SOLFOROSA, ANIDRIDE
L'a.s., o biossido di zolfo (SO2), è un gas incolore, di odore pungente, tossico per gli organismi viventi, che si produce nella combustione dello zolfo e dei composti solforati. Poiché questi, seppure in diverse percentuali, sono presenti in tutti i combustibili fossili, l'a.s. costituisce insieme agli ossidi di azoto, anch'essi provenienti dall'utilizzo dei combustibili fossili, una componente primaria dell'inquinamento atmosferico causato dagli impianti industriali e dal riscaldamento domestico (v. inquinamento, in questa Appendice). Nell'atmosfera l'a.s. sotto l'influenza della luce solare forma, attraverso una serie di reazioni, ione solfato, allo stesso modo in cui nella troposfera l'ossido di azoto si ossida in biossido di azoto e, reagendo con ammoniaca, dà luogo a sali di ammonio. L'a.s., gli ossidi di azoto e gli altri contaminanti atmosferici ricadono sulla superficie terrestre o tal quali (deposizioni secche), venendo direttamente assorbiti dalla vegetazione al suolo o dalle acque superficiali, o disciolti in acqua (deposizioni umide). La contemporanea presenza nell'atmosfera di composti dello zolfo (a.s. e solforica), di ossidi di azoto e di vapore acqueo, fa sì che i primi si trasformino nei loro derivati acidi (acido solforico e nitrico). La loro presenza determina l'innalzamento del grado di acidità di acque piovane, neve, nevischio, ecc., causando il fenomeno delle cosiddette precipitazioni (o piogge) acide.
Il termine piogge acide fu coniato nel 1852 da R.A. Smith, che studiava la composizione chimica della pioggia della città di Manchester. Da allora l'interesse per questa particolare forma d'inquinamento è sensibilmente cresciuto, in relazione ai molteplici danni attribuiti alle precipitazioni acide in vari comparti ambientali. Fino a relativamente pochi anni fa infatti il fenomeno era limitato alle aree urbane più industrializzate, dove erano localizzati gli impianti responsabili delle emissioni degli ossidi dello zolfo e dell'azoto. Inoltre in un primo tempo le conseguenze di questo tipo d'inquinamento sono passate inosservate in quanto le comunità naturali, bersagliate per un certo periodo, sono state in grado di neutralizzarne gli effetti. Questa capacità di resistenza si è andata via via esaurendo con l'aumentare dell'entità del fenomeno e di conseguenza i danni provocati dalle precipitazioni acide sono diventati ben evidenti.
Il problema dell'acidità delle precipitazioni atmosferiche si è poi paradossalmente aggravato, passando da una scala locale a una scala globale, da quando la gran parte dei paesi industrializzati ha introdotto norme antinquinamento più severe: la costruzione di ciminiere più alte, che diluiscono a maggiore altezza l'emissione di inquinanti, e l'abbattimento delle ceneri e del particolato, in grado di neutralizzare l'acidità, uniti alla costanza di emissione durante l'anno e all'effetto additivo di altri inquinanti, hanno fortemente aggravato la situazione. In particolare le ciminiere più alte riducono l'acidità a livello locale, ma causano l'immissione delle sostanze inquinanti nelle correnti aeree più forti che spirano ad altezza maggiore, e quindi il loro trasferimento in zone anche molto distanti che per fattori meteorologici o geografici sono sottoposte alla ricaduta di inquinanti anche senza esserne produttrici. Per es., in Europa a causa delle correnti aeree dirette da sudovest a nordest la Norvegia meridionale è stata una delle aree più colpite dalle precipitazioni acide nonostante non vi siano localizzati né grandi insediamenti urbani né grossi impianti industriali. In generale si nota che l'acidità diminuisce con la distanza ed è più accentuata nelle zone montuose sottovento rispetto alla sorgente di emissione.
Il primo effetto dell'acidità delle precipitazioni venne rilevato sugli ambienti di acqua dolce. L'aumento dell'acidificazione dell'acqua fu attribuito all'aumentata deposizione degli acidi solforico e nitrico prodotti dagli ossidi di zolfo e azoto presenti nell'atmosfera. Questi acidi, cadendo con la pioggia o liberati in seguito allo scioglimento delle nevi, determinano la diminuzione del pH degli ecosistemi acquatici. L'analisi delle acque di 155 laghi della Norvegia ha messo in evidenza una significativa diminuzione del pH fino a valori inferiori a 5,5; valori analoghi sono stati riscontrati anche in Canada, nei laghi della Nuova Scozia e, negli Stati Uniti, nei laghi dell'Adirondack Park (New York) e della Florida o nei fiumi della Carolina del Nord. Il danno dovuto alle precipitazioni acide è aggravato dalla presenza di altri contaminanti, come composti organici, ossidi, metalli. Le precipitazioni acide non hanno un andamento costante durante l'anno: il pH dei laghi acidificati varia stagionalmente, inoltre spesso cresce in primavera quando lo scioglimento delle nevi acide determina il rilascio di alte dosi di contaminanti. Tutte le comunità degli ambienti acquatici risentono delle alterazioni dovute alle precipitazioni acide: è possibile infatti osservare un cambiamento nella distribuzione delle specie e una diminuzione della loro varietà. Anche gli ecosistemi terrestri vengono danneggiati dalle precipitazioni acide, ma in quale misura ciò accade è più difficile valutare, data la complessità del terreno. Numerose foreste sottoposte a precipitazioni acide mostrano danni diversi; sulle piante infatti operano gli effetti sia delle deposizioni secche, responsabili della diminuita capacità fotosintetica e traspirante dell'intera pianta, sia delle deposizioni umide, che alterando la composizione del terreno agiscono o direttamente sull'apparato radicale o indirettamente modificando la disponibilità dei nutrienti.
Negli ambienti antropizzati vengono danneggiati dall'esposizione a precipitazioni acide i manufatti in materiale lapideo e le strutture in ferro, se non adeguatamente protette da apposite verniciature. Contro questo tipo di danno si ricorre infatti a trattamenti superficiali con materiali sintetici.
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