Vedi ANNIBALE dell'anno: 1958 - 1973
ANNIBALE
Generale punico, figlio di Ainilcare Barca, nato nel 247 a. C.
Nel 218, A. valicò con l'esercito i Pirenei e giunse, attraverso le Alpi, in Italia; vinse Scipione al Ticino, alla Trebbia e, l'anno successivo, al Trasimeno, proseguendo poi alla volta dell'Italia meridionale. Nel 216 inferse alle forze romane, comandate da L. Emilio Paolo e da Terenzio Varrone, una sanguinosa sconfitta. Nel 211, dopo aver occupato Capua, giunse di sorpresa fino alle porte di Roma. Capua cadde poco dopo ma A. vinse ancora a Verona (208). Dopo una sconfitta al Metauro e in seguito allo sbarco di Scipione in Africa (204), A. dovette abbandonare l'Italia. Dopo la sconfitta di Zama (202), fu costretto a chiedere la pace. Fu nominato suffeto a Cartagine, ma, accusato di connivenza con Antioco di Siria (196), dovette fuggire, raggiungendo Antioco ad Efeso. Una sua spedizione marittima contro Rodi ebbe esito infelice. Dopo la disfatta di Antioco presso Magnesia al Sipilo (190), A. si rifugiò presso Prusia di Bitinia, ma, per non cadere nelle mani dei Romani che esigevano che venisse loro consegnato, si avvelenò (183 a. C.).
Della fisionomia di A. l'unica caratteristica tramandataci dalle fonti letterarie è la semicecità dell'occhio destro dovuta a una flussione dalla quale venne colpito durante la sua marcia attraverso gli Appennini (Corn. Nep., Vitae, xxiii, 4), L'esistenza di statue di A. a Roma è testimoniata da un passo di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 32) che ricorda come gli abitanti di Thurii avessero innalzato ad A. delle statue in tre località di Roma. È più probabile che queste statue, ancora visibili ai tempi di Plinio, siano state portate a Roma, come bottino di guerra, dagli alleati dei Romani durante la seconda guerra punica.
In mancanza di sicuri fondamenti relativi all'iconografia di A., nessun valore possiamo dare alle identificazioni delle seguenti sculture come ritratti di A.:
a) una statua di metallo (bronzo?) di un uomo su un elefante, dell'altezza di un cubito, che nel sec. XVI faceva parte della collezione privata di Isabella Gonzaga a Roma; b) una statua nel Duomo di Messina, che faceva da contrapposto ad un'altra ritenuta di Scipione (probabilmente Adriano o L. Vero); c) un busto con elmo scoperto presso Capua (Napoli, Museo Nazionale; v.: Daniele, Ragionamento intorno ad un'antica statua di A. Cartaginese, Napoli 1781, fig. a p. 9; contra: Scotti, Dissertazione sopra un antico mezzo busto falsamente attribuito ad A., Napoli 1816). Dubbia è anche la medaglia descritta dal Bosio (Nota ad Nip. in Hann., I, pp. 612 e 619) raffigurante A. con la leggenda ΑΝΝΙΒΑΛ ΠΟΙΝΟΣ e che reca nel rovescio Giove semi-nudo con fulmine e scettro (probabile falsificazione).
Bibl: G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, I, Torino 1916, pp. 322, 405 ss.; II, pp. 10-474; IV, pp. 114 ss., 143 ss., 295 ss.; E. Pais, Storia di Roma durante le Guerre Puniche, Roma 1927, I, p. 197; II, pp. 46-230, 347 ss.; E. Groag, Hannibal als Politiker, Vienna 1929; V. Costanzi, in Enc. It., III, p. 359 ss.; per l'iconografia: O. Vessberg, in Acta Inst. Rom. regni Sueciae, VIII, 1941, p. 13.