ARCAMONE, Aniello (Anellus, Agnello)
Nacque probabilmente tra il primo e il secondo terzo del sec. XV, da una nobile casata napoletana del sedile di Montagna. Un suo omonimo, verosimilmente l'avo, era stato luogotenente del gran camerario alla fine del secolo precedente.
Dottore "utriusque iuris" - laureatosi, pare, nello Studio napoletano - ebbe un buon nome come giurista. Sue annotazioni (Additiones) vennero riprodotte in un noto apparato che accompagna la raccolta legislativa fondamentale del Regno: Thomae Grammatici In Constituttonibus, capitulis et pragmaticis Regni neapolitani, et ritibus Magnae Curiae Ficariae additiones et apostillae..., Venetiis 1562 (un "Petrus de Arcamone", che il Giustiniani sembra propenso a identificare con l'A., figura con dei commenti nelle Utriusque Siciliae constituziones, capitula, ritus et progmaticae, doctissimis... illustrium Iurisconsultor ... commentariis illustrata...., Venetiis 1590). La produzione del giurista si riconnette senza alcun dubbio alle cariche amministrative e giudiziarie, ricoperte principalmente, sembra, nel primo periodo della sua vita pubblica. Nel 1466 l'A. figura infatti presidente della Regia Camera della Sommaria, nel 1469 è consigliere del Sacro Real Consiglio. Per quest'ultimo ufficio risulta nel 1472 stipendiato con 400 ducati annui.
Ma non tanto come giureconsulto e magistrato, bensì come uomo politico e diplomatico l'A. contò tra i maggiori personaggi napoletani dell'età aragonese. "Regius orator" di Ferdinando I a Piero di Cosimo de, Medici (lettera da Siena del 19 genn. 1469 nell'Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato - d'ora in avanti cit. MAP - XVI, 284) e ambasciatore alla Repubblica di Venezia per tre anni, egli fu soprattutto il rappresentante del re alla corte pontificia in un periodo cruciale della politica aragonese, contribuendo con la sua opera al maturare degli eventi di Toscana (1479), di Otranto (1480-1481), di Ferrara e Venezia (14821484). Nel marzo 1472 fu mandato ambasciatore a Sisto IV e nel giugno dello stesso anno, insieme all'arcivescovo di Salemo, Pietro Guglielmo della Rocca, ebbe incarico di presentare al papa la chinea (Bibl. Apostolica Vaticana, Cod. Ferraioli 723, pp. 491-514). Nel 1474 preparò la visita a Roma di Ferdinando, del gennaio 1475. Nel settembre di tale anno ebbe speciale procura dal re per discutere col papa e coi cardinali la spedizione contro i Turchi e per promettere il contributo dell'Ungheria. Il 16 sett. 1477 intervenne in un ruolo di primissimo piano all'incoronazione della regina Giovanna. L'anno seguente (luglio 1478) ebbe procura di condurre agli stipendi del re G. Cesare Varano, signore di Camerino, e Mariano Savelli.
L'A. doveva alternare alle sue permanenze in Roma anche dei soggiorni più o meno prolungati a Napoli. Così doveva essere, o esser creduto, a Napoliaipruinli di novembre del 1479, quando gli scrivono dal campo pontificio intorno a Colle Val d'Elsa Nicola Gaetani - che gli si rivolge come a Segretario del re - e Alfonso duca di Calabria (MAP, XCVI, 120 e 434). Ma il 19 dello stesso mese è a Roma (MAP, XXXI, 381). A Roma lo dànno tra il 1481 e il 1483 diverse testimonianze nel carteggio dell'Albino e un suo dispaccio al re (MAP, XLVIII, 334).
Il 27 marzo 1483 Ferdinando ricompensò i servigi dell'A., che già era cavaliere, concedendogli la contea di Borrello, castello di Calabria, che insieme a quelli di Rosamo e di Gioia l'A. aveva comprato dal re per i 8.000 aurei e del quale era stato investito nel novembre 1479.
Nel 1484 l'A. operò efficacemente per l'elezione al pontificato di G. B. Cybo, che ebbe il nome di Innocenzo VIII. Nell'udienza concessa dal nuovo papa al corpo diplomatico toccò all'A. di rispondere in nome della lega delle potenze italiane all'allocuzione del pontefice sulla pace generale, sulla vertenza di Pietrasanta aperta tra Firenze e Genova, sul temuto intervento francese. Alla fine dell'anno (29 dicembre) l'A. fu incaricato, insieme a Francesco Patrizi, vescovo di Gaeta, dell'ambasceria straordinaria che doveva presentare al papa l'omaggio del re. Scoppiata la crisi della congiura dei baroni, egli si adoperò vanamente perché il papa sconfessasse questi ultimi (MAP, LI, 343: copia di un lungo rapporto al re del 2 sett. 1485) e dovette sopportare a Roma arresto, saccheggio e incendio della propria casa (15 dicembre). Ciò non gli evitò di cadere in disgrazia sotto l'accusa di aver fatto anch'egli parte della congiura. Il 13 ag. 1486, inviato alle nozze di Marco Coppola, l'A. fu arrestato insieme ad Antonello Petrucci, suo cognato (aveva sposato una sorella dell'A.), e allo sposo.
Nello svolgimento e nel tragico epilogo del processo di lesa maestà che fece seguito all'arresto, il nome dell'A., che pure è tra gli imputati, non compare. Si ritiene che l'abbiano sottratto alla morte le risultanze dell'indagine, secondo cui egli dovette apparire, piuttosto che attivo partecipe della congiura, colpevole soltanto di scarsa efficienza come rappresentante diplomatico del re, per non aver saputo scoprire i maneggi che si erano svolti a Roma ad opera dei congiurati sotto i suoi occhi. È anche possibile che egli fosse preso nell'ingranaggio della repressione per il solo fatto di essere imparentato col Petrucci.
Comunque, non condannato né assolto, l'A. restò nella prigione di Castel Nuovo fino al febbr. 1495, allorché venne liberato da re Ferrandino che si allontanava da Napoli davanti ai Francesi. Tutti i beni dell'A. erano stati confiscati. Oltre alla contea calabra, aveva perduto il feudo di Gioi nel Cilento, che aveva acquistato dal Conte di Terranova nel 1480; la torre di Francolise e un terreno nel Mazzone di Capua donatogli da Rinaldo Brancaccio. L'A. sopravvisse ancora a lungo, fino al 1510, anno in cui morì ultimo degli Arcamone del sedile di Montagna. Fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo. Il suo èpitaffio fu dettato dal genero Annibale da Capua, conte di Altavilla, che aveva sposato Lucrezia, nata dal matrimonio dell'A. con Cassandra Scannasorice.
L'alta valutazione che dell'A. fa il Porzio concorda con la stima che ne ebbe Lorenzo il Magnifico, i cui rapporti con l'A. sono testimoniati dai protocolli di lettere e dal carteggio mediceo. Nel 1484Lorenzo il Magnifico si interessava, tra l'altro, per una podesteria a Norcia dei suocero dell'A. Altre raccomandazioni, che presupponevano un certo livello di rapporti, aveva chiesto l'A. al Magnifico nel 1476 da Napoli e nel 1483 (MAP,XXXIII, 957; LI, 192).
Fonti e Bibl.: Della letteratura e delle fonti utilizzate da L. Volpicella per il suo profilo dell'A. in Regis Ferdinandi primi instructionum liber, Napoli 1916, pp. 265 s., si indicano qui nuovamente: C. Porzio, La congiura de, Baroni..., a cura di E. Pontieri, Napoli 1958, pp. 160, 164; e N. Toppi, De origine omnium tribunalium..., I, Neapoli 1655, p. 163; 203-206; II, Neapoli 1659, p. 217. Vedi inoltre, inediti, i documenti citati sopra nel testo dell'Archivio Mediceo avanti il Principato . Cfr. anche: G. Albino, De bello intestino Alphonsi II Aragonei ducis Calabriae, p. 62 e Lettere, istruzioni ed altre memorie de' Re aragonesi, pp. 26, 56, 73, 77, 78, 81, 83, in Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell'Istoria generale del Regno di Napoli, V, Napoli 1769; F. Guicciardini, Storie fiorentine dal 1378 al 1509, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, p. 67; G. B. Ziletti, Index librorum iuris pontificii er civilis... quarto loco... in lucem editus, Venetiis 1566, c. 8r; P. Giannone. Dell'istoria civile del Regno di Napoli, III, Napoli 1723, p. 489; G. B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 1, Napoli 1750. pp. 103-105; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli. Napoli 1787. I. pp. 78-80; Regesto della Cancelleria aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 22; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico..., a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 222, 272, 287, 326, 336; C. De Frede, Studenti e uomini di legge a Napoli nel Rinascimento, Napoli 1957, pp. 91, 113.