GUASCO, Annibale Giuseppe
Nacque ad Alessandria il 19 marzo 1540, secondogenito di Cesare di Annibale, dei signori di Spigno, e di Laura Guasco, appartenente a un altro ramo della famiglia.
Compì i primi studi presso i domenicani di Alessandria; in seguito si trasferì a Pavia, dove si addottorò in legge. Per quanto riguarda la biografia pubblica, è il G. stesso ad ammettere di non avere avuto grandi "occasioni […] di servir prencipi, essercir segretarie, travagliare et esser travagliato in corte" (Lettere, Trivigi 1603, c. [4v]). Nei primi anni Novanta diede inizio a una defatigante ricerca di "qualche onorato servizio" e, sebbene "pochissimo inclinato" a tali "prattiche" (ibid., p. 237), nonché "a mutar professione e vita", a un certo momento si decise ad avanzare una non meglio precisata "pretensione in Ispagna" (ibid., p. 203), ma la sua candidatura non fu presa in considerazione, né miglior esito ebbe un'altra "prattica" di poco posteriore per un analogo "carico" (ibid.). Del resto, la sua partecipazione alla vita pubblica alessandrina appare abbastanza tardiva, anche per via di un lungo soggiorno pavese (il secondo, dopo quello universitario) fra il 1578 e il 1585. Solo con la radicale Reformatio regiminis del 1589 il G. sembra finalmente entrare nel vivo della politica cittadina.
Tale riforma amministrativa, da tempo sollecitata dall'aristocrazia fondiaria di origine forestiera (nobili di Comune), fu messa in opera a partire dal 19 genn. 1589 dal governatore Rodrigo di Toledo (che l'anno prima aveva sposato la vedova di Scipione, fratello del G.) e dal senatore milanese Alfonso Gallarati, delegati a tale ufficio dal governatore di Milano Carlo d'Aragona. Essa, oltre ad abolire la tradizionale divisione della città in quartieri e in consorterie guelfe e ghibelline (cui era vincolata l'assegnazione delle magistrature), sostituiva all'istituto di origine comunale dell'anzianato - consiglio ristretto riservato alla nobiltà locale (di Popolo) - un sistema di governo più articolato e più saldamente legato al potere centrale spagnolo.
Il G., appartenente a un'illustre famiglia guelfa di Comune, lodò con enfasi queste innovazioni in un'orazione, che, dopo essere stata recitata dinanzi al nuovo consiglio cittadino, fu, su suggerimento degli esecutori della riforma, rielaborata e pubblicata nello stesso 1589, per i tipi di E. Quinciano, con il titolo Oratione… nella riforma del publico governo della città d'Alessandria.
Dopo un lungo excursus sul tema politologico classico della migliore forma di governo, l'Orazione approda alla conclusione che "quanto più s'avicinano le Republiche al reggimento d'un solo, tanto sono elle di maggior perfezzione" (c. 10v); continue lodi vengono profuse al sovrano spagnolo e al "glorioso scettro" della Casa d'Austria, tanto più desiderabile di una "mal governata libertà commune" (c. 36v); l'anzianato è liquidato come istituto ormai "intepidito" e obsoleto. Ferma è, tuttavia, la deprecazione delle storiche "parzialità e fazzioni" cittadine (c. 35v).
Un esempio eloquente del perdurare di un'accesa rivalità fra le due principali fazioni cittadine si trova nella biografia del G., che intorno al 1605 fu personalmente coinvolto in un aspro contenzioso con la famiglia rivale degli Arnuzzi, guelfa di Popolo, per una vicenda legata al restauro della chiesa di S. Siro, sede dei padri somaschi, di cui gli Arnuzzi avevano il diritto di patronato. Nel corso dell'ultimo decennio del Cinquecento il G. fu investito di un imprecisabile ruolo di mediazione politica, tra il governo cittadino e le autorità spagnole, che lo portò a dividersi fra Alessandria e Milano. Sul finire del secolo si vide inoltre assegnare diversi incarichi di rappresentanza che attestano un certo prestigio pubblico: nel settembre 1598 fece parte di una delegazione mandata a Milano per giurare al governatore Juan Fernández de Velasco la "continuazione della fedeltà" al nuovo re di Spagna Filippo III (Lettere, p. 334); nel febbraio 1599 fu tra gli ambasciatori incaricati di porgere a Margherita d'Austria, di passaggio per Alessandria, i rallegramenti della città per le sue imminenti nozze con il sovrano spagnolo; nel settembre 1600 fu a Genova a rendere omaggio, sempre "in nome della patria", a Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes, che subentrava al Velasco nel governo del Ducato di Milano; nell'aprile 1605 gli fu dato l'incarico di approntare imprese per la nascita dell'infante Filippo (futuro Filippo IV di Spagna); nel 1609 ricoprì la carica - di speciale importanza nel nuovo assetto del Comune alessandrino - di giudice delle vettovaglie. Negli anni successivi, funestati dalla guerra di Monferrato, il G. si adoperò variamente "in servigio della patria", anche, in verità, per contenere gli ingenti danni economici che il conflitto arrecava a quanti, come lui, possedevano "beni in contado" (ibid., p. 173).
Il debutto del G. sulla scena letteraria ebbe luogo nel 1567, con un contributo alla prima pubblicazione ufficiale dell'Accademia degli Illustrati di Casale Monferrato: fra le Lagrime (Trino, G.F. Giolito de' Ferrari) alla memoria della duchessa di Monferrato e Mantova Margherita Paleologo compare anche una canzone del giovane G. (cc. 22r-23v), registrato nell'opuscolo con il nome accademico di Tenebroso. Occorre tuttavia attendere il 1575 per trovare un altro volume con il nome del G. sul frontespizio: si tratta delle Rime (Pavia, G. Bartoli), cui faranno seguito, nel 1579, un Secondo volume delle rime (ibid., G.A. Viano) e, nel 1581, una ristampa del Primovolume […] riveduto dall'autore, et insieme il secondo volume (ibid.). Le rime del primo volume sono "composte quasi tutte in sua puerizia" (c. [2v]); quelle del Secondo, prevalentemente d'occasione, sono corredate da "alcune prose" erudite di origine accademica. Nel 1577, dalla stamperia giolitina di Trino, uscì una Quaestio… utrum inter animas humanas alia sit essentialiter perfectior alia, di impostazione aristotelico-tomistica, in forma dialogica (interlocutori lo stesso G. e il suo primo precettore, il domenicano Raffaele Domenichi da Lucca), in cui il G. diede saggio della propria cultura filosofica e teologica; una ristampa fu eseguita ad Alessandria, per E. Quinciano, nel 1600, con un titolo semplificato (Disputatio… deanimarum humanarum aequalitate) e con la "giunta" - in polemica con il teologo portoghese Luiz de Beja Perestrelo - di due trattati dedicati alla questione giuridica "an ex legis divinae praecepto teneamur iniuriam in scriptis inimico relaxare".
A ridosso della pubblicazione del Boccaccio espurgato da Lionardo Salviati (Venezia, Giunti, 1582), il G., "amator grandissimo del Decamerone" (Lettere, p. 34), colse l'occasione per pubblicare un elaborato rifacimento della novella IV, 1, La Ghismonda, composta in ottava rima… (Pavia, G. Bartoli, 1583), corredato dal testo della novella tratto dall'edizione Salviati (una ristampa Venezia, A. Vecchi, s.d.). Il G. racconta di essersi imbattuto in "un libraccio antico" contenente "alcuni versi latini, ne' quali aveva l'auttor d'esso tradotta, o per dir meglio tradita detta novella" (Lettere, p. 34) - da identificarsi nella versione in distici di Filippo Beroaldo il Vecchio stampata a Bologna nel 1492 -, e tale circostanza lo indusse a tentarne una propria riscrittura poetica in volgare, obbediente a un metro molto rigido e a una stretta aderenza ai "concetti del testo" (p. [2v]).
Nel 1584 il Quinciano stampò, in un quaderno di poche carte, alcuni componimenti d'occasione del G.: Due canzoni, rispettivamente per Carlo Emanuele I di Savoia nell'imminenza delle sue nozze e per la morte di Carlo Borromeo, con un sonetto che rievoca una storica cerimonia di ostensione della Sindone in onore di quest'ultimo. Nel 1586 uscì la sua opera più riuscita: un Ragionamento… a d. Lavinia sua figliuola, della maniera del governarsi ella in corte andando per dama (Torino, appresso l'herede del Bevilacqua), "lettera d'institutio familiare" (Ferrero, p. 363), che per dimensioni e struttura tende alla misura del breve trattato. Il G. presenta questo premuroso "memoriale" per la figlia undicenne, che entrava nella corte di Torino come dama di compagnia della duchessa Caterina d'Asburgo, moglie di Carlo Emanuele I, come una "ciancia" buttata giù "a penna corrente" in meno di sei giorni e non destinata alla pubblicazione (Lettere, p. 239); se è degna di fede la lettera introduttiva di Lavinia (datata 15 marzo 1586), fu proprio lei a prendersi la "licenzia" di darlo alle stampe (c. [2v]). Il testo del Ragionamento esibisce, nelle pagine dedicate ai consigli di lettura per riuscire nella "conversazione", le proprie ascendenze letterarie: il Galateo, cui rimanda peraltro il taglio discorsivo allocutorio, il Cortegiano, che il G. conosceva nella versione espurgata del 1584 (Lettere, pp. 62 s.), e la Civil conversazione del Guazzo.
La produzione letteraria del G. conobbe, in seguito, un lungo periodo di stasi, dovuto probabilmente all'intensificarsi dell'attività pubblica. Fu tuttavia membro dell'Accademia milanese degli Inquieti, fondata nel giugno del 1594 da Muzio Sforza Colonna marchese di Caravaggio: esordì in essa con un "cicalamento" di argomento platonico (ibid., pp. 273 s.) recitato a breve distanza dal momento dell'ammissione ufficiale (1° dic. 1594). Agli anni Novanta risale, inoltre, l'atto di nascita ufficiale dell'Accademia degli Immobili, istituzione culturale alessandrina cui il nome del G. è strettamente legato.
Le prime, informali riunioni private di un sodalizio letterario locale di cui egli fece parte insieme con il fratello Scipione risalgono già al 1562, ma solo nell'aprile del 1596, per iniziativa di "alcuni giovani", questa "Academiuola" (Lettere, p. 281) si costituì come tale, con sede nel palazzo vescovile; la sua prima adunanza pubblica ebbe luogo l'8 luglio dello stesso anno in onore del cardinale Michele Bonelli; il G. vi prese parte con una tetra Canzone… nella calamità di questi tempi, subito pubblicata dal Quinciano, sulla carestia di quell'anno.
Animati dallo stesso spirito anticopernicano che aveva fatto sorgere, nel 1550, l'omonima accademia fiorentina, gli Immobili di Alessandria avevano per "impresa" un globo terrestre verdeggiante accompagnato dal motto "Nec iners". A brevissima distanza dalla data di fondazione essi caddero in un "sonno" che rischiava di arrecare loro "vergogna" e "danno" (A.G. Guasco, Secondo volume dellelettere, Alessandria 1607, p. 67). Da questo torpore si risvegliarono solo nel 1601: probabilmente in questo stesso anno il reggimento dell'Accademia fu conferito, per la prima volta, al G. (Il Tranquillo [G.A. Chenna], p. 112), che ne fu principe anche nel 1610.
Nel 1599 il G. fece uscire ad Alessandria, per il Quinciano, un'Opera… in ottava rima, per laNatività del Signorecon altri componimenti spirituali… con cento madrigali a due sue figliuole, con dedica al duca di Savoia, che fu ristampata l'anno successivo a Pavia. Si tratta di una dichiarata riscrittura del De partu Virginis di I. Sannazaro, inframmezzata da numerose digressioni; la "giunta" più riuscita è senz'altro quella dedicata agli affetti domestici (cc. 14v-16r), la più cospicua è invece di natura encomiastica - una commossa rievocazione delle virtù della duchessa Caterina d'Asburgo (cc. 18r-19r), scomparsa nel 1597. Dal punto di vista dottrinario il poema del G. dovette, suo malgrado, sfiorare l'eterodossia, almeno a giudicare dalla premura con cui egli giustifica, nell'avvertenza, l'aggiunta di qualche "invenzione" alla "istoria nuda a tutti manifesta" (c. [6v]). Certo è che il domenicano monferrino Arcangelo Caraccia mosse a un passaggio dell'opera obiezioni di natura teologica che costrinsero il G. a una rigorosa confutazione (poi raccolta in Lettere, pp. 388-423).
Non fu questa l'unica disputa di cui resta traccia nell'opera del G.: in appendice al Secondo volume delle rime, per esempio, era apparsa, in risposta ad "alcuni dubi d'astrologia" sollevati dal servita Giulio Malcalzato, un'altrettanto dotta e scrupolosa apologia (datata 31 genn. 1578) "d'un suo sonetto sopra la nuova cometa" del 12 nov. 1577.
Nel 1605 il G. si congedò dalla poesia dando alle stampe, a Milano, una monumentale raccolta di madrigali concatenati, dedicata a Margherita di Savoia: la Tela cangiante… In madrigali tre mila, cento dieci. Opera morale, dilettevole et utilissima… L'opera è dominata dal Leitmotiv del carnevale, di cui il G., in obbedienza a una "greve visione controriformistica" (Magnani, p. 175), stigmatizza la pericolosità morale e sociale; su questo "filo" principale si innestano innumerevoli digressioni, tutte riassorbite entro un percorso di graduale edificazione che conduce il lettore dall'"inganno" delle maschere alla contemplazione del paradiso. Aggiunge pregio all'opera una bella incisione raffigurante il poeta "in età di 64 anni", sormontata da un cartiglio con il motto di famiglia ("C'est mon desir").
Nel 1606 uscì a Bergamo l'ennesimo volumetto di ispirazione sacra del G., una Scielta di sonetti spirituali, e a questo periodo risale pure la pubblicazione dell'epistolario: è del 1601 un primo volume di Lettere (Milano, erede di P. Ponzio - G.B. Piccaglia), curato dal letterato monzese Bartolomeo Zucchi, che già sul finire del 1593 aveva incoraggiato il G. all'impresa (Zucchi, Lettere, parte I, c. 181v), per poi proporsi come curatore nell'ottobre 1596 (ibid., parte II, c. 51r). La stampa risulta tuttavia viziata da non pochi errori, e ancor più scorretta riesce la ristampa realizzata da G.B. Bertoni a Treviso nel 1603, ragion per cui il G., deluso, si affidò ai torchi dell'alessandrino Felice Motti, dai quali, nel 1607, uscì Il secondo volume delle lettere; un terzo volume uscì, infine, a Pavia (G.B. Rossi, a istanza di A. Bordoni) nel 1618 per la cura di Girolamo Bossi.
Le lettere del G. sono tutte prive di indicazione di provenienza e data; sono divise per "capi", forse sul modello della raccolta del Guazzo (di cui il G. curò l'edizione torinese del 1591; cfr. Ferrero, p. 359), e documentano rapporti con personaggi di spicco della Torino sabauda e della Milano spagnola di fine Cinquecento. La maggior parte dei corrispondenti del G. sono letterati: tra questi compaiono, oltre al Guazzo e a Giuliano Gosellini, Battista Guarini, Angelo Grillo, Federigo Della Valle, Cesare Rinaldi, Valeriano Castiglione, Fabio Albergati e Gian Vincenzo Imperiale.
Il G. morì il 4 febbr. 1619 ad Alessandria.
L'orazione funebre fu recitata da Nicolò Dal Pozzo. Con testamento del 16 marzo 1616 egli lasciava ai servi di Maria del convento di S. Stefano i suoi libri. Fu effigiato in un dipinto - conservato alla Pinacoteca Ambrosiana nella collezione borromaica dei ritratti (datato 1602, inv. 1336) -, che è forse da identificarsi con il ritratto mandato a una delle due figlie suore di cui si parla nel terzo volume delle Lettere (p. 13).
Dal matrimonio, avvenuto intorno al 1566, con Laura Bellone, figlia di Luigi, primo rappresentante stabile della Comunità alessandrina nel Senato milanese, nacquero Francesco, Lavinia, Cesare, Caterina e Veronica. Il primogenito Francesco, dopo un faticoso cursus honorum nei ranghi della burocrazia lombarda, nel 1595 ottenne la podesteria di Tortona. Lavinia (n. 1575), entrata alla corte di Torino nel 1586, vi rimase fino al 1592, per poi sposare il nobile pavese Guido Emanuele Langosco e trasferirsi a Milano. La figlia, Margherita Langosco, sarà a sua volta dama di compagnia della principessa Margherita di Savoia e delle sue sorelle. Anche Cesare (1583-1616 circa), dopo un lungo periodo di studio negli atenei di Pavia e di Salamanca, fu ammesso a corte come gentiluomo di camera del cardinale Maurizio di Savoia. Le altre due figlie del G., Caterina e Veronica, furono destinate al chiostro: la prima fu accolta, con il nome di Laura Caterina, nel monastero di S. Caterina di Porta Ticinese, a Milano, la seconda, con il nome di Angela Maria, fra le angeliche di S. Paolo, nella stessa città.
La Ghismonda del G. si legge nell'Appendice all'illustrazione istorica del Boccaccio scritta da D.M. Manni, a cura di G.G. Trivulzio (Milano 1820). Raccolte che includono componimenti del G. sono indicate in F. Giambonini, Bibliografia delle opere a stampa di Giambattista Marino, I, Firenze 2000, ad ind.; inoltre: Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 1107 (contenente traduzioni poetiche di J. Sedeño), c. [4r] (in appendice a J. Sedeño, Poesia originale: BNM, Ms. 7716, a cura di G. Mazzocchi, Viareggio 1997, p. 143); Lagrime di diversi poeti volgari, et latini. Sparse per la morte dell'illustriss. et eccellentiss. madama Leonora di Este et raccolte da Gregorio Ducchi…, Vicenza, nella Stamperia nova, 1585, pp. 7 s.; La ghirlanda della contessaAngela Bianca Beccaria. Contesta di madrigali di diversi autori, raccolti, et dichiarati dal sig. Stefano Guazzi…, Genova, eredi di G. Bartoli, 1595, pp. 289 s.; A. Beffa Negrini, Elogi istorici di alcuni personaggi della famiglia Castigliona, Mantova 1606, p. 182.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Alessandria, Notai, 1° versam., b. 100 (primo testamento del G., 14 marzo 1598, notaio Biagio Anulfo);G. Gosellini, Lettere, Venezia 1592, cc. 45v-46r, 70r-88r; B. Zucchi, Lettere, Venezia 1599, parte I, cc. 176r, 180, 181r-182r, 220; parte II, cc. 50v-51r, 104v; S. Guazzo, Lettere, Venezia 1606, pp. 37-43, 163 s., 208-210, 419-421, 443 s., 452-455, 533 s., 541 s., 548 s.; A. Grillo, Lettere, Venezia 1612, pp. 257, 261, 307, 636, 743 s., 872, 887 s.; B. Zucchi, L'idea delsegretario, Venezia 1614, parte II, pp. 185-187, 212-214, 264, 300; parte III, pp. 124, 214 s.; P. Morigi, La nobiltà di Milano, Milano 1619, p. 298; G. Bossi, Centuria selectarum epistolarum, Ticini Regii 1620, pp. 29 s.; Id., Epistolarum polygraphia, Mediolani 1623, sectio I, pp. 120 s.; G. Schiavina, Annales Alexandrini, II, Augustae Taurinorum 1857, pp. 599, 650; G. Ghilini, Annali di Alessandria, a cura di A. Bossola - G. Iachino, II, Alessandria [1908], pp. 323, 357, 371; F. Gasparolo, Per l'Accademia degli Immobili di Alessandria, in Riv. di storia, arte, archeologia per le province d'Alessandria e Asti, XXIII (1914), pp. 87, 96; Il Tranquillo [G.A. Chenna], Memorie storiche dell'Accademia degli Immobili, a cura di F. Gasparolo, ibid., pp. 107-114; F. Borromeo, Indice delle lettere a lui dirette conservateall'Ambrosiana, a cura di C. Castiglioni, Milano 1960, p. 190 (24 lettere del G. e 11 dei figli a F. Borromeo, gennaio 1588 - dicembre 1623); G. Ghilini, Teatro d'uomini letterati, I, Venezia 1647, pp. 14 s.; G. Porta, Eroi, campioni, e personaggi celeberrimi alessandrini, Milano 1693, pp. 32 s., 143; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, I, Torino 1841, pp. 205 s.; Id., Delle società letterarie del Piemonte, Torino 1844, pp. 34, 52, 54 s.; C. Avalle, Storia di Alessandria, III, Torino 1854, p. 242; IV, ibid. 1855, pp. 39, 383 s.; F. Gasparolo, A proposito di una iscrizione sulla facciata della demolita chiesa di S. Siro di Alessandria, in Riv. di storia, arte, archeologia per le province d'Alessandria e Asti, XXIV (1915), pp. 243-245; Magistrature ed offici del Comune di Alessandria, a cura di F. Gasparolo, Alessandria 1916, p. 44; F. Valerani, Le accademie di Casale, Alessandria 1916, pp. 51, 60, 76 s.; A.M. Vicentini, I servi di Maria in Alessandria, in Riv. di storia, arte, archeologia per le province d'Alessandria e Asti, XXXV (1926), p. 163; M. Maylender, Storia delle accademie d'Italia, III, Bologna 1929, pp. 145, 155 s., 302; R. Kelso, Doctrine for the lady of the Renaissance, Urbana, IL, 1956, pp. 212, 222-230, 301; C. Lodovici, Alessandria sotto la dominazione spagnola, in Riv. di storia, arte, archeologia per le province d'Alessandria e Asti, LXVI-LXVII (1957-58), pp. 123, 129-135; E. Perotto, Barocco "moderato". G. Borsieri poeta e critico della letteratura, in Studi secenteschi, XXVII (1986), pp. 234 s. (lettera di G. Borsieri al G., in appendice); J. Basso, Le genre épistolaire en langue italienne, Rome-Nancy 1990, I, pp. 320, 326; II, pp. 358, 364-367, 387; A.M. Razzoli Roio, La "Tela cangiante" del G. e il filo della vita, in Studi inmemoria di P. Medioli Masotti, a cura di F. Magnani, Napoli 1995, pp. 173-189; B. Ferrero, Il "Ragionamento" di A. G., in Stefano Guazzo e Casale tra Cinque e Seicento, a cura di D. Ferrari, Roma 1997, pp. 357-374; P.M. Jones, F. Borromeo e l'Ambrosiana, Milano 1997, p. 313; A. Giordano, La cultura alessandrina alla fine del XVI sec. nell'epistolario di un letterato, in Riv. di storia, arte, e archeologia per le province d'Alessandria e Asti, CVII (1998), pp. 93-123; S. Comi, Ricerche storiche sull'Accademia degli Affidati, a cura di M.C. Regali, in Boll. della Società pavese di storia patria, XCIX (1999), pp. 195, 200 s., 227, 244, 246 s.; F. Guasco di Bisio, Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine e monferrine, I, Casale 1924, tav. XII; Le cinquecentine piemontesi, a cura di M. Bersano Begey, I, Torino 1961, p. 167; II, ibid. 1966, pp. 169, 190-192; III, ibid. 1966, p. 224.