MARGARUCCI, Annibale
– Nacque a San Severino Marche intorno alla metà del XVI secolo. Come molti membri della famiglia, attiva nella vita politica della città marchigiana, intraprese la carriera militare e si distinse in occasione della seconda spedizione militare pontificia in Ungheria, nel 1597.
All’imperatore Rodolfo II, impegnato sin dal 1593 nel teatro danubiano contro i Turchi, papa Clemente VIII aveva inviato già nel 1595 un contingente guidato da Gian Francesco Aldobrandini (marito di sua nipote Olimpia Aldobrandini). I preparativi per la seconda spedizione, condotta dallo stesso Aldobrandini, furono intrapresi nella primavera del 1597. I governatori dello Stato della Chiesa furono invitati a dare informazioni sui migliori candidati a incarichi militari e il M. ottenne il comando di una compagnia di fanti. Alla fine di maggio mosse con l’esercito verso Hall in Tirolo, si imbarcò sul fiume Inn e giunse a Vienna alla fine di giugno. Alla rassegna generale ultimata a Marech, ai confini con l’Ungheria, l’esercito pontificio rivelò una consistenza di circa 7500 unità: poco dopo, raggiunse il campo imperiale presso Ungarisch-Altenburg (Magyar-Óvár). Riguardo agli obiettivi della campagna, dopo aver scartato l’ipotesi di un assedio a Giavarino (Györ), fu deciso solo di tentare la conquista di Pápa.
Le operazioni iniziarono alla metà di agosto. Battute per sei giorni dalle artiglierie le difese esterne, il 19 agosto fu ordinato l’assalto generale. L’azione, cui partecipò anche il M., incontrò alcune difficoltà, per essere gli assalitori usciti allo scoperto all’attacco di un fossato piuttosto profondo. Ma l’intervento dei picchieri ebbe la meglio sui difensori, respinti verso la città alta. Dopo due giorni il presidio ottomano fece proposte di resa.
La conquista di Pápa fu il solo successo della campagna: nonostante le proteste di Clemente VIII, dopo qualche settimana di avvicinamento alle difese di Giavarino, in ottobre, appena giunta la notizia dell’arrivo di un esercito turco, le truppe pontificie e imperiali si ritirarono a Comar (Komárom).
Il M. ricevette un comando anche nella spedizione del 1601 in Croazia.
Gli arruolamenti, iniziati nella primavera del 1601, formarono un contingente di circa 9000 soldati che, imbarcato ad Ancona, avrebbe raggiunto il teatro delle operazioni attraverso Slovenia e Croazia. L’obiettivo era l’acquisto di Canissa (Nagykanizsa), ma le difficoltà logistiche, l’incertezza dei comandi, la morte del generale Aldobrandini provocarono, tra ottobre e novembre 1601, il totale fallimento della campagna. Il contingente pontificio, ridotto a circa 3000 soldati, fu avviato in Italia nel gennaio 1602.
Il M., dopo le esperienze in pesanti campagne, guadagnò la fama di essere «veramente soldato, [di cui] non ve n’ha molti nel suo servitio, e nel suo Stato la Sede apostolica» (Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat., 9626, c. 78: F. Savelli a C. Barberini, Ferrara, 29 luglio 1626). La sua carriera negli ordinamenti militari pontifici fu quindi rapida e prestigiosa.
Nei primi sei mesi del 1607 fu nominato capitano delle milizie di fanteria a Narni, nell’Umbria. Il posto di ufficiale negli ordinamenti territoriali non professionali non poteva però soddisfarlo. Poco dopo, passò fra gli ufficiali del presidio di Ferrara (devoluta alla S. Sede nel 1597-98), al comando di una compagnia alla custodia di una delle porte della città. Qui era ancora nel 1615, quando decise di rientrare in San Severino per sposarsi.
Tornò in servizio attivo nel 1623, in occasione di un nuovo impegno per l’esercito del papa: l’interposizione tra Francesi e Spagnoli in Valtellina, importante zona di transito attraverso le Alpi liberata con un’insurrezione nel 1620 dai Grigioni protestanti e presidiata dal 1622 dagli Spagnoli. L’iniziativa prese corpo nella primavera del 1623, con l’arruolamento di un contingente di 2400 uomini posto al comando del fratello di papa Gregorio XV, Orazio Ludovisi. Il M. ebbe un incarico di comando superiore con il grado di mastro di campo, al pari di Pietro Grosso e Sforza Marescotti.
Gli obiettivi dell’operazione non erano affatto ardui: le truppe pontificie avrebbero occupato al posto degli Spagnoli i forti della Valtellina, dei quali i più importanti erano Bormio, Sondrio, Tirano. Le truppe mossero dallo Stato ecclesiastico alla fine di aprile 1623 e nella tarda estate la maggior parte dei forti fu occupata: al reggimento del M. toccò il presidio di Sondrio. La morte di Gregorio XV e l’elezione di Urbano VIII portarono a un ridimensionamento dell’impegno nella valle. Il M. passò al comando del presidio di Chiavenna, ricevendo nel luglio 1624 il grado di governatore dell’armi dello stesso luogo.
Il quadro mutò radicalmente con l’invasione della Valtellina da parte di un esercito francese guidato da François-Annibal d’Estrées, marchese di Coeuvres: nelle settimane a cavallo tra il dicembre 1624 e il gennaio 1625, capitolarono i presidi pontifici di Poschiavo, Tirano, Sondrio, Bormio. Il 5 febbr. 1625 iniziò l’assedio francese a Chiavenna. Gli sforzi del M. resero la difesa molto efficace: un assalto generale francese fu respinto l’11 febbraio. Il progressivo assottigliamento delle riserve di viveri, tuttavia, non permise di resistere più di 29 giorni: il 9 marzo il M. firmò la capitolazione, ottenuta con condizioni onorevoli.
Il valore dimostrato durante l’assedio di Chiavenna valse al M. la piena fiducia dell’entourage barberiniano. Nel gennaio 1625, completato un consistente arruolamento di fanti (ufficialmente per difesa dello Stato della Chiesa, ma palesemente per mostrare la decisione del pontefice a rientrare in possesso dei forti valtellinesi), al M. toccò il grado di sergente maggiore del terzo comandato da Taddeo Barberini, nipote del papa, «con il soldo delli sessanta scudi, e ’l favore di servir Sua Eccellenza e della sua tavola, et casa» (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 9623, c. 69r: F. Savelli a C. Barberini, Ferrara, 28 febbr. 1626). Il M. rimase però nell’incarico poche settimane: nel marzo 1626 risultava in servizio come sergente maggiore di Federico Savelli, comandante di un reggimento posto a presidio dello Stato di Ferrara, mentre una spedizione di quasi 7000 uomini, al comando di Torquato Conti, fu inviata in Valtellina per rioccupare i forti.
Il M. chiese licenza di ritirarsi a San Severino, forse deluso per non essere stato destinato alla missione in Valtellina. Non essendogli stato concesso di lasciare il servizio, nel dicembre 1626, grazie all’appoggio
di Savelli, fu nominato governatore dell’armi di Romagna, con obbligo di residenza a Rimini e autorità di comando su tutti gli ordinamenti e le strutture difensive di quella provincia.
Il M. si rivelò un ufficiale superiore molto attivo e nel 1629 partecipò anche all’allestimento dei preparativi militari previsti in caso fosse contrastata la devoluzione del Ducato di Urbino alla S. Sede. Nello stesso anno, di fronte ai progressi delle armi imperiali nel Mantovano, gli fu altresì dato l’ordine di tenersi pronto a inviare come rinforzi al presidio di Ferrara due compagnie di milizia scelta della Romagna. Nel settembre 1631 fu nominato castellano della fortezza di Ferrara.
Rimase in carica fino alla morte, occorsa a Ferrara nel maggio 1640.
L’autore di una galleria di illustri capitani dello Stato della Chiesa, Vincenzo Scampoli, annovera il M. tra quelli della città di San Severino insieme con i congiunti Pierfrancesco (veterano di Lepanto) e Cornelio (m. 1622), impegnato nella prima campagna in Ungheria dell’Aldobrandini , giudicando che lo si dovesse «più riputar Colonna, che Colonnello della militia papalina» (Scampoli, pp. 132 s.). Di questa fama restò traccia visibile nel palazzo che la famiglia fece costruire nel Seicento a San Severino, del tutto assimilabile ai grandi palazzi barocchi romani.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Soldatesche e galere, Conti straordinari, bb. 93, in particolare il f. Ungheria 1601, cc. n.n; 94, in particolare il f. Conti di Matteo Pini; Arch. Giustiniani, 101, cc. n.n. (memoriale del M. a Paolo V); Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Particolari, 4, c. 331; Fondo Borghese, s. I, 60, c. 267; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 7864, 9522-9523, 9675, 9707; Die Hauptinstruktionen Gregors XV. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen 1621-1623, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1997, ad ind.; La legazione di Ferrara del cardinale Giulio Sacchetti (1627-1631), a cura di I. Fosi, I-II, Città del Vaticano 2006, ad ind.; V. Scampoli, Discorso apologico in difesa della militia ecclesiastica, Foligno 1644, pp. 132 s.; A. Da Mosto, Milizie dello Stato romano dal 1600 al 1797, in Memorie storiche militari, X (1914), pp. 426, 433; G. Brunelli, Soldati del papa. Politica militare e nobiltà nello Stato della Chiesa. 1560-1644, Roma 2003, ad indicem.