ANTAGORA ('Ανταγόρας, Antagŏras)
Nato a Rodi, fu contemporaneo e amico dei filosofi accademici Crantore, Cratete e Polemone, l'ultimo dei quali diventò capo dell'Accademia nel 314-313 a. C. e morì tra il 276 e il 270. L'amicizia con gli ultimi due è provata da un affettuoso epigramma (Anth. Pal., VII, 103; Diogene Laerzio, IV, 21, che attinge da Antigono Caristio) scritto dopo la loro morte. Fu invece in cattive relazioni con Arcesilao, di cui si beffava in pubblico (Eliano, Var. hist., XIV, 26). Nel 276 si recò con Arato alla corte di Antigono Gonata (Antigon., ἐξ τοῖς περὶ ‛Ιερώνυμον, Vita Arat., III, p. 58 Westermann, cfr. Suida s.v. "Αρατος e Pausania, I, 2, 3). Un aneddoto di Egesandro in Ateneo, VIII, 340 (cfr. Plutarco, Quaest., sympos. IV, 4, 2), ce lo presenta come ὀψοϕὰγος (ghiottone) e uomo di spirito, in buone relazioni con Antigono. Scrisse un poema epico, la Tebaide, di cui non resta nulla, ed epigrammi. Oltre all'epigramma già citato, se ne conserva uno in Anth. Pal., IX, 147, nel quale si parla di un ponte sul Cefiso fatto costruire da uno Xenocle per il tempio di Demetra a Eleusi (cfr. Hiller von Gärtringen, in Hermes XXVIII, p. 469, che interpreta l'epigramma con l'aiuto d'un'iscrizione di Eleusi). Sono conservati anche (Diogene Laerzio, IV, 26) sette esametri sulla nascita di Eros (íl poeta non sa se Eros sia figlio dell'Erebo e della Notte, o di Cipride, o di Gaia, o dei Venti), che dovettero diventare subito celebri, se Callimaco ne imitava un verso (Inno a Zeus, 5) e Teocrito da essi prendeva lo spunto (Hylas, 2).