SCHIAFFINO, Anna
– Nacque a Parigi il 9 agosto 1807, unica figlia di Giuseppe e di Maddalena Corvetto.
Il nonno materno, Luigi Corvetto, era stato nominato nel 1806 consigliere di Stato da Napoleone I e, insieme con i due generi – Giuseppe Schiaffino e Tommaso Littardi di Porto Maurizio – e le rispettive famiglie, si era trasferito a Parigi; ritornato a Genova nel 1820, vi era morto l’anno seguente. Entrato successivamente, come il suocero, al servizio dei Borbone restaurati, Giuseppe era stato nominato, il 15 aprile 1817, console generale di Francia a Genova, dove si era trasferito con tutta la famiglia, andando a stabilirsi nel palazzo Doria in via Nuova. La sua casa divenne in breve tempo luogo d’incontro del patriziato genovese e di coloro che avevano mantenuto legami con gli ambienti liberali francesi.
Anna, detta Nina, trascorse dunque i primi dieci anni di vita a Parigi, dove ricevette un’istruzione assai ricca. Il francese fu di fatto la sua lingua madre; studiò anche l’inglese e il tedesco, oltre che disegno, canto e musica, di cui fu ottima esecutrice. Contribuirono alla sua formazione ampi studi letterari, religiosi e filosofici.
Le fonti le attribuiscono fin dalla più giovane età un’intelligenza acuta e un temperamento vivace e ribelle, entrato ben presto in contrasto con l’ambiente circostante.
Si sposò diciannovenne, il 15 agosto 1826, con il marchese Stefano Giustiniani, nato il 6 febbraio 1800, gentiluomo di camera di Carlo Felice di Savoia, uomo assai lontano da lei per carattere, interessi culturali e idee politiche. Dal matrimonio nacquero tre figli: uno morì nella prima infanzia, gli altri furono Teresa, nata nel 1827, e Giuseppe, nato nel 1828. I coniugi andarono ad abitare in un appartamento al primo piano di un palazzo in piazza San Siro, dove, seguendo la tradizione familiare e grazie alle relazioni con l’aristocrazia genovese e gli ambienti diplomatici, Nina fu l’animatrice tra il 1827 e il 1831 di uno dei salotti più brillanti della città.
Ne divenne frequentatore assiduo Camillo Benso di Cavour, giovane ufficiale assegnato nel marzo del 1830 alla direzione del genio di Genova. Tra Nina e Cavour ebbe inizio allora una relazione che, sia pure molto discontinuamente, durò fino al 1835. La frequentazione della società genovese, assai meno chiusa e conformista di quella torinese, e la conoscenza di Nina Giustiniani furono determinanti nella formazione intellettuale e politica del giovane Cavour e contribuirono a suscitare in lui l’interesse per la politica italiana, facendolo incontrare con l’universo mazziniano: Cavour non provò mai simpatie per tali ambienti e si avvicinò piuttosto alle idee liberali, a partire dal luglio del 1830, quando apprese, a Genova, la notizia dei sollevamenti rivoluzionari di Francia. A seguito di quelle esperienze e del comportamento tenuto nella circostanza, Cavour venne richiamato a Torino, messo sotto sorveglianza dalla polizia e inviato al forte di Bard in Val d’Aosta, dopo aver rischiato l’incarcerazione come cospiratore politico; nel novembre del 1831 avrebbe abbandonato l’esercito e la carriera militare.
Dopo la partenza di Cavour da Genova, nel dicembre del 1830, Nina, venuta a conoscenza delle traversie da lui subite, gli scrisse più volte senza ricevere risposta. Intanto, le sue simpatie politiche l’avevano avvicinata alle più radicali posizioni repubblicane. I genitori, preoccupati per i comportamenti intemperanti di Nina, la confinarono per qualche tempo nella loro villa di Polanesi vicino Recco, ma, una volta ritornata a Genova, riprese le attività in favore dei circoli repubblicani e mazziniani, partecipando anche, come altri giovani nobili genovesi legati alle famiglie Giustiniani e Corvetto, a una raccolta di fondi per la Giovine Italia.
Nel gennaio del 1832 ripresero i contatti con Cavour, che, nuovamente a Genova, le scrisse per incontrarla. La madre di Nina, venuta a conoscenza della relazione intercorsa tra i due, impose alla figlia di troncare il rapporto. Nina si sottomise alla volontà materna dopo una fiera resistenza e non senza aver dichiarato a Cavour l’intensità dei sentimenti che l’avevano legata a lui.
Nel corso di quell’anno si aggravarono le sue già precarie condizioni di salute, per cui si recò a Milano per consultare un medico. In realtà, motivo del viaggio fu anche l’intenzione di sfuggire alla repressione della congiura mazziniana di quell’anno, che l’avrebbe con ogni probabilità coinvolta. Ospite di sua cugina Teresa Littardi e del marito, il musicista Niccolò Sauli, frequentò il loro salotto e altri circoli artistici milanesi, tra cui quello del genovese Felice Romani.
Visitata a Milano dal medico Tommaso Locatelli, le furono diagnosticati disturbi cardiaci e suggerito un soggiorno sul lago di Como. Da Milano, dopo un rapido passaggio per Genova, Nina, insieme con il marito, si recò a Torino ad accompagnare la figlia Teresa nel collegio del Sacré Cœur. Da Torino, nel giugno del 1834, si mise in contatto con Cavour, in quel momento residente a Grinzane: i due ripresero la loro relazione destinata a durare fino all’ottobre dello stesso anno. Su indicazione del medico torinese Francesco Rossi, Nina si recò a Vinadio, presso Cuneo per sottoporsi a cure termali e lì fu immediatamente raggiunta da Cavour. A quel punto il marito, che aveva fino ad allora tollerato la relazione purché si evitassero scandali, si mostrò invece intenzionato a ostacolarla. Nina, nella difficoltà di mettersi in contatto con Cavour, cercò di ricorrere all’aiuto di altre persone. Nelle sue lettere di quel periodo, dai toni assai tormentati, si faceva più di un accenno alla morte come a una liberazione da ogni sofferenza.
Il 22 luglio i Giustiniani lasciarono Vinadio per raggiungere il castello di famiglia di Voltri, dove Nina e Cavour si incontrarono di nuovo. Nei mesi successivi, contemporaneamente al ritorno dei Giustiniani a Genova, Cavour iniziò una serie di viaggi in Europa, da dove intrattenne con Nina una fitta corrispondenza, intessuta di vivaci discussioni politiche. Le divergenze politiche non impedirono a Cavour di esprimere, nei diari di quel periodo, grande stima per le doti intellettuali e morali di Nina.
Nel marzo del 1835 Nina confessava a Cavour di avere abbandonato, per amore di lui, «la bannière de nos démagogues» (Codignola, 1940, p. 123). Conduceva allora una vita assai ritirata; le sue lettere recavano traccia di ripetute letture della Bibbia e di altri testi religiosi e del suo percorso di meditazione, nel quale si era gradualmente allontanata dalle pratiche del culto senza privarsi del conforto della fede.
Nel luglio del 1835, mentre si stava diffondendo l’epidemia di colera, Cavour ritornò a Torino dal Belgio e Nina cercò di raggiungerlo, ma ad Asti venne fermata dalle misure di quarantena stabilite dalle autorità sanitarie. Conclusasi così quella che venne interpretata come una fuga, Nina fece ritorno in uno stato di prostrazione a Genova, dove, accolta con durezza dai familiari, ebbe tuttavia il sostegno di alcuni amici, tra i quali Antonio Crocco, il cui diario inedito contiene molte notizie su di lei.
Alla fine di agosto Nina tentò il suicidio avvelenandosi: salvata dall’amico Lazzaro Rebizzo, solo nel luglio successivo si riprese dagli effetti dell’avvelenamento, assistita da Carlotta Parodi Giovo e sorretta dall’amicizia di Bianca e Lazzaro Rebizzo, del poeta Giuseppe Gando e di Crocco. Secondo la testimonianza di questi, dopo un nuovo tentativo di suicidio compiuto il 1° gennaio 1838, Nina parve riprendere interesse alla vita e si dedicò alla lettura di opere letterarie, filosofiche e politiche, delle quali scriveva e discuteva con lui. L’aver manifestato questi interessi e l’affetto che ancora provava per Cavour confermarono ai familiari l’idea che Nina non fosse sana di mente e che le sue condizioni si andassero aggravando di giorno in giorno. Negli ultimi scritti, pervenuti a Cavour attraverso Carlotta Parodi e conservati nell’archivio Cavour a Santena, Nina esprimeva il sentimento che la legava a lui. Nei tre brani da lei titolati Lettere d’oltre tomba parlava di sé come di una persona ormai morta e, consapevole di avere avuto molte rivali in amore, scriveva a Cavour di averle superate tutte per la forza del suo sentimento.
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1841 Nina tentò nuovamente il suicidio, lanciandosi da una finestra della sua casa genovese. Morì, dopo sei giorni di agonia, il 30 aprile 1841.
Fonti e Bibl.: D. Berti, Il conte di Cavour avanti il 1848, Roma 1886, pp. 162-186; Diario inedito con note autobiografiche del conte di Cavour, a cura di D. Berti, Roma 1888; P. Matter, Les origines des Cavour, in Revue historique, 1912, vol. III, 3, p. 30 s., 265 s.; F. Ruffini, La giovinezza di Cavour, I, Torino 1912, pp. 101-113, 206-232; P. Matter, Cavour et l’unité italienne, I, Paris 1922, pp. 75-80, 107 s., 212 s.; H.N. Gay, Cavour e l’incognita (Corrispondenza inedita d’amore), in Nuova Antologia, 16 febbraio 1926, pp. 289-311, 1° marzo 1926, pp. 27-44, ripubblicato in Id., Scritti sul Risorgimento, Roma 1937, pp. 15-46; M. Ruini, Luigi Corvetto genovese, ministro e restauratore delle finanze di Francia, Bari 1929, ad ind.; A. Codignola, Anna Giustiniani: un dramma intimo di Cavour, Milano 1940; C. Cavour, Lettere d’amore, a cura di M. Avetta, Torino 1956, pp. 9-283; Id., Epistolario, I, 1815-1840, Bologna, 1962, pp. 167-171, II, 1841-1843, con un supplemento per gli anni 1819-1840 a cura di C. Pischedda, Bologna 1968, pp. 36-38, 50-52; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, I, 1810-1842, Bari 1971, pp. 270-278, 380-387; L’Archivio Cavour. Inventario, a cura di G. Silengo, Santena 1974, ad ind.; M.C. Bellentani, Nina Giustiniani, l’inconnue, Genova 1980; P. Pinto, L’amore segreto di Cavour, Firenze 1990; C. Cavour, Diari (1833-1856), a cura di A. Bogge, Roma 1991, ad ind.; C. Salvago Raggi, Donna di passione, un amore giovanile di Cavour, Milano 2007; Storia della Liguria, a cura di G. Assereto - M. Doria, Roma-Bari 2007, ad ind.; P. Pinto, Nina pazza per amore. Il conte di Cavour e la marchesa Giustiniani, Chieti 2013.