DE LOTTO, Annibale
Nacque a San Vito di Cadore (Belluno) il 29 luglio 1877 da Giovanni Battista (Tita Minoto) e da Maria Fiori.
Giovanni Battista (San Vito, 25 febbr. 1841-12 marzo 1924) era un rinomato scultore in legno. Allevato da uno zio a Venezia, entrò nella bottega di Valentino Panciera, detto Besarel, con il quale collaborò per una ventina d'anni. Per un periodo altrettanto lungo ebbe un'attività indipendente durante la quale produsse moltissimo, ma all'inizio del Novecento, per difficoltà economiche, tornò a San Vito con la famiglia. Tra le sue opere, tutte in legno, si ricordano: la Fama mondiale, Menestrello fiorentino, l'altare della Madonna della chiesa di S. Nicolò di Zoldo Alto (Fusine), la Beata Vergine della Salute nella parrocchiale di Brische, la Vergine (1895) nella chiesa della Difesa a San Vito, S. Antonio da Padova nella parrocchiale di Borca, S. Rocco e S. Sebastiano (1891) nella chiesa di Valle, S.Lorenzo e S. Stefano (1911) nella chiesa di S. Lorenzo a Lozzo; altre sue opere si conservano nelle chiese di San Vito e nella chiesa di S. Anna a Zoppè. Dei suoi sette figli, oltre al D. si dedicò alla scultura anche Tito (San Vito 12 ag. 1879-4 nov. 1957) del quale si conservano alcuni crocefissi lignei nelle chiese di San Vito (Belli, 1976; Fabbiani, 1964, 1977).
Il D. seguì il padre a Venezia dove, dopo un probabile apprendistato nella bottega paterna, si iscrisse nel 1891 all'accademia di belle arti, frequentandovi un anno preparatorio, tre anni comuni e due di scultura, durante i quali ebbe come maestro Antonio Dal Zotto, del quale divenne l'allievo prediletto.
A vent'anni, terminati gli studi, iniziò, incoraggiato dal maestro, un'attività indipendente, aprendo uno studio a S. Vio a Venezia. Dopo un'interruzione dovuta a un biennio di vita militare, modellò il busto della Mestizia per l'esposizione di Roma del 1900, una figura di ragazzo intitolata In flagrante e una Didone. Quest'opera, raffigurante un nudo esanime su uno scoglio, presentata nel 1900 alla Triennale di Milano, poi esposta con grande successo a Monaco di Baviera e, nel 1904, a Londra, rappresentò la prima affermazione del giovane scultore, che fu lodato da Ugo Ojetti (cit. in Gazzettino, 22 nov. 1932).
Sempre nel 1904 si ripresentò alla Triennale di Milano con il Dannato (Cassa di risparmio di Belluno) e realizzò una Eva. In quegli anni il D. si andava affermando per la sua produzione statuaria celebrativa e monumentale e per quella ritrattistica: vinse il concorso per un monumento a Umberto I per il Municipio di Belluno, realizzò i busti bronzei di Vittorio Emanuele III, per la sala del Consiglio provinciale nel palazzo della prefettura di Venezia e per il circolo militare della stessa città, e i ritratti di Luigi Sugana per il teatro Goldoni di Venezia, per la sede della"Tarvisium Venetiae" e per il teatro Sociale di Treviso.
Nel 1903 partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia, giunta alla quinta edizione, esponendo la statua di ragazzo intitolata Pure linfe, che fu acquistata dal governo per la Galleria naz. d'arte moderna di Roma, ove si trova attualmente. Per la stessa esposizione, dietro invito del comitato, modellò le due figure della Giustizia e della Libertà per la sala della Stampa. Successivamente lo scultore fu invitato a tutte le edizioni dell'importante manifestazione veneziana fino al 1924. Nel 1905 inviò un gruppo di tre figure intitolato Ilvortice e un nudo bronzeo, Incidente, che fu donato dalla Associazione degli industriali e commercianti veneziani alla Galleria d'arte moderna da poco inaugurata nella sede di Ca' Pesaro.
In questo periodo, inoltre, il D. partecipò alle prime esposizioni collettive (1908, 1909) organizzate a Ca' Pesaro dalla fondazione Bevilacqua La Masa.
Nel 1910 sposò Francesca Moretti; non ebbero figli.
Negli anni seguenti realizzò una serie di sculture celebrative: i monumenti a Carducci (1912) e a Oberdan (1921) nei giardini pubblici di Venezia, il Monumento agli alpini di Belluno (1914), il medaglione bronzeo con il ritratto del musicista G. B. Zorzato nel teatro Accademia di Conegliano (1914), il ritratto del prelato G. Previtali (1919) nella chiesa di S. Salvador a Venezia. Durante la prima guerra mondiale, dopo Caporetto, fu trasferito a Chieti e in questa, città lasciò un rilievo con il Leone marciano (1918) nell'atrio del Municipio.
La sua produzione del periodo postbellico consiste soprattutto nei numerosi monumenti ai caduti della guerra, richiestigli da vari Comuni del Veneto (Feltre, con la Risurrezione dell'eroe, Asiago, Longarone, Calalzo, Valle, Conegliano, con la Gloria che sostiene l'eroe morente, 1926). Contemporaneamente lavorava al Monumento al soldato serbo nel cimitero di Belgrado.
Tra le altre numerose opere dello scultore, nominato accademico dell'accademia di belle arti di Venezia e accademico onorario dell'accademia di Carrara, ricordiamo: i monumenti funebri Bottacin e Mazzariol nel cimitero di Venezia, Carlotti Canossa a Verona, Pospisil a Padova; la statua del Dolore nel cimitero di Lugo di Romagna; il Redentore nel cimitero di Feltre; il Leone sulla porta dei Santi Quaranta a Treviso; il ritratto del Senatore Luigi Pastro per i Municipi di Treviso e Venezia; il ritratto di Mons. Arcangelo Busicchia nel duomo di Conegliano; le Pietà a San Vito e a Santo Stefano di Cadore.
Il D. fulavoratore instancabile, come testimonia la vastità della sua produzione, e rimase sempre fedele ad una concezione tradizionale dell'arte; le sue opere, caratterizzate da sicurezza esecutiva, morbidezza plastica, correttezza anatomica, mostrano talora accenti veristici, anche drammatici, che si alternano a momenti di ossequio alla tradizione classica.
Il D. morì il 21 nov. 1932 a Venezia.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Il Gazzettino [Venezia], 22 nov. 1932. Oltre ai catal. delle mostre cit. all'interno della voce, siveda E. Marini, Venezia antica e moderna, Venezia 1905, p. 291; G. G. Villanis, Profili d'artisti. A. D., in Almanacco veneto, 1914, pp. 258-66; Catal. della mostra straordinaria nel palazzo dell'Esposizione ai Giardini pubblici, Venezia 1921, p. 24; G. Bigaglia, Fra gli artisti scomparsi: lo scultore A. D. in Pro familia, 20ag. 1933, p. 551; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura nell'evo moderno, Roma 1942, p. 581;F. Scarpabolla, A vent'anni dalla morte di A. D., in Il Gazzettino [Venezia], 21 nov. 1952;E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, II, Torino 1956, p. 693; A. Tocchio-V.Chiesura, Conegliano e le sue attività, Conegliano 1962, pp. 34, 61, 64; G. Fabbiani, Chiese del Cadore, Belluno 1964, pp. 20, 65, 131, 163 s., 184 s., 221;M. F. Belli, San Vito di Cadore con il diario della invasione austro-tedesca, Belluno 1976, p. 127; G.Fabbiani, Breve storia del Cadore, Belluno 1977, pp. 173 s.; P. A.Corna, Dizionario della storia dell'arte in Italia, I, Piacenza 1930, p. 320.