Mancanza del nome.
Il termine designa uno dei temi fondamentali dell’esistenzialismo. M. Heidegger lo descrive come lo stato dell’esistenza ‘inautentica’ (Uneigentlichkeit), per cui l’uomo, gettato nel mondo tra le cose e gli altri, perderebbe ogni carattere originale ed eccezionale, vivendo la vita del si (ted. man, fr. on) impersonale e neutro. Da questo stato di dispersione il singolo emergerebbe, conquistando il proprio essere ‘autentico’ attraverso l’angoscia.
In certi casi l’a. deriva da scarso interesse per la personalità dello scrittore, o anche dalla poca importanza attribuita dallo scrittore al proprio lavoro. Per opere dell’antichità e del Medioevo essa può essere causata dai sistemi stessi della tradizione, affidata a pochi esemplari manoscritti, in cui la soscrizione contenente il nome dell’autore poteva facilmente scomparire. Quando nei codici medievali alla soscrizione si sostituì il titolo premesso, si dava il caso che questo fosse tralasciato dall’amanuense perché il rubricator lo aggiungesse in inchiostro speciale con caratteri calligrafici, eventualmente ornati; l’opera del rubricator poteva poi mancare e lo scritto restare anonimo (o adespoto). L’a. rendeva facile la falsa attribuzione: l’opera diviene così pseudonima (o pseudepigrafa). La pseudonimia si spiega talvolta come una cosciente falsificazione indotta dal desiderio di dar pregio a uno scritto attribuendolo ad autore illustre. Tra gli scritti conservatici dai papiri molti sono anonimi per noi moderni soltanto perché mutili. Nell’età moderna l’a. e la pseudonimia nascono spesso per una precisa volontà dell’autore, che tiene nascosto il suo nome sostituendolo con uno fittizio, e dell’editore: per ragioni di prudenza nelle lotte politico-religiose o per motivi puramente letterari.