TONELLI, Annalena
– Nacque a Forlì il 2 aprile 1943, terzogenita di Guido e di Teresina Bignardi.
Il padre era impiegato nel Consorzio agrario, mentre la madre si occupava della famiglia. Frequentò il locale liceo classico, al termine del quale trascorse un anno con l’American field service a Boston, dove ebbe occasione di dedicarsi ai poveri del ghetto di Harlem a New York. Rientrata in Italia, nel 1962 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bologna e iniziò il servizio agli emarginati della sua città su diversi fronti: famiglie, bambini orfani, ragazze in difficoltà, carcere minorile, interessandosi anche ai problemi del Terzo Mondo, mossa da un’ispirazione evangelica sempre più profonda. Il clima del postconcilio aiutò la sua vocazione laicale e irrobustì la sua idea radicale di servizio. Divenne presidente della sezione femminile di Forlì della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana). Collaborò nel 1963 alla fondazione del comitato per la lotta contro la fame nel mondo. Organizzò il primo ‘campo dei cenciaioli’ per il recupero di carta e oggetti usati, sull’esempio degli chiffonniers francesi dell’Abbé Pierre, che lei riconobbe come una delle sue guide spirituali, insieme ai Padri del deserto, Francesco e Chiara d’Assisi, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Charles de Foucault, padre Vouillaume, sorella Maria, Giovanni Vannucci, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Gandhi.
Nel 1968 si laureò in legge e si trasferì a Londra per perfezionare la lingua inglese, decisa a partire quanto prima per un Paese povero dove lavorare. Nel gennaio del 1969 arrivò a Nairobi in Kenya, come insegnante di inglese nelle scuole delle missioni della Consolata. Nel 1970 si trasferì nella scuola governativa di Wajir, zona desertica nel Nord-Est del Kenya, insieme a Maria Teresa Battistini, con la quale fondò una comunità di laiche missionarie. Viveva poveramente in mezzo alle tribù nomadi musulmane. Lì iniziò a occuparsi di bambini disabili e di malati di tubercolosi, malattia che comportava anche un pesante stigma sociale. L’incontro con queste persone fu un vero e proprio innamoramento per loro e per la vita. Pur non avendo una formazione medica, Tonelli riuscì a trasformare la sua esperienza in un punto di riferimento per un numero sempre maggiore di malati; per loro, nel difficile contesto dove vivevano, ideò un nuovo sistema di cura per la tubercolosi. Nel 1976 il governo kenyano le affidò ufficialmente la direzione di un progetto pilota, che prevedeva la possibilità per i nomadi e le loro famiglie di sostare in appositi Tb Manyatta (villaggio) fino al termine della cura, aumentando così il grado di adesione alla terapia e la percentuale di guarigioni.
Non furono anni facili per lei e per le poche compagne che condividevano quello stile di vita e di servizio: in un contesto totalmente islamico e socialmente arretrato era guardata con sospetto perché bianca, perché cristiana, perché donna, perché non sposata.
Nel febbraio del 1984, dopo l’eccidio della popolazione Degodia a Wagalla da parte delle forze regolari dell’esercito kenyano, Tonelli si adoperò per curare i feriti superstiti e per seppellire i morti, denunciando pubblicamente quanto avvenuto. Per questo nel 1986 venne espulsa dal Kenya come persona non gradita. Tornata in Italia, per qualche mese si ritirò in preghiera, rafforzando ancora la sua decisione di dedicarsi agli ultimi. Per approfondire le proprie conoscenze mediche seguì in Spagna corsi di specializzazione in leprologia e in Gran Bretagna in medicina tropicale.
Al servizio della cooperazione italiana rientrò in Africa, questa volta in Somalia, nel 1987, occupandosi del sanatorio e degli ambulatori di Belet Waine. La situazione politica intanto si aggravò con la ribellione della Somalia del Nord contro il regime di Mohammed Siad Barre. Nel 1989 a Mogadiscio venne ucciso il vescovo Salvatore Pietro Colombo. Dopo un sequestro subito insieme alla sua équipe medica nel 1990, con i cooperanti italiani venne richiamata a Mogadiscio e di lì trasferita in Italia. Tornata in Somalia nel 1991 dopo la caduta del regime di Siad Barre, aprì a Merka una struttura ospedaliera con oltre 500 posti letto, una scuola e un centro riabilitativo per disabili, riattivando il porto per consentire l’arrivo degli aiuti internazionali. Con questi e con i fondi raccolti in Italia dai suoi sostenitori riuscì a garantire la sopravvivenza di oltre 3000 persone per due anni. A Merka ricevette la visita della giornalista italiana Ilaria Alpi, che sarebbe stata uccisa nel 1994 a Bosaso. Intanto l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva riconosciuto la validità del metodo DOTS (Directly Observe Therapy Short chemotherapy), che riduceva la durata della terapia a sei mesi. Negli anni seguenti fu invitata come esperta a partecipare a molti incontri internazionali in vari Paesi. Mentre i caschi blu dell’ONU conducevano l’operazione Restore hope, la Caritas italiana rilevò la gestione dell’ospedale di Merka, affidandolo a Graziella Fumagalli, assassinata nell’ottobre 1995.
Tornata in Italia, dopo un viaggio in India Tonelli si ritirò all’eremo di Cerbaiolo, in Toscana, per circa un anno. All’inizio del 1996 l’OMS le affidò un progetto per l’ospedale di Borama nel Somaliland. Lì, accanto alle cure mediche per tubercolotici, i malati potevano contare su corsi di alfabetizzazione e scuole coraniche, oltre che su classi per bambini ciechi, sordomuti o disabili. Insieme a capi religiosi locali e alle donne coinvolte nella pratica avviò un progetto contro le mutilazioni genitali femminili, largamente diffuse in Somalia: nel 2003 molte tradizionali circumcisers rinunciarono pubblicamente al loro lavoro ottenendo in cambio una somma di denaro per iniziare una nuova attività. Accanto a questo impegno, organizzava periodicamente gli Eye camps, dove gruppi di oculisti operavano i pazienti consentendo loro in moltissimi casi di recuperare la vista. In questi anni intorno all’ospedale crebbe un vero e proprio villaggio composto dalle famiglie dei malati. Erano anche gli anni della diffusione dell’AIDS, spesso in situazione di comorbilità con la tubercolosi. L’accoglienza ai malati di AIDS suscitò forte contrarietà in alcuni ambienti somali, che la accusavano di diffondere la malattia in una società che ne era immune.
Nel 2001 in Vaticano Annalena Tonelli raccontò la sua esperienza nell’ambito di un convegno promosso dal pontificio consiglio per la pastorale della salute. Il testo del suo intervento resterà come una sorta di testamento spirituale, per la sintesi non solo biografica, ma anche, appunto, spirituale, al cui interno l’esperienza di cura è inserita in un contesto di vocazione evangelica: «Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatré anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine [...]. Vivo una vita molto sobria nell’abitazione, nel cibo, nei mezzi di trasporto, negli abiti. Ho rinunciato spontaneamente alle abitudini occidentali. Ho ricercato il dialogo con tutti. Ho dato care: amore, fedeltà e passione» (Fagiolo D’Attilia - Zanini, 2004, p. 194). Insieme al corposo epistolario che durante gli anni si era sedimentato grazie ai fitti rapporti che Tonelli manteneva con parenti e amici in ogni parte del mondo, questa testimonianza rappresenta una fonte preziosa per comprendere un cammino altrimenti tenuto volutamente nascosto: era solita dire di sé stessa «I’m nobody».
Nel 2002 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi le conferì il titolo di cavaliere della Repubblica. Intanto a Borama alcune frange fondamentaliste iniziarono a ostacolare violentemente la sua attività, giungendo a colpire ripetutamente con fitte sassaiole l’ospedale da lei gestito. Nella stanza dove viveva, Tonelli conservava l’eucarestia, consacrata due volte l’anno dal vescovo di Gibuti, che si recava da lei per celebrare la messa. Ella parlava della sua fede come «incrollabile, rocciosa, che non conosce crisi dai tempi della giovinezza» (p. 29).
Nel giugno del 2003 a Ginevra ricevette dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati il Nansen refugee award per l’assistenza ai profughi. Accettò il premio per attirare l’attenzione del mondo sulla situazione della Somalia. La stampa iniziò a scrivere di lei e delle sue attività, facendola conoscere a livello internazionale.
Il 5 ottobre, mentre visitava gli ammalati a Borama, Tonelli venne uccisa con un colpo alla nuca da due sicari. Le responsabilità non sono mai state acclarate. Il suo corpo fu trasportato in Kenya e le ceneri disperse, secondo le sue volontà, a Wajir, nel deserto kenyano, dove aveva iniziato la sua opera.
Il presidente della Repubblica Ciampi la insignì della medaglia d’oro al merito civile alla memoria. Nella basilica romana di S. Bartolomeo all’Isola Tiberina, luogo che accoglie il memoriale dei nuovi martiri, nel 2017 è stata consegnata un’agenda che le apparteneva, posta ora sull’altare dedicato ai martiri dell’Africa.
Fonti e Bibl.: Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, Annalena, Forlì 2004; M. Fagiolo D’Attilia - R.I. Zanini, “Io sono nessuno”. Vita e morte di A. T., Cinisello Balsamo 2004; A. Tonelli, Testimoniare il Vangelo in terra islamica, in Il Regno, 2004, n. monografico: La Chiesa in Italia, pp. 175-191; P. Vanzan, A. T. Quando l’amore vince la paura e la morte, in Ad gentes. Teologia e antropologia della missione, IX (2005), 2, pp. 110-118; M. Fagiolo D’Attilia - R.I. Zanini, A. T. Un amore più forte di ogni odio, Cinisello Balsamo 2006; A. Pozzi, A. T., in Testimoni della chiesa italiana. Dal Novecento ai nostri giorni, a cura di E. Guerriero, Cinisello Balsamo 2006; A. Tonelli, Lettere dal Kenya 1969-1985, a cura di B. Tonelli - E. Laporta - M.T. Battistini, Bologna 2013; A. Tonelli, Lettere dalla Somalia 1985-1995, a cura di B. Tonelli - E. Laporta - M.T. Battistini, Bologna 2016; A. Tonelli, Lettere dal Somaliland 1996-2003, a cura di B. Tonelli - E. Laporta - M.T. Battistini, Bologna 2018.