MARAZIO, Annibale
Nacque ad Alba il 25 luglio 1830 da genitori vercellesi: il padre Luigi era notaio, la madre, Gabriella Malpenga (terza moglie di Luigi) era sorella ed erede del barone G. Malpenga. Ad Alba compì i primi studi e, nel 1852, si laureò in giurisprudenza all'Università di Torino. La giovanile passione per la scrittura e le lettere lasciò il posto, dopo la laurea, a un'ansia di discussione e a un desiderio di visibilità che trovarono nell'impegno politico e nel giornalismo terreno d'elezione.
Nel periodo universitario, il M. aveva cominciato a collaborare con l'Eco delle provincie, giornale della Sinistra moderata stampato a Torino. Già nel 1854 sostituì A. Franchi nella redazione de Il Diritto, quotidiano della Sinistra subalpina, fondato a Torino in quello stesso anno e diretto da A. Depretis, C. Correnti, L. Pareto e G. Robecchi. Nel 1857 diventò redattore capo della testata e nel 1859 direttore e proprietario fino al 1860, quando il deputato sardo G. Sanna ne rilevò la proprietà per la somma di 72.000 lire. Schierato su posizioni rattazziane, il M. divenne nel 1861, su esortazione dello stesso U. Rattazzi, direttore de La Monarchia nazionale, dalle cui colonne molto lavorò per la creazione del "terzo partito". Mantenne questo ruolo fino al 1863 quando il giornale, assunto il nome de La Monarchia italiana, passò sotto la direzione di P. Ballanti. La breve esperienza nel 1865 come direttore de Le Alpi - giornale che dette voce alla protesta dei liberali torinesi contro la convenzione di settembre - fu solo una parentesi nell'ormai avviata carriera politica. Già nel 1864, infatti, nelle elezioni suppletive del maggio indette in seguito alla morte del marchese G. Benso di Cavour, il M. fu eletto per la prima volta deputato per il collegio di Santhià. Da quella legislatura - l'VIII - fino alla XIV mantenne le rappresentanza di questo collegio; nella XV, invece, rappresentò il terzo collegio di Novara. Nel 1868 sposò Maria Maddalena Martelli, da cui ebbe due figli, Alessandro (nato nel 1875) e Gabriella (nata nel 1883).
Dai banchi del Centrosinistra il suo esordio in Parlamento, nonostante la discreta oratoria e la buona cultura di base soprattutto su tematiche economiche, fu sottotono. Il 24 maggio 1871, tuttavia, pronunciò alla Camera un discorso contro gli aumenti di tasse proposti da Q. Sella, che gli valse la reputazione di grande esperto di questioni fiscali e dunque l'inserimento in numerose commissioni che di tale materia si occupavano. Nel luglio 1873, quando si formò il governo guidato da M. Minghetti, il M. fu dapprincipio suo tenace sostenitore, tanto da essere relatore in commissione della legge governativa in materia di assestamento del bilancio. Tuttavia, quando Minghetti cominciò ad adottare provvedimenti finanziari che di fatto proseguivano la politica tributaria di Sella, maturò il suo distacco dalla Destra. La decisione si concretizzò nel 1876, quando Minghetti annunciò alla Camera il raggiunto pareggio del bilancio e contestualmente presentò il progetto di esercizio diretto da parte dello Stato della rete ferroviaria. Il M. si fece allora promotore della fronda di una ventina di deputati, che abbandonarono la Destra passando ad appoggiare l'opposizione di sinistra.
Contribuì così a quella "rivoluzione parlamentare" che sancì la caduta della Destra e gli costò le accuse di voltagabbana al soldo dei vincenti. In ogni caso mostrò di essersi perfettamente inserito nel nuovo corso politico caratterizzato dal trasformismo come tecnica di governo. Al M. furono a più riprese proposti incarichi di rilievo: A. Depretis gli offrì il ruolo di sottosegretario agli Interni e sia G. Nicotera sia, successivamente, F. Crispi una prefettura a sua scelta tra sedi di prestigio. Ma egli declinò sempre tali offerte probabilmente ambendo a qualcosa di più che premiasse il cambiamento di fronte scelto a suo tempo. Nell'attesa continuò a ricoprire il ruolo di consigliere provinciale di Cuneo e fu insignito con onorificenze di prestigio (Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Ordine della Corona d'Italia, commendatore della Legion d'onore).
Infine venne il suo momento: nel terzo ministero Depretis (dicembre 1878 - luglio 1879) fu chiamato a ricoprire la carica di segretario generale del ministero delle Finanze e del Tesoro, il cui titolare era A. Magliani: carica che mantenne, sempre a fianco del "ministro della finanza allegra", anche nel successivo gabinetto Cairoli-Depretis (novembre 1879 - maggio 1881). Ancora una volta, però, un sodalizio che lo vedeva protagonista si ruppe: nel gennaio 1885 il M. si dimise accusando l'eccesso e la non oculatezza delle spese intraprese dal governo, e ciò benché nella relazione sulla situazione finanziaria per l'esercizio 1880-83 avesse avuto parole di elogio per la saggia e prudente direzione del ministero cui erano corrisposti risultati più che apprezzabili. Certo, il gesto non fu accolto con benevolenza negli ambienti parlamentari, tanto più che, ancor prima che le sue dimissioni fossero accettate ufficialmente, il M. espresse nella chiamata per appello nominale un "no" secco alle posizioni del governo sulle sedi generali delle società ferroviarie: una caduta di stile, imperdonabile anche per il ceto politico di quei tempi nella sua generalità non proprio lineare in tema di coerenza politica.
Il fatto è che, ancora una volta, il M. aveva subodorato le difficoltà della maggioranza e l'ennesimo incipiente cambiamento politico, sicché all'appuntamento elettorale del maggio 1886 si presentò come candidato dell'opposizione non solo nel collegio di Santhià e Vercelli - il "suo" collegio - ma anche in quello di Alba-Bra-Cherasco suscitando il fastidio dei tradizionali notabili locali. Pentarca dell'ultima ora, il M., per quanto massicciamente sostenuto dalla sua Associazione liberale progressista, uscì perdente dalla contrapposizione con i candidati ministeriali, ma si spianò la strada per una ennesima svolta politica. Uscì infatti vittorioso rispetto agli avversari in alcuni comuni del collegio, primo tra tutti Cherasco, di cui sarebbe diventato sindaco (dal 1898 al 1903 e dal 1907 al 1909) e, ormai approdato su posizioni crispine, poté rifarsi della sconfitta in occasione delle successive elezioni del novembre 1890, quando totalizzò 8046 voti contro i 7748 di M. Coppino.
A coronare le proprie ambizioni, nel 1894 il M. ottenne il regio assenso (patenti 12 luglio 1894) per il passaggio del titolo di barone di S. Maria Bagnolo, per maschi primogeniti dell'estinta famiglia Malpenga (quella materna). Acquisito il titolo nobiliare, la sconfitta alle elezioni del 1897 gli apparve ben poca cosa di fronte alla prospettiva della nomina a senatore del Regno, che si realizzò nel giugno 1900. Negli anni successivi, benché ancora membro della commissione Finanze (5 dic. 1904 - 8 febbr. 1909), rallentò molto la sua attiva partecipazione politica e si dedicò alla saggistica storico-politica pubblicando due opere: una riguardante la crisi del sistema parlamentare (Del governo parlamentare italiano, Torino 1904), l'altra le agitazioni dei lavoratori nel quadriennio 1901-04 (Il Partito socialista italiano e il governo, ibid. 1906). Ne iniziò una terza, incentrata sulla borghesia italiana, che non riuscì però a portare a termine.
Il M. morì a Torino il 23 genn. 1916.
Altre opere: Discorso sui provvedimenti di finanza, Firenze 1871; La situazione finanziaria e la questione dell'agricoltura, Torino 1885.
Fonti e Bibl.: Non esistono lavori specifici sul M. e sulla sua attività politica sia nella dimensione locale sia in quella nazionale, eccezion fatta per un capitolo dedicato alla sua candidatura nella tornata elettorale del 1886 in B. Taricco, Cherasco. Urbs firmissima pacis, Cherasco 1993, pp. 245-251. Brevi note biografiche in: T. Sarti, I rappresentanti del Piemonte e d'Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, pp. 519 s.; Id., Il Parlamento subalpino e nazionale…, Terni 1890, pp. 619 s.; G. Biagi, Chi è? Annuario biogr. italiano, Roma 1908, pp. 163 s.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori dal 1848 al 1922, II, p. 150; Torino, Biblioteca Reale, A. Manno, Il patriziato subalpino, vol. MANC-MARTINI (dattiloscritto), pp. 185 s.