ANNIBALDI, Annibaldo
Figlio di Trasmondo e imparentato con i signori di Ceccano, nacque probabilmente tra il 1220 ed il 1230 ed ebbe lo status di proconsul romano. Il primo ufficio importante da lui ricoperto fu quello di rettore, per conto del papa Alessandro IV, suo zio, della Marca d'Ancona: la lettera pontificia, che dava notizia dell'incarico (6 maggio 1256), precisava anche che, a causa di malattie e altri impedimenti, l'A. non avrebbe ricoperto subito l'uffìcio, ma avrebbe governato per mezzo di suo cugino, il nobile romano Oddecino. L'incarico costituiva una novità ed era anche un'innovazione interessante nella prassi del nepotismo: dalla morte di Innocenzo III (1216) nessun parente laico del papa aveva ricoperto la carica di rettore di una provincia pontificia.
Nell'agosto 1256 l'A. raggiunse la Marca: molti documenti ci attestano la sua attività nel corso dei tre anni successivi. Egli dovette fronteggiare sudditi piuttosto riottosi, poiché le città della Marca non erano mai state ridotte effettivamente all'obbedienza verso il governo papale. Nella primavera del 1258, Fermo, con l'appoggio di San Ginesio, si ribellò apertamente e la situazione divenne ancor più critica per l'Annibaldi nell'estate, allorché Manfredi invase la Marca e tentò di guadagnare alla sua causa le città della stessa provincia. Fermo e Iesi si schierarono dalla parte del vicario di Manfredi, Percivalle Doria sin dall'ottobre 1258 e molte altre città nell'anno successivo seguirono l'esempio.
L'A. ottenne successi molto modesti nel fronteggiare queste avversità. Con spirito realistico richiese poco ai suoi sudditi: nell'agosto 1256 raggiunse (vanamente) con Iesi un accordo umiliante, in base al quale la città gli offriva assistenza militare per il periodo del suo rettorato, pur essendo questo un obbligo normale per le città dello stato pontificio, che non richiedeva la sanzione di un trattato. Il mese seguente emetteva un editto di perdono a favore di molti ribelli della Marca, facendo loro promesse certe, apparentemente senza nulla ricevere. Sette città e tredici famiglie feudali sono menzionate come beneficiarie di questo provvedimento di amnistia, che venne emesso "habito consilio sapientium nostrorum", una formula curiosa, dato che i rettori papali non erano affiancati da nessun corpo di consiglieri. L'A. nominò un altro vicario nella Marca, il romano Matteo de sancto Alberto. Ciò avveniva probabilmente nel dicembre 1259, la data più probabile del trasferimento dell'A. dalla Marca al senatorato di Roma. Egli tenne questo ufficio con Giovanni Savelli; insieme ricoprivano la carica il 3 apr. 1260, ma l'avevano lasciata alla Pasqua del 1261. Poche testimonianze rimangono della amministrazione di questa carica da parte dell'Annibaldi.
Negli anni successivi egli fu probabilmente tra gli Annibaldi che si opposero a Clemente IV e a Carlo d'Angiò; una lettera di Clemente a un rettore della Marca successivo induce a credere che l'A. possa aver intrapreso trattative per ricevere da quella provincia del denaro relativo al suo rettorato. Nel 1280, infatti, un curioso accordo gli faceva guadagnare 100 fiorini da parte di Fabriano, come soddisfazione di esazioni, per multa, contro quella città, ammontanti a 21.000 libbre e 17.000 once d'oro. Probabilmente fu tra coloro che si opposero agli Orsini durante il pontificato di Niccolò III; fece parte dell'amministrazione di Roma nel 1282 e fu podestà di Viterbo nel 1284. L'A. fu senatore di Roma per una seconda volta, insieme con Pandolfo Savelli, fratello di Onorio IV. Era in carica il 4 ag. 1284; lo era ancora il 21 maggio 1285 (ma non lo era più il 10 luglio di quell'anno). Ancora vivo il 27 sett. 1290, è menzionato da una lettera papale tra quegli Annibaldi che minacciavano l'indipendenza di Terracina. Non è conosciuta la data della sua morte: in una lettera del maggio 1304 egli è ricordato come già deceduto.
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