RICCO, Annibale
RICCÒ, Annibale. – Nacque a Modena il 14 settembre 1844 da Felice, orefice e fotografo inventore di un procedimento di stampa a colori, e da Angelica Lodi.
Si laureò in ingegneria al Politecnico di Milano (1868) e a Modena in scienze naturali (1868). Assistente all’osservatorio di Modena, rimase nella città natale fino al 1877 come insegnante di matematica e in seguito di fisica all’Istituto provinciale tecnico.
Nel 1871 ottenne la libera docenza in geodesia e nel 1877 l’insegnamento della stessa all’Università di Modena. L’anno seguente vinse per concorso la cattedra di fisica tecnica alla Scuola d’ingegneria di Napoli e, due anni dopo, ottenne la stessa cattedra all’Università di Palermo. Fu nominato nel 1880 primo astronomo presso l’osservatorio di Palermo, del quale fu direttore dal 1889 al 1890. Nel 1890 fu chiamato, per chiara fama (legge Casati) e su indicazione di Pietro Tacchini, a ricoprire la cattedra di astrofisica, la prima in Italia, presso l’Università di Catania e la direzione del nuovo osservatorio etneo (oggi a lui intitolato), carica che mantenne sino alla morte, e del servizio geodinamico della Sicilia e circostanti isole.
Dal 1896 al 1898 fu preside della facoltà di scienze e rettore dell’Università di Catania dal 1898 al 1900. Fu membro, dopo il 1905, del comitato di presidenza della Società degli spettroscopisti italiani e presidente dell’Accademia Gioenia di scienze naturali dal 1898 alla morte, socio dell’Accademia dei Lincei, membro e vice-presidente dell’Unione astronomica internazionale e di numerose altre accademie e associazioni nazionali ed estere.
Nel 1910 fu nominato ispettore degli istituti nautici per l’astronomia e presidente delle commissioni di nomina ad astronomo e dei direttori degli osservatori. Ottenne il premio per l’astronomia dell’Accademia dei Lincei per i suoi lavori solari, la medaglia d’oro per l’astrofisica dell’Accademia di Francia, e il premio Janssen della Società astronomica di Francia (1914).
Fu pioniere nello studio sistematico della forma del disco solare all’alba e al tramonto, come anche dell’attività solare, evidenziando che le protuberanze solari seguivano la stessa legge di periodicità delle macchie. Negli undici anni passati a Palermo, eseguì numerose osservazioni planetarie (specialmente di Giove) e cometarie (comete 1881 III, 1882 I e 1886 VIII). Abile nel disegno, lasciò una copiosa documentazione iconografica delle sue osservazioni, interessandosi anche di fotografia astronomica.
Promosse e diresse le spedizioni italiane per l’osservazione delle eclissi totali a Vjatka (Russia, 19 agosto 1887), in Algeria (28 maggio 1900), a Torreblanca (Spagna, presso Alcalà, 30 agosto 1905), a Teodosia (Crimea, 21 agosto 1914). Dedicò particolare attenzione alle fotografie cometarie; segnalò per primo, nella testa della cometa di Halley, il cianogeno che tanto scalpore e timori produsse sulla stampa dell’epoca.
Non meno vasto fu il suo contributo geofisico, in meteorologia e sui fenomeni tellurici per l’intera Sicilia: le eruzioni dell’Etna, dello Stromboli e di Pantelleria, i terremoti calabro-siculi, i crepuscoli rosa prodotti dalle polveri vulcaniche, le variazioni di temperatura e di colore delle acque marine. In questa veste fu membro delle commissioni ministeriali per lo studio dei grandi terremoti nel 1904, 1905, 1908, 1914. La sorveglianza dell’Etna, in caso di eruzioni laviche o di terremoti, richiedeva di intervenire per i necessari rilevamenti, spostandosi a cavallo o a piedi fin nelle località più remote. Le sue ricerche gravimetriche rilevarono che l’edificio etneo ricopre un’immensa voragine. Inoltre, verificò che sul vulcano, come già sperimentato da spedizioni di studiosi stranieri, le condizioni dell’aria si presentano eccezionalmente favorevoli all’osservazione del cielo. Così, nel 1881, un preesistente rifugio (2941 m s.l.m.) fu ampliato e trasformato in osservatorio, dando concreta attuazione alla tendenza allora in corso nella comunità astronomica mondiale di utilizzare siti montani a fini osservativi.
Di giorno, oltre ai rilevamenti meteorologici e alla fornitura del segnale orario alla città, bisognava garantire la sorveglianza del Sole con rilevamenti fotografici e non, secondo gli accordi della rete mondiale di cui Catania si sarebbe dimostrata istituzione fondamentale. A Palermo, Pietro Tacchini aveva avviato dal 1865 il rilevamento sistematico dell’attività solare in Sicilia, mentre nel 1871, epoca di massimo dell’attività del Sole, aveva proposto la creazione della Società degli spettroscopisti italiani per il coordinamento, l’analisi e la pubblicazione delle relative osservazioni. A Catania, tale servizio fu svolto ininterrottamente dal 1892, con una collezione di dati che si sarebbe distinta tra le più omogenee e complete disponibili per gli studiosi di fisica solare.
Dalla morte di Pietro Tacchini nel 1905, lo studio del Sole fu portato avanti solo da Annibale Riccò, visto che la comunità astronomica italiana aveva spostato i suoi interessi dall’astrofisica alla meccanica celeste e alla geodesia. Come astronomo diede avvio, unico in Italia a parte la Specola pontificia, al progetto Carte du ciel per la zona affidata a Catania e rappresentò l’Italia nei congressi del 1891, 1896, 1900 e 1908.
Proposto dall’osservatorio di Parigi intorno al 1890, il progetto prevedeva la compilazione di un catalogo delle posizioni di tutte le stelle visibili fino all’11ª grandezza, da ricavare su triplice esposizione fotografica. A dimostrazione delle potenzialità dell’osservatorio di Catania, l’Italia riuscì a farsi assegnare le oltre 300.000 stelle osservabili tra le declinazioni 46°N e 55°N. Annibale Riccò si adoperò per ottenere, caso tra i primi nella storia della scienza postunitaria, una solidale collaborazione da parte degli altri osservatori della penisola, in modo che il lavoro del Catalogo non fosse solo ‘affare’ di Catania, ma figurasse piuttosto come frutto della comunità scientifica nazionale. Il progetto coinvolse, per decenni, i migliori nomi dell’astronomia italiana, animando una vera e propria scuola. Dopo mezzo secolo di lavoro, l’osservatorio di Catania, insieme a quello danese di Helsingfors, fu il primo a pubblicare, completandola e arricchendola, la sua parte di Catalogo, riportando, oltre alle coordinate rettilinee, anche quelle sferiche.
La vita scientifica di Annibale Riccò si chiuse con due grandi manifestazioni. L’adunanza del maggio del 1919 alla facoltà di scienze dell’Università di Catania per deliberare sulla relazione pertinente al grande Istituto vulcanologico etneo, progettato fin dal 1910, e la commovente chiusura (luglio 1919) della carriera e delle sue lezioni universitarie, per raggiunti limiti di età.
Morì il 23 settembre 1919 a Roma, di ritorno dal Congresso astronomico di Bruxelles dove era stato proposto come vicepresidente dell’Unione internazionale di astronomia. Qui, colto da malore forse per la spossatezza causata dei numerosi impegni e dall’età, si spense assistito dalla figlia Ada (ebbe altri sette figli), vedova del matematico Giuseppe Lauricella. Due giorni dopo cessò di vivere anche la moglie, Erminia Melloni di Cento, nata a Ferrara e rimasta a Catania.
Riccò ebbe commemorazioni non solo in Italia, ma anche all’estero. Con la sua scomparsa, unita a quella di Pietro Blaserna e di Elia Millosevich, la Società degli spettroscopisti italiani perse i suoi esponenti maggiori decretando de facto la rifondazione nella Società astronomica italiana (1920). Da ricordare, dopo due anni di intenso lavoro, la legge che prende il suo nome riguardante la percezione visiva dei colori (1877): la soglia assoluta, definita come la minima intensità di luce percepibile (per i bastoncelli è dell’ordine di pochi fotoni), dipende anche dall’area dello stimolo. La legge ha dei limiti nella zona della fovea rispetto alle zone periferiche della retina.
Cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia, a lui sono intitolate due piazze, una a Modena e una a Catania, una via a Roma, un asteroide (18462 Riccò) e un cratere lunare (75.6°N 176.3°E, diam. 65 km).
Opere. Oratore brillante e scrittore facile, lasciò più di 350 pubblicazioni. La maggior parte dei suoi lavori scientifici è reperibile nelle Memorie della Società degli spettroscopisti italiani e negli Atti (e Bollettino) dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. La cronologia dell’attività organizzativa e scientifica svolta a Catania è desumibile dagli annuari e dalle pubblicazioni dell’osservatorio astrofisico e dalle Relazioni annuali dell’Università di Catania. Sul sito dell’Università di Harvard (SAO/NASA Astrophysics Data System, ADS, http://adsabs.harvard.edu) risultano circa 200 lavori, per la maggior parte consultabili on-line, che coprono gli anni 1886-1919. Il tema maggiormente trattato è il Sole: occultazioni, cromosfera, macchie, raggio verde, eclissi, protuberanze, magnetismo, spettroscopia. Curioso lo studio del 1889 sulla dimostrazione della sfericità della Terra studiando l’immagine del Sole riflessa nel mare. Altri lavori riguardano la geofisica: misura della latitudine degli osservatori, sismologia, vulcanologia, specie dell’Etna, anomalie gravimetriche. Sul catalogo bibliotecario OCLC WorldCat e OCLC WorldCat Identities sono reperibili, con statistiche, circa 160 titoli che datano dal 1872 al 1914, con il periodo di massima produzione 1894-1914.
Fonti e Bibl.: Monthly notices of the Royal Astronomical Society, Obituary notices: Associates: R., A., 1920, vol. 80, n. 4, pp. 365-367; A. Malladra, Necrologie: A. R., in Bulletin Volcanologique, 1924, vol. 1, n. 1, pp. 81-85; C. Bonacini, Nel primo centenario della fondazione dell’Osservatorio di Modena (1827-1927), Modena 1927; G. Abetti, A. R., l’Accademia Gioenia e l’Osservatorio astrofisico di Catania, in Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania, s. 4, 1955, vol. 3, n. 1, p. 13; Enciclopedia medica italiana, XV, Firenze 1988, col. 2142, s.v. visione; C.S. Manfredini, A. M. R. e il suo “Osservatorio cosmico”. Storia del primo direttore dell’Osservatorio di Catania, protagonista dell’astronomia italiana e internazionale fra ’800 e ’900, in Logos, III (1996), 1, pp. 46-49; I. Chinnici, La Società degli spettroscopisti italiani e la fondazione di The Astrophysical Journal nelle lettere di G. E. Hale a P. Tacchini, in Atti del XVI Congresso di storia della fisica e dell’astronomia … 1996, a cura di P. Tucci, Como 1997, pp. 299-321; S. Cristaldi - A. Mangano, On some letters addressed to A. R. regarding the monument dedicated to the memory of Angelo Secchi, in Memorie della Società astronomica italiana, 1997, vol. 68, n. 3, pp. 655-660; G. Foderà Serio, Dalla Società degli spettroscopisti alla Società astronomica italiana, in L’astronomia in Italia, a cura di F. Bonoli, Napoli 1998; A. R., Il Sole, in Lezioni inaugurali 1861-1999, Parte seconda (1885-1926), a cura di G. Giarrizzo, Catania 2001, pp. 435-442; A. R., in Enciclopedia modenese, a cura di G. Silingardi - A. Barbieri, XVII (2002), pp. 66-67; M.U. Lugli, A. R.: astronomi modenesi tra Seicento e Novecento, Modena 2009; L. Prestinenza, Piero Tacchini e A. R. i due modenesi che rifondarono l’astronomia in Sicilia, in Coelum astronomia, 2010, n. 140, pp. 36-39.