccano numerose a. decorate con una testa femminile, eseguita in altorilievo su un fondo a forma di frontone o quadrato, sovente inserito fra i bordi rialzati delle tegole di gronda, decorati con teste maschili o sileniche perforate per servire da docce, cosicché la gronda assumeva l'aspetto di una sima laterale continua, ornata con una serie di teste alternativamente femminili e maschili (o sileniche). Inoltre a Thermos è stato rinvenuto un curioso esempio di a. semicircolare collocata dietro altre a. a forma di frontone che decoravano la gronda.
Mancavano generalmente le a. ai grandi templi arcaici della Sicilia e della Magna Grecia, perché in essi il sistema di rivestimento e decorazione fittile regolarmente includeva grandi sime laterali formate dalle tegole di gronda e non combinabili con l'uso di antefisse. Solo da edifici minori, privi di sime laterali, provengono alcune a., circolari o semicircolari, decorate generalmente a rilievo con teste femminili, di Gorgone o di sileno, e circondate qualche volta da corte baccellature o da palmette e volute, ricordanti la decorazione delle a. della Campania, del Lazio e dell'Etruria.
Il sistema corinzio di rivestimento architettonico fittile nel suo pieno sviluppo, raggiunto durante la seconda metà del VI e l'inizio del V sec. a. C., caratterizzato da forme razionali e tecnicamente perfette e da una voluta restrizione della decorazione ornamentale e figurativa, ci presenta un tipo costante di a., decorata a bassorilievo con un paio di volute, spesso intramezzate da un fior di loto pendente, e coronate da una palmetta emergente sull'embrice. Questo tipo di a. si mantenne, più o meno variato, in terracotta o in marmo, nei templi greci delle età posteriori, come si vede, per esempio, nel Partenone. Questo tempio ci dà anche un esempio di a. false, in quanto alternativamente una delle sue a. marmoree è disgiunta dagli embrici e collocata in corrispondenza di due file di essi.
In Etruria e nelle regioni d'Italia influenzate dalla cultura etrusca - Campania, Lazio, Umbria e la Valle Padana - ove l'uso di rivestimenti decorativi fittili dei templi durò più a lungo che non nel mondo greco, le a. assumevano forme svariatissime. Poiché nei templi etrusco-italici la base del cavo frontonale veniva originariamente trattata come un tetto, le a. decoravano non solo le gronde ai lati lunghi del tempio, ma spesso anche la linea orizzontale della base del timpano, come ci dimostrano alcuni tempietti fittili votivi e specchi etruschi e sarcofagi con coperchio a forma di tetto a due spioventi. Nel VI sec. a. C. le a. etrusco-italiche avevano generalmente ancora la forma di una testa femminile o di Gorgone, erano a rilievo policromato ed applicate alla estremità semicircolare dell'embrice, cosicché lasciavano sporgere solo l'orlo inferiore e, qualche volta, la parte superiore della testa. Contemporaneamente e più tardi compaiono però a. semicircolari di diametro un poco superiore a quello del coppo, decorate a rilievo, entro un bordo ornamentale, con motivi figurati mitologici: Eracle e il leone Nemeo, la cosiddetta πότνια ϑηρῶν o Artemide Persica, figure alate in corsa, sfingi alate disposte araldicamente, figure a cavallo, un sileno seduto, ecc.
Durante la seconda metà del VI sec. e nel corso del V sec. a C., le a. dell'Etruria, del Lazio e della Campania ci presentano una grandissima varietà di forme e di motivi. Accanto ad a. a testa di menade o di sileno (talvolta diademata o coronata di rosette), diventano comunissime le a. ove il motivo centrale, in forma di una palmetta, di un gorgonèion o di una testa di menade, di sileno, di Achebo, eccezionalmente anche di negro, è circondato da un nimbo che, innalzantesi sopra il coppo, viene decorato con strigilature, con palmette e fiori di loto o con altri motivi vegetali, eseguiti a rilievo e, qualche volta, pure a lavoro traforato. Fra le a. di questo tipo spiccano quelle a testa di Gorgone, di menade, di sileno e di Achebo, trovate al tempio detto di Apollo, a Veio. Queste che, a differenza della maggioranza di similari prodotti decorativi, non sono fatte per mezzo di matrici, bensì modellate a mano libera e con grande vigoria, sono opera della stessa scuola di Vulca (v.) dalla quale sono uscite le grandi statue fittili acroteriali (v. Acroterio), rinvenute nel medesimo luogo. A questo gruppo di a. si aggiungono quelle, pure numerose, rappresentanti la testa di Giunone Sospita circondata non più da un nimbo, ma dall'elmo stesso della dea, ornato con corna ed orecchie caprine e con una larga cresta trasversale. Un altro gruppo numeroso di a. etrusco-italiche del periodo arcaico più tardo, comprende a. costituite da intere figure o gruppi di figure, eseguite non più a rilievo sul fondo della chiusura dell'embrice, come nelle a. greche ed italiche già menzionate, ma a rilievo senza fondo, ed elevantesi sopra il coppo: tipo di a., questo, sconosciuto nel mondo greco, ad eccezione di un esemplare frammentario rappresentante il gruppo di un sileno e una menade, trovato ad Olimpia. Entro questo gruppo di a. si distinguono tre motivi diversi: coppie di sileni e di menadi rappresentati in attitudini di danza, di ebrezza, abbracciati, ecc., come ce li presenta splendidamente una serie di a. del tempio della Mater Matuta a Satrico (Museo di Villa Giulia, Roma); divinità ed esseri favolosi, come Arpie, un démone anguipede alato, e la cosiddetta Artemide Persica, reggente due animali felini; e infine, gruppi di indole narrativa: Aurora che rapisce Cefalo e Minerva che riempie la tazza di Eracle. Le a. a grandi figure, nonché quelle a testa circondata da un grande nimbo, sono rinforzate a tergo da un puntello ricurvo che unisce la parte superiore dell'a. all'embrice. L'uso di quasi tutti questi tipi di a. continuò anche nel periodo che va dal IV fino al I sec. a. C., con l'aggiunta di qualche nuovo motivo figurato, come, ad esempio, il genio alato e barbato, vestito all'orientale, che talvolta si alterna con a. dalla figura di Artemide Persica, comuni in questo periodo. Accanto alla grande massa di a. ripetute per mezzo di matrici, fanno la loro comparsa anche esemplari modellati a mano libera, qualche volta con grande maestria, come ci attestano i frammenti di a. riccamente policromate venuti alla luce nella contrada dello Scasato a Civita Castellana.
Nell'architettura romana, le a. vennero ridotte e semplificate, assumendo generalinente la forma triangolare delle a. greche normali a palmetta, e furono decorate regolarmente con la sola palmetta eretta e stilizzata, ma anche, qualche volta, secondo il gusto italico e romano, con motivi figurati a rilievo: Vittoria che porta un trofeo, un trofeo eretto sulla prua di una nave rostrata, ecc.
Bibl: C. Thierry, in Dict. Ant., I, p. 285 ss., s. v.; H. Koch, Studien zu den campanischen Dachterrakotten, in Röm. Mitt., XXX, 1915, p. 51 ss.; E. Douglas van Buren, Greek Fictile Revetments in the Archaic Period, Londra 1926; id., Archaich Fictile Revetments in Sicily and Magna Graecia, Londra 1923; H. Koch, Dachterrakotten aus Campanien mit Ausschluss von Pompei, Berlino 1912; A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-italic Temples, Lund 1940; C. Laviosa, in Arch. Class., VI, 1954, p. 217 ss.; P. Orlandini, in Arch. Class., VI, 1954, p. 251 ss.; VIII, 1956, p. 47.