COMESSATTI, Annibale
Nacque a Udine il 30 gennaio del 1886 da Pietro e da Amelia de Poli; frequentò la università di Padova dove si laureò nel 1908 con una tesi sulle curve algebriche doppie. Fu allievo di T. Levi Civita, G. Veronese e F. Severi di cui fu assistente fino al 1920quando divenne per concorso professore di analisi algebrica e geometria analitica nell'università di Cagliari. Nel 1922 ritornò a Padova come professore di geometria descrittiva. Nel 1924 passò come ordinario alla cattedra di geometria analitica e proiettiva. Sempre a Padova insegnò matematiche complementari e geometria superiore; insegnò anche all'università di Ferrara negli anni 192427 e di Bologna nel periodo 1936-39.
La dissertazione di laurea è il primo di una serie di lavori che il C. dedicò alla geometria sopra una curva algebrica. È un ampio studio sulle curve algebriche contenenti involuzioni irrazionali di secondo ordine e genere p ≥ 1.
L'argomento fu ripreso nel 1930 in uno scritto sulle superfici multiple cicliche (Sulle superfici multiple cicliche, Padova 1930), nel quale è risolto il problema di trovare il numero delle famiglie birazionalmente distinte di tali superfici, rappresentate sopra una data superficie con o senza curva di diramazione.
Centro delle ricerche sulle funzioni automorfe (1929-31) è il teorema kleiniano di diramazione. Si tratta della condizione necessaria e sufficiente affinché, date due curve algebriche irriducibili f e c in corrispondenza (1, n) ed una variabile uniformizzante fuchsiana di f, questa risulti una variabile uniformizzante anche per c: essa viene espressa da un semplice legame tra il gruppo di diramazione dell'uniformizzante su f e quello della rappresentazione multipla di c su f (cfr. Le involuzioni nelle curve algebriche ed il teorema generale di diramazione per le funzioni fuchsiane, in Memorie d. R. Acc. naz. d. Lincei, cl. di sc. mat., fis. e nat., s. 6, IV [1930-31], pp. 1-56). La nozione di "curva di Galois" da lui introdotta, gli consentì di stabilire stretti rapporti con la teoria di Galois e di dare interessanti applicazioni atte ad illustrare sia la teoria generale sia certi particolari esempi (cfr. Sulle curve di Galois, I, in Rend. d. R. Acc. d. Lincei, s. 6, IX [1929], pp. 272-78; II, ibid., pp. 372-77).
In connessione con le ricerche precedenti il C. studiò le equazioni differenziali fuchsiane di genere zero, ossia le equazioni del tipo y' = Q (z)y, con Q funzione razionale di z, per le quali la variabile indipendente z risulta funzione fuchsiana del rapporto tra due integrali particolari qualunque (cfr. Studi sulle equazioni differenziali fuchsiane di genere zero, in Atti d. R. Ist. veneto, LXXXVIII [1928-29], pp. 1307-97). Partendo poi dall'osservazione che, quando si ricorra all'uniformizzante mediante funzioni fuchsiane, le trasformazioni birazionali di una curva algebrica in sé, dotate di almeno un punto unito, si possono rappresentare come rotazioni periodiche del piano iperbolico, fornì la completa soluzione del problema, già trattato da A. Hurwitz e da A. Wiman, di assegnare il massimo valore che, sopra una curva irriducibile di dato genere p > 0, può avere il periodo di una trasformazione birazionale della curva in sé, dotata di un numero prefissato di punti uniti (cfr. Sulle trasformazioni birazionali delle curve algebriche interpretate come rotazioni del piano iperbolico, in Ann. di mat. pura e appl., VIII[1930-31], pp. 1-27). Vari lavori sono dedicati, a partire dal 1913, alle superficie e varietà di Jacobi (cfr. Sulle trasformazioni hermitiane delle varietà di Jacobi, Torino 1916), e a ricerche sopra superficie e varietà algebriche: tra le ultime specialmente notevoli quelle collegate con i risultati ottenuti dal de Franchis, dal Castelnuovo e dal Rosenblatt, sulle superfici irregolari contenenti un fascio irrazionale di curve (cfr. Intorno alle superficie algebriche irregolari con pg≥ 2 (pa 2) e ad un problema analogo ad esse collegato, in Rend. d. Circolo mat. di Palermo, XLV[1922], pp. 1 -48).
Il C., con un'elegante rappresentazione geometrica, ha ridotto il problema analitico di integrare un certo sistema di equazioni alle derivate parziali, collegato alla ricerca della classificazione completa delle superfici irregolari soddisfacenti la diseguaglianza del Castelnuovo citata nel titolo, allo studio di un sistema di ∞²rette di un iperspazio appartenenti a più complessi lineari, e lo ha risolto completamente nel caso che interessa la questione geometrica da cui ha avuto origine.
I risultati più importanti ottenuti dal C. sono dati dalle ricerche sugli enti algebrici reali che, intraprese pochi anni dopo il conseguimento della laurea, formarono poi sempre l'oggetto delle sue meditazioni. Sono del 1911 e del 1914 le due fondamentali memorie, nelle quali è fatto uno studio generale delle superfici razionali reali dal punto di vista invariante rispetto alle trasformazioni birazionali reali: nella prima (Superficie razionali reali, in Rend. d. R. Acc. naz. d. Lincei, XX [1911], pp. 597-602) stabilendone la classificazione in tre famiglie, e determinando per ciascuna di queste il numero delle falde reali, la relazione di questo numero con l'invariante di Zeuthen-Segre, inoltre i moduli reali di una classe di superficie razionali reali equivalenti per trasformazioni birazionali reali; nella seconda, studiando le proprietà di connessione delle falde e le loro relazioni con il detto invariante e con un altro invariante desunto dalle ricerche del Severi sulla base per i sistemi di curve appartenenti ad una superficie algebrica. Il risultato fondamentale a cui pervenne il C. è compendiato nella relazione I + Z = 2 (ρ − I), valida per ogni superficie razionale reale, indipendentemente dalla famiglia a cui appartiene e dal numero delle falde, denotandosi con I l'invariante di Zeuthen-Segre, con Z l'ordine di connessione totale delle falde reali della superficie, e con ρ il numero base reale della superficie, ossia il numero delle curve algebriche reali linearmente indipendenti, con le quali è linearmente legata ogni curva algebrica reale della superficie (cfr. Connessione delle superficie razionali reali, in Ann. di mat. appl., XXIII [1914], pp. 215-84). L'estensione della precedente ricerca alle superficie algebriche non razionali (cfr. Sulla connessione delle superficie algebriche reali, in Ann. di mat. pura e appl., V[1927-28], pp. 299-317, e Sulla serie canonica di una superficie algebrica, in Rend. d. Acc. naz. d. Lincei, cl. di sc. mat., fis. e nat., s. 6, XVI [1932], pp. 555-60) offre gravi difficoltà; e il C., con una delicata analisi, ha mostrato (1928 e 1938) che essa conduce, in generale, ad una doppia diseguaglianza.
Notevoli risultati ha conseguito il C. sulle varietà abeliane (varietà algebriche Vp di p dimensioni, che ammettono una rappresentazione parametrica con funzioni analitiche 2p volte periodiche di p argomenti) reali, ossia trasformate in sé da una simmetria S (cfr. Sulle varietà abeliane reali, I, in Annali di matematica pura e applicata, s. 4, II [1925], pp. 67-106, e II, ibid., III [1926], pp. 27-71).
Nella teoria delle funzioni abeliane si deve ricordare inoltre la scoperta (1936) dell'indice di simmetria di una matrice riemaniana da aggiungersi ai caratteri assegnati da Scorza e la difficile soluzione dei problemi di esistenza relativi (cfr. Intorno ad un nuovo carattere delle matrici di Riemann, in Memorie d. R. Acc. d'Italia, VII[1936], pp. 81-129). Tralasciando alcuni scritti riguardanti particolari questioni (notevole, ad es., uno studio sul gruppo topologico di una coppia di coniche), bisogna ricordare le sue Lezioni di geometria analitica e proiettiva, Padova 1930 e 1942 e le Lezioni di analisi algebrica, ibid. 1921, queste ultime scritte quando il C. era all'università di Cagliari. Nelle lezioni di geometria proiettiva il C. fa una revisione critica dei principi logici che stanno alla base della geometria proiettiva particolarmente nell'ultima parte dedicata all'assiomatica della geometria proiettiva (nei primi tre capitoli si studia la proiettività tra forme di I, Il e III specie).
Questa revisione critica porta a due lavori ricchi di osservazioni, originali e acuti: il primo concerne il "teorema fondamentale" della geometria proiettiva, l'altro, in relazione con la definizione di proiettività fra forme, di prima specie, dovuta allo Staudt, la nozione di geometria non staudtiana (cfr. Geometria non staudtiana, Bologna 1930). Dalla prefazione, in cui il C. illustra le finalità delle sue lezioni, e da tutte le pagine dell'opera, traspare che il C. non si attiene nel suo insegnamento agli schemi tradizionali, ma è tutto pervaso dal duplice desiderio di approfondire criticamente i principi su cui si fondano le discipline da lui professate, e di suscitare e tener vivo nei discepoli l'interesse per una cultura più ampia di quella strettamente scolastica, ponendoli ben presto a contatto con problemi che stimolassero le iniziative personali.
La sua vita privata trascorse esteriormente quieta nella rigida osservanza dei doveri verso la famiglia e la scuola; nel settembre del 1942 morì la sua unica figlia diciottenne; dedicò ogni energia alla scuola e quando, in condizioni di estrema debolezza, non poté più recarsi all'università, continuò le proprie lezioni in casa finn quasi al 13 sett. 1945, giorno in cui si spense a Padova.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Rendiconti della R. Acc. naz. dei Lincei, s.8, I (1946), pp. 810-15; in Boll. d. Unione matematica italiana, s. 3, I (1946), pp. 59 ss.; Un secolo di progresso scientifico ital., I, Roma 1939, pp. 136-149; F. G. Tricomi, Matematici ital. del primo secolo dello Stato unitario, in Mem. d. Acc. d. scienze di Torino, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 4, I (1962), p. 38; J. C. Poggendorff, Biograph.-liter. Handwörterb. zür Gesch. d. exact. Wissensch., V, p. 237; VI, pp. 468 s.