GONZAGA, Annibale
Nacque nel 1602, figlio cadetto di Ferrante Gonzaga di Bozzolo (1550-1605) e di Isabella Gonzaga di Novellara.
Il padre, che nel 1565 aveva ricevuto il titolo di principe dell'Impero, partecipò alla battaglia di Lepanto e combatté sotto Alessandro Farnese nei Paesi Bassi. Verso il 1600 partecipò alla "lunga guerra turca" in Ungheria con il grado di maestro di campo generale. Al servizio nelle armate cesaree furono anche i fratelli del G., Federigo, Luigi e Camillo. Il fratello Scipione (1596-1670), erede del principato di Bozzolo, servì nel 1634-41 gli imperatori Ferdinando II e Ferdinando III come ambasciatore presso papa Urbano VIII. Un altro fratello, Alfonso, marchese di Pomaro, parteggiò invece per Carlo di Nevers e sostenne il ramo filofrancese dei Gonzaga. Nel 1616 la madre del G. sposò in seconde nozze il futuro duca di Mantova Vincenzo II Gonzaga.
Da giovane, il G. si recò in Germania per prendere parte alla guerra scoppiata nell'Impero con la rivolta della Boemia nel 1618. Sembra che sia entrato dapprima nell'esercito della Lega cattolica, dato che di lui si hanno notizie per la prima volta nel 1629, quando, con il grado di luogotenente, era agli ordini del feldmaresciallo bavarese Gottfried Heinrich von Pappenheim. Dal 1631 risulta negli effettivi dell'armata come colonnello, cioè titolare e comandante di un reggimento creato nel 1625, composto da sei compagnie di corazzieri tedeschi e facente parte del corpo d'armata imperiale (il comando di un reggimento di archibugieri nel 1632 attribuitogli in Documenta Bohemica, V, p. 422, è verosimilmente notizia erronea). Nel 1632 si distinse nella battaglia di Lützen.
Non è accertata la presenza del G. tra gli ufficiali che il Wallenstein convocò nel suo quartier generale a Pilsen dall'11 al 13 genn. 1634 per fare loro prestare un giuramento che legasse l'armata alla sua persona in contrapposizione all'imperatore; il cognome Gonzaga si trova fra le firme dei partecipanti privo del nome di battesimo.
Mentre nell'estate 1634 gli Svedesi controllavano l'intera Germania meridionale, il G., aggregato al corpo d'armata di Johann Aldringen, combatté in Franconia e nell'Alto Palatinato. Nella battaglia di Nördlingen, il 6 sett. 1634, comandò venti compagnie di cavalleria e gli fu ordinato di portare all'imperatore, direttamente dal campo di battaglia, la notizia della vittoria sugli Svedesi. L'incarico, di grande prestigio, dimostra che il G. era già nel gruppo degli ufficiali di primo piano nel nuovo comando supremo di Ferdinando III e del luogotenente generale Mattia Galasso. Su incarico di quest'ultimo, nella primavera del 1635, il G. soggiornò a Vienna per negoziare con l'imperatore a proposito della prosecuzione della guerra, del finanziamento e dell'armamento dell'esercito. Prima dell'inizio della nuova campagna fu promosso sergente generale di battaglia.
Nel gennaio 1639 il G. fu inviato alla corte spagnola per condurre delle trattative. Ricevette poi ulteriori promozioni con la nomina a generale delle artiglierie (Feldzeugmeister) e a membro del Supremo Consiglio di guerra il 20 sett. 1639 e con quella a comandante della piazza di Vienna nel 1640. Il 5 dic. 1642 gli fu conferito il comando supremo di tutta l'artiglieria imperiale al posto di E.R. Suys caduto prigioniero. Nel 1643 dovette così dimettersi dal suo vecchio reggimento, perché i nuovi compiti gli impedivano di comandarlo personalmente e Ferdinando III aveva respinto la proposta di affidarlo a un tenente colonnello.
La carica di comandante militare di Vienna acquistò un'importanza ancora maggiore, quando dopo il 1640 la situazione militare, aggravatasi drammaticamente per la parte imperiale, impose di prepararsi all'eventualità che anche la capitale dovesse essere difesa. In effetti, già nel 1645, dopo la battaglia di Jankau, Vienna e tutta la Bassa Austria furono direttamente minacciate da un attacco degli Svedesi e dall'avanzata del principe Giorgio I Rákóczy di Transilvania, entrato in guerra nel 1643. Il pericolo divenne di nuovo acuto negli anni 1663 e 1664 quando, dopo attacchi turchi fino nell'Ungheria occidentale, si temettero minacce anche su Vienna. In collaborazione con l'ingegnere militare Giacomo Tensini, il G. ottenne grossi vantaggi dalla trasformazione della cinta muraria in una moderna e solida cinta difensiva. Sul lato del Danubio, al posto di una costruzione della metà del XVI secolo rimasta incompiuta, fu eretto un bastione che, con il nome di bastione Gonzaga, rimase in piedi fino al 1859, quando fu demolito nel quadro della ristrutturazione urbanistica voluta dall'imperatore Francesco Giuseppe (lo ricorda oggi un vicolo Gonzaga).
La pace di Vestfalia del 1648 non pose fine alla carriera militare del G., che anzi fu investito in misura crescente anche con uffici di corte, incarichi politici e diplomatici. Un ruolo degli incarichi della corte di Ferdinando III del 1655 lo riporta con l'ufficio di grande scudiero. Soprattutto, in questo stesso anno o poco prima, divenne membro del Consiglio segreto, alle cui riunioni partecipò con regolarità. Sulla nomina del G. il residente veneziano G. Giustinian, nella relazione finale sulla sua ambasceria il 25 febbr. 1655, riferisce in questi termini: "Il marchese d. Annibal Gonzaga è stato ultimamente promosso. Egli ha parti degne del suo sangue, esperienza più militar che politica; non ha gran studio, essendo allevato fra l'armi, né pretensione di gran statista" (Fiedler, I, p. 403).
Per motivi d'età il G. rinunciò al comando supremo dell'armata austriaca costituita nell'aprile-maggio 1657 per portare aiuto alla Polonia contro la Svezia nella guerra del Nord. L'incarico fu dato a Raimondo Montecuccoli. Tuttavia, dopo la morte di Ferdinando III (2 apr. 1657), il G. fu subito accolto nella più stretta cerchia di consiglieri del giovane e inesperto re Leopoldo I. Già nell'autunno 1657 ricevette come segno di particolare riconoscimento il Toson d'oro. Dopo la campagna d'Ungheria del 1658 divenne vicepresidente del Supremo Consiglio di guerra, nel 1660 feldmaresciallo, nel 1662 maggiordomo di corte (Obersthofmeister) dell'imperatrice vedova Eleonora, pure lei una Gonzaga, e nel 1665, infine, presidente del Supremo Consiglio di guerra, al posto del principe Wenzel E. von Lobkowitz, divenuto a sua volta maggiordomo di corte.
Nel Supremo Consiglio di guerra il G. dovette occuparsi in particolare della situazione in Ungheria e in Transilvania, dato che le iniziative belliche di Giorgio II Rákóczy e dei suoi successori rendevano sempre più difficile evitare l'allargamento delle operazioni militari nei territori dell'imperatore e con ciò una nuova guerra contro i Turchi. In un dettagliato rapporto del 27 marzo 1658 il G. e gli altri consiglieri intimi e deputati che si trovavano a Vienna (la maggior parte dei consiglieri era a Francoforte sul Meno, al seguito di Leopoldo per la cerimonia dell'elezione e dell'incoronazione imperiale) esposero la pericolosa situazione che si era venuta a creare. Al Rákóczy, già principe di Transilvania destituito dai Turchi, difficilmente si poteva impedire di usare i suoi estesi possedimenti nell'Ungheria regia come base per la riconquista del paese. Contro l'orientamento dei proprietari terrieri ungheresi, la relazione consigliava di non sostenere il Rákóczy e di rassicurare la Sublime Porta sulla inalterata, sincera volontà di pace dell'imperatore. Al contempo, però, si sottolineava la necessità di spostare truppe in Ungheria dai territori ereditari e di allertare le piazze di frontiera, e si prendeva la decisione di schierare dieci reggimenti al comando del G. a Kaschau (in slovacco Košice). Le truppe, mobilitate in maggio, furono però trattenute a Komorn (in slovacco Komárno), molto distante dalla zona della crisi, e ritirate prima dell'avvento dell'inverno. Battista Nani, che pochi mesi dopo, il 7 genn. 1659, relazionò sulle sue esperienze di ambasciatore veneziano a Vienna, presenta il G. come uno dei più importanti consiglieri segreti di Leopoldo I: "D. Annibale Gonzaga, hora vicepresidente di guerra, perché il presidente ch'è il prencipe di Locowitz sta quasi sempre con cupi pensieri lontano da corte, è prudentissimo e forse più di quello egli si curi mostrarsi. Ama di sfuggire l'emulatione et i travagli. Contento di quello che gode, mal volentieri s'inoltra negl'affari. Gl'ha però convenuto abbracciare il commando dell'armi nell'Ongheria, dove forse continuerà, ma con pensieri tanto cauti e massime talmente rimmesse che né fomento attendono gl'Ongheri né calore il Ragotzi" (Fiedler, II, p. 11). A proposito della campagna del 1658, Nani sottolinea in particolare la condotta prudente del G. e il tentativo di disinnescare il pericolo di guerra, riconoscendogli inoltre di agire senza ambizioni personali.
In un manifesto alle nazioni della Transilvania nel 1659 e in una lettera al visir di Ofen dell'11 agosto dello stesso anno il G. continuò a sostenere la politica della corte viennese, che nei confronti dell'Impero ottomano fu in questo periodo piuttosto oscillante. Nei consigli dell'autunno 1660, dopo la caduta di Grosswardein (in romeno Oradea) e il diffondersi di notizie su piani dei Turchi per un'ulteriore repressione in Transilvania, nonché successivamente, dopo rinnovate minacce di guerra nel 1662, il G. condivise il partito del principe Johann Weikard von Auersperg, che riteneva sbagliato incoraggiare i nemici con ulteriore arrendevolezza e chiedeva di stabilire obiettivi politici precisi, da perseguire, se necessario, anche con mezzi militari. Un simile modo di pensare emerge anche nella presa di posizione del G. nel conflitto dell'Impero contro la Francia di Luigi XIV. Probabilmente in base a considerazioni di natura militare, sia il G. sia l'Auersperg, in dissenso con l'orientamento dell'imperatore e della maggioranza del Consiglio, erano contrari a una politica di compromessi e rinvii di pronunciamenti militari ormai inevitabili. Peraltro, l'atteggiamento personale del G. verso l'Auersperg non può che essere stato ostile: questi, nel 1665, sparse la voce che il G. voleva diventare il favorito dell'imperatore e che doveva la sua posizione di prestigio solo alla protezione dell'imperatrice vedova, insinuazioni che Leopoldo stesso smentì recisamente. Riferendo il pettegolezzo al suo ambasciatore in Spagna, Leopoldo dichiarò come unica ragione della fiducia che nutriva per il G. il fatto che egli "è un uomo leale e fedele servitore della nostra casa" (Pribram - Landwehr, p. 143).
I disturbi dell'età e di salute dopo il 1658 non consentirono al G. di intraprendere altre campagne militari. All'inizio del 1660 fu però incaricato di missioni diplomatiche presso i principi di Brandeburgo e di Sassonia: nella fase finale della guerra del Nord, mentre le potenze impegnate preparavano a Oliva la pace (3 maggio 1660), a Vienna si ritenne prudente, nel caso le trattative fallissero, di trovare nuovi alleati e di assicurarsi da quelli di vecchia data la disponibilità a proseguire la guerra. Peraltro, l'Austria incoraggiò la disponibilità generale al compromesso e collaborò per una rapida conclusione delle operazioni militari. Il G. si recò dapprima a Berlino, dove le trattative con l'elettore Federico Guglielmo I, alle quali prese parte anche il Montecuccoli, iniziarono il 21 aprile. Da discutere erano innanzi tutto le rispettive posizioni di fronte alla disponibilità alla pace della Polonia e della Danimarca e al pericolo di ulteriori interventi della Francia. Insieme bisognava trattare i particolari dell'eventuale prosecuzione della campagna militare e l'ammontare dei sussidi al Brandeburgo. Il fatto che Leopoldo I preferisse porre fine all'impegno militare non incontrò la resistenza del sovrano di Prussia. Il 3 maggio il G. fu congedato da Berlino e si poté recare a Dresda, dove obiettivo della sua missione era il reclutamento della Sassonia come alleato. La pace conclusa nel frattempo tolse a questa missione la sua importanza effettiva e il G., dopo un soggiorno molto breve, rientrò a Vienna. Nel novembre dello stesso anno fu proposto per una nuova ambasceria, allorché l'imperatore a causa del forte pericolo turco volle chiedere aiuto militare o finanziario alle corti italiane, compresa quella pontificia. Ma la missione fu affidata ad altri, perché il G. sembrò una personalità di rango troppo elevato per un compito di così basso profilo.
All'anno successivo risale un'altra testimonianza lusinghiera di un diplomatico veneziano sul Gonzaga. Il 27 sett. 1661 A. Molin lo descrive così tra i consiglieri imperiali: "Il s. prencipe Gonzaga vicepressidente di guerra è signore oltre la sua gran nascita di molta esperienza militare, e vecchio servitore della Casa, havendo continuato sin da' verdi anni il suo degno servitio. Ha gran talenti, e con una matura prudenza sa cavarsi dalla meschia delle passioni della Corte in modo che conserva una decorosa indipendenza che lo rende venerabile nell'universale, et all'Imperatore molto grato e stimato. Egli certamente gode una gran stima nella Corte, e la sua sagacità è un fuoco morto ch'opera senza farsi sentire, e farà sempre gran brecchia nell'avanzarsi ad ogni gran posto" (Fiedler, II, p. 61).
Il G. morì a Vienna il 2 ag. 1668 e fu sepolto nella chiesa dei francescani.
Aveva sposato in prime nozze Edvige Maria di Sachsen-Lauenburg (1634) e in seconde Barbara di Czáki. Anche la seconda moglie, come pure i figli, gli premorirono. La sua famiglia acquisì la signoria di Freideck nella regione di Ybbs e nel 1651 fu accolta nella nobiltà signorile della Bassa Austria. Nel 1659 ottenne la cittadinanza ungherese e nel 1663 la concessione del titolo di principe dell'Impero per tutti i territori ereditari austriaci. Alla presidenza del Supremo Consiglio di guerra dell'Impero gli successe il Montecuccoli.
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