GARIBALDI, Anita
Anna Maria Ribeiro da Silva, prima moglie di Giuseppe Garibaldi, nacque verso il 1821 a Morinhos, nello stato brasiliano di Santa Catharina, e morì nella fattoria Guiccioli, presso Ravenna, il 4 agosto 1849. Garibaldi la conobbe nell'agosto del 1839 a Laguna, che le truppe dei farrapos (gl'insorti del Rio Grande del Sud) avevano occupato nel mese precedente, proclamandovi la Repubblica Catarinense. Sposata già a Manuel Duarte de Aguiar (1835), Anita si era stabilita col marito sopra il Morro della Barra, alta montagna all'entrata del porto di Laguna; ma il 23 ottobre essa seguì Garibaldi sulla nave Rio Pardo, che poco dopo salpò per affrontare la flotta imperiale; e da allora in poi, divise col suo José i grandissimi pericoli della sua vita avventurosa. Pochi giorni dopo la sua unione con Garibaldi, Anita mostrava già, nel combattimento d'Imbituba, l'imperturbabile e coraggioso suo animo, intrepida al suo posto, noncurante del pericolo. E così fu al combattimento di Laguna, dove, assaliti improvvisamente dal nemico, essa caricò il cannone, sparando il primo colpo; così alla battaglia di Curitybanos; dove tuttavia, per la sua grande temerità, fu circondata dai nemici, che la fecero prigioniera. Riuscì a salvarsi con la fuga, e ritrovato vivo Garibaldi, che essa aveva già cercato fra i morti, se ne andò con lui a San Simon, dove il 16 settembre 1840, diede alla luce il suo primo bambino, Menotti; ivi passarono molti mesi, durante i quali ebbero ancora luogo alcuni fatti d'arme poco importanti. Poi, di fronte alle preponderanti forze nemiche, nel cuor dell'inverno sudamericano (maggio-agosto 1841) cominciò quella terribile ritirata, durante la quale, col piccolo Menotti in braccio, Anita soffrì le più dolorose fatiche e privazioni. Verso la fine del 1841 Garibaldi e Anita abbandonarono il Rio Grande del Sud, per recarsi a Montevideo. Ivi, essendo morto il primo marito di Anita, essi si sposarono (16 giugno 1842) nella chiesa di S. Francesco; e per tutto il tempo che Garibaldi rimase al servizio della Repubblica Uruguayana, Anita non si occupò che delle faccende domestiche.
Nel dicembre del 1847, quando cioè erano giunte a Montevideo le notizie delle manifestazioni patriottiche che si succedevano in Italia, Anita, con i figli Menotti, Teresita e Ricciotti, lasciando colà il marito, s'imbarcò per l'Italia. Giunse due mesi dopo a Nizza. Quando Garibaldi, alla fine di ottobre del 1848, andò in Toscana, Anita lo seguì. A Livorno gli sposi furono ospiti di Carlo Notary; e mentre (3 novembre 1848) Garibaldi partiva per Firenze col proposito di recarsi alla difesa di Venezia, Anita raggiunse Nizza. Intanto, per le vicende politiche, Garibaldi sostò in Romagna con la Legione, disponendosi a continuare per le Marche il suo viaggio per Roma, dove l'8 febbraio 1849 andò a perorare all'Assemblea costituente la proclamazione della repubblica. Tornato a Rieti, dove si erano soffermati i legionarî, fu colà raggiunto da Anita (verso il 20 febbraio) che vi rimase fino ai primi giorni dell'aprile; e poiché Garibaldi ebbe ordine di partire con la Legione per Anagni, Anita riprese la via di Nizza. Impressionata per la tragicità degli eventi che si svolgevano durante la gloriosa difesa, il 26 giugno comparve improvvisamente in Roma e corse a San Pancrazio a fianco di Garibaldi. Il 2 luglio lasciò la città vestita da ufficiale della Legione e divise col marito i pericoli della ritirata. Era in stato di avanzata gravidanza, e quando giunse a San Marino era già gravemente inferma. Non volle però abbandonare Garibaldi, e lo seguì a Cesenatico (10 agosto), prendendo imbarco su uno di quei bragozzi che Garibaldì aveva requisito per raggiungere Venezia e che furono catturati in gran parte dagli Austriaci. Quello su cui erano Garibaldi, Anita e qualche altro, riuscì a sfuggire e si arenò sulla spiaggia; e i due sposi, seguiti dal Leggiero, unico rimasto con loro, attraverso un terreno paludoso, con l'aiuto di animosi Romagnoli, giunsero alla fattoria Guiccioli, alle Mandriole, dove Anita, spossata dalla fatica e dal caldo opprimente, arrivò quasi moribonda. Garibaldi, per sfuggire alla cattura degli Austriaci, dovette, ancor caldo il cadavere, lasciare la sventurata in custodia del fattore delle Mandriole. Seppellita in gran fretta dentro una fossa scavata nella sabbia, in una landa deserta, detta Mota della Pastorara, dove fu devastata da cani randagi, la salma di Anita, sette giorni dopo, fu tumulata nel cimitero parrocchiale delle Mandriole, fino a quando, alla presenza del marito, nel settembre del 1859 fu trasportata a Nizza. Nel cinquantenario della morte di G. Garibaldi (2 giugno 1932) fu eretto un monumento, opera del Rutelli, sul Gianicolo, presso a quello dell'eroe; e le ceneri di Anita vi furono tumulate.
Bibl.: G. Bandi, A. G., appunti storici, Firenze 1889 (nuova ed. 1932); Sfinge, A. G., in Nuova Antologia del 15 dicembre 1905; A. Garibaldi, A. G., Buenos Aires 1931; G.E. Curatulo, A. G., Milano 1932.