GRIFFONI, Annibale
Figlio di Gaspare e di Francesca Fassi, nacque a Carpi tra il 1618 e il 1619: le due date sono riportate in modo alterno dagli autori locali. Nipote per parte di madre di Guido Fassi, architetto e ingegnere, dal quale prese avvio a Carpi la lavorazione dei manufatti in scagliola, ne fu uno dei più diretti allievi. Appartenne infatti alla prima generazione degli scagliolisti della scuola carpigiana; e proseguì l'attività artistica dello zio, continuandone i modelli di esecuzione, ma variando le possibilità decorative e funzionali delle opere con nuovi utilizzi specialmente nel versante dell'arredo sacro. La bottega del G. dovette rivestire una certa importanza a Carpi, se nel 1645 poteva sottoscrivere a nome dei locali operatori dell'"arte della meschia" una supplica al duca di Modena per ottenere l'esenzione dalla tassa daziaria sui propri prodotti imposta dalla Comunità di Carpi ritenuta ingiusta, gravosa e dannosa al commercio stesso dei manufatti (A. Guaitoli, pp. 31-34).
Dalle iniziali forme imitative di strutture architettoniche e monumentali in marmo e pietre naturali della produzione di Fassi, che imponeva nelle opere l'artificio illusionistico e mimetico dalla natura, l'attività del G. ampliò le potenzialità funzionali e ornamentali, portando il virtuosismo a esiti di maggior decoro, mediante l'uso di ornamentazioni in bianco e nero che rimandano al tratteggio delle incisioni, oppure creando partiture colorate sfumate. Nelle opere del G. l'utilizzo di entrambe le tipologie consente un effetto composito in cui il marmorizzato dei motivi geometrici che rimanda alle tarsie si accosta alla bicromia bianca e nera che imita le stampe e gli ornati di pizzi, merletti, ricami. Nei suoi lavori sono inoltre frequenti i riferimenti agli intarsi in madreperla, osso, avorio, su nere superfici di legno di derivazione artigianale fiamminga o veneziana. Il G. fu forse il primo seguace di Fassi a trasferire il decorativismo dalla tridimensionalità delle strutture architettoniche alla superficie piana del paliotto o dossale d'altare che avrà grande successo nella produzione in scagliola seicentesca.
Tra i lavori perduti assegnati all'artista da Cabassi, eseguiti a imitazione di stampe e con parchi colori negli impasti, si ricordano un quadretto da muro con S. Antonio di Padova siglato dal G., che si trovava nella sua collezione, e altri presso la famiglia Rocca, resi con il colore, con S. Chiara e un'altra santa francescana. Cabassi inoltre cita nella chiesa di S. Nicolò di Carpi i depositi funerari di Bernardino Cabassi e di Costanza Pozzuoli Maggi, realizzati in nero a finto marmo di paragone con ornati e lettere incise in bianco, tuttora esistenti e datati al 1637. Menziona, infine, camini di struttura monumentale "sul gusto ed architettura del celebre Jacopo Barozzi detto il Vignola", collocati in molte case di Carpi, realizzati con impasti policromi a imitazione di marmi scolpiti che furono distrutti per la maggior parte durante il XVIII secolo. Nella parrocchiale di Limidi si trovavano tre ancone per gli altari di S. Antonio Abate, S. Antonio di Padova e Ss. Pietro e Paolo con imitazione di porfidi, brecce, marmi policromi preziosi eseguite tra il 1654 e il 1656 (Cabassi, p. 100).
Di queste opere rimane nella chiesa il paliotto già sull'altare maggiore, come indica il calice eucaristico centrale, in cui le geometriche tarsie marmoree, secondo l'imitazione del commesso fiorentino e dei coevi lavori della bassa Germania, sono accostate ai bordi in bianco e nero a racemi che riprendono i motivi dei pizzi veneziani a fuselli. Tale tipologia iconografica viene ripresa in un analogo paliotto nell'oratorio di S. Francesco Saverio a Rolo, in un altro collocato nell'altare di S. Margherita da Cortona nella chiesa di S. Nicolò di Carpi e pure nella parrocchiale di Gargallo.
Due paliotti corredati dalla sigla "A.G.F.", rispettivamente nelle parrocchiali di Cavezzo e Motta, permettono facili confronti con le altre opere attribuite al Griffoni.
In essi figura l'accostamento delle policrome tarsie a finti marmi, dei decori in bianco e nero di racemi e pizzi con medaglie che portano su fondo nero immagini di santi che sembrano essere state riprese da stampe di carta. Inoltre nel manufatto di Cavezzo compare la ripartizione della superficie in tre riquadri divisi da paraste a candelabra, definiti dai bordi superiori orizzontali a racemi e pizzi, tipologia che sarà in modo continuativo rispettata dalla produzione carpigiana seicentesca e che troverà gli apici perfezionistici nei capolavori di G. Gavignani, allievo, appunto, del Griffoni. Sempre nella chiesa di Cavezzo esistono due pannelli murali di forma ottagona utilizzati un tempo a chiusura degli armadi per gli oli santi e le reliquie, eseguiti con ornati in bianco e nero, con gli usuali motivi dei festoni annodati, fiorati e fogliati. Analoghi motivi si trovano nella parrocchiale di Gavello, in paliotti a lui assegnabili dell'altare di S. Nicolò nell'omonima chiesa di Carpi, nel coro interno del monastero di S. Chiara, sempre a Carpi, e in numerose chiese parrocchiali nella Bassa modenese.
L'attività del G. contribuì a estendere la conoscenza della produzione della scagliola fuori dal circuito murario di Carpi, trapiantandone le novità nel territorio, sia nei contigui centri della pianura sia in alcune località più distanti dell'Appennino modenese. Si citano, per esempio, ancone e paliotti nella parrocchiale di Guiglia assimilabili per stile alle opere sia del G. sia del figlio Gasparo.
Il G. morì a Carpi il 12 nov. 1679 (Carpi, Archivio della cattedrale, Libro dei morti, IX, c. 197v, n. 239) e fu sepolto nella chiesa di S. Nicolò.
Il G. aveva sposato Margherita Bagazzotti da cui ebbe sei figli, tra cui Gasparo nato a Carpi il 25 apr. 1640 (Ibid., Registro dei battezzati, XVII, c. 267), che fu sacerdote e scagliolista come il padre. Fu anche studioso e conoscitore di musica tanto da essere nominato nel 1678 maestro di cappella nella chiesa collegiata di Carpi (Spinelli). Come scagliolista continuò e aggiornò i caratteri stilistici della produzione paterna per esempio nei paliotti d'altare, realizzati in gran parte in bianco e nero, oppure caratterizzati da un uso assai parco del colore. Morì il 29 nov. 1698 e non il 18 ottobre come riporta Cabassi (p. 101). La registrazione non si rinviene nei registri mortuari della cattedrale di Carpi, ma è menzionata nel Diario delle cose avvenute a Carpi… del coevo cronista Alfonso Piccioli (ms., p. 23). Il biografo Cabassi (pp. 100-102) elogia alcune opere di Gasparo in linea soprattutto con la produzione di G. Fassi. L'attività, forse iniziale, appare comunque in continuità con quella paterna nella parrocchiale di Motta. Al 1672 risale il maestoso ciborio o tabernacolo dell'altare maggiore a forma di tempietto ottagonale provvisto di nicchie, colonnine e armoniosa cupola su cornici sagomate, nel quale l'imitazione dei marmi e delle pietre abbina parti a rilievo con superfici a tarsie. Nella medesima chiesa restano le ancone di tre altari laterali, pure di disegno classicheggiante a finti marmi colorati, provviste dei relativi paliotti, due realizzati in bianco e nero, mentre nel terzo compaiono parchi riflessi policromi nella resa dei due vasi con fiori che racchiudono la medaglia centrale con la Crocifissione. La struttura degli ornati in questi paliotti e in altri di ambito carpigiano e modenese, attribuibili per assimilazione stilistica, appare del tutto semplificata: in genere la superficie centrale reca medaglioni con immagini religiose, simbologie, vasi di fiori o stemmi, ed è definita in alto da una doppia fascia di racemi e pizzi condotti in modo virtuosistico, nell'imitazione perfetta dei lavori ad ago, che spesso scende sui lati esterni a formare paraste a candelabre o si piega nella merlettatura traforata delle finte tovaglie.
Capolavoro di Gasparo può essere considerato l'altare della Pietà nella cattedrale di Carpi eseguito nel 1677. Esso si compone dell'ancona su colonne corinzie, paraste, trabeazioni e timpano a finto nero di paragone, marmi e brecce rosate dall'insieme pausato e classicheggiante quasi di ricalco neorinascimentale e del sottostante paliotto nel quale la superficie marmorizzata presenta finzioni architettoniche nella suddivisione a pilastrini e cornici che includono medaglioni a colori con l'immagine del Cristo in pietà, angeli e strumenti della Passione, sapientemente trattati nello sfumato quasi a rendere i passaggi tonali di veri e propri quadretti dipinti, anticipando in questo procedere le successive produzioni di G. Pozzuoli, G. Massa, G.M. Barzelli, M. Mazelli. Pure di indirizzo architettonico tradizionale è l'ancona dell'altare della Madonna del Rosario a Limidi del 1667. Tra i monumenti sepolcrali che Gasparo realizzò a Carpi si ricordano quello dell'arciprete Alessandro Bellentani (1692) nella cattedrale e l'altro del padre francescano Rodolfo Pio (1698) nella chiesa di S. Nicolò. Il G. eseguì, inoltre, quadretti per la devozione privata con cornici in rilievo a finti marmi e immagini a tratteggio bianco e nero, desunte da incisioni seicentesche.
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti citati nel testo, si veda: Carpi, Archivi comunali, Archivio Guaitoli, filza 181: Diario delle cose avvenute in Carpi dal… 1658… fino al… 1774 di A. Piccioli carpigiano… (copia ottocentesca), p. 23; filza 95, f. 12: Memorie di A. e don Gaspare Griffoni lavoratori di scagliola e della loro famiglia; filza 222: L. Tornini, Storia di Carpi. Dei matematici, architetti, scultori, pittori… (sec. XVIII), c. 330; filza 237: Serie cronologica di alcuni fra i più distinti lavoratori di scagliola…, cc. 9-10; filza 123, f. 5: Arti belle. Scagliola o meschia, c. 34; Ibid., Archivio del Seminario, Archivio Tirelli, Na, 44 bis: A. Sammarini, Notizie ed opere degli architetti, pittori… di Carpi (sec. XIX); Na, 47: Id., Lavori in scagliola (1879); G. Maggi, Memorie historiche della città di Carpi, Carpi 1707, p. 185; E. Cabassi, Notizie degli artisti carpigiani… (1786), a cura di A. Garuti, Modena 1986, pp. 98-102, 211-213; G. Tiraboschi, Notiziede' pittori, scultori, incisori ed architetti… di Modena, in Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, pp. 443 s.; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1808), II, Firenze 1970, Venezia 1838, p. 57; P. Guaitoli, Carteggio fra… Tiraboschi e… Cabassi, in Memorie storiche e documenti sulla città… di Carpi, VI (1894-95), pp. 190, 501-505, 507-509, 635, 666; A.G. Spinelli, Notizie spettanti alla storia della musica,ibid., X (1900), pp. 105 s.; A. Guaitoli, L'arte della scagliola a Carpi nel XVII e XVIII secolo, Carpi 1928, pp. 30-34, 51-53; E. Neumann, Materialen zur Geschichte der Scagliola, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, LV (1959), pp. 90-98; C. Contini, La scagliola carpigiana, Modena s.d. [ma 1967], pp. n.n.; R. Cremaschi, L'arte della scagliola carpigiana nei secoli XVII, XVIII e XIX, Mantova 1977, pp. 44-47; A. Colombi Ferretti, I paliotti in scagliola, in Vita di borgo e artigianato. Cultura popolare dell'Emilia Romagna, Cinisello Balsamo 1980, p. 222; G. Manni, Arte e arredo: la scagliola, in Mille mobili emiliani. L'arredo domestico in Emilia Romagna dal XVI al XIX secolo, Modena 1980, p. 167; A. Garuti, La cattedrale di Carpi, in A. Garuti - D. Colli - R. Pelloni, Un tempio degno di Roma. La cattedrale di Carpi, Modena 1987, pp. 24, 92; G. Manni, in Arte emiliana, dalle raccolte storiche al nuovo collezionismo, a cura di G. Manni - E. Negro - M. Pirondini, Modena 1989, p. 247; A. Garuti - D. Colli, Carpi. Guida storico artistica, Reggio Emilia 1990, pp. 102, 168, 194-196, 198, 219, 245, 264, 316; A. Garuti, La scagliola…, in A. Garuti - D. Colli - R. Pelloni, La scagliola carpigiana e l'illusione barocca, Modena 1990, pp. 73, 79, 155 s., 164, 180 s., 184, 189, 194; Id., La chiesa di S. Nicolò di Carpi come continuità di valori artistici e storici, in A. Garuti - D. Colli - R. Pelloni, S. Nicolò in Carpi, un modello del classicismo emiliano, Modena 1992, pp. 29, 102, 106, 152; V. Lucchese, G. Gavignani e la scagliola carpigiana…, Trento 1996, pp. 13, 37; G. Manni, A. e Gasparo Griffoni, in I maestri della scagliola in Emilia Romagna e Marche, Modena 1997, pp. 19 s.; A.M. Massinelli, Gli artisti carpigiani, in Scagliola, l'arte della pietra di luna, Roma 1997, pp. 95-98; G. Mandolini, L'arte della scagliola nel barocco marchigiano, Roma 1997, pp. 36 s., 152, 154; A. Garuti, Un infinito spettacolo fra natura e artificio…, in D. Colli - A. Garuti - G. Martinelli Braglia, I secoli della meraviglia. Il Seicento e Settecento, Modena 1998, p. 108; A. Garuti, Architettura e aspetti artistici della parrocchiale di Gavello, in Da Gabellum a Gavello. Storia di una chiesa e del suo territorio, Modena 2002, pp. 69 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 29 s.