ANGUILLARA
. Famiglia comitale romana. La sua storia appartiene, per quel che è più importante e più nota, agli ultimi secoli del Medioevo; e si connette alla storia della Tuscia romana e di Roma.
Di stirpe probabilmente longobarda, gli Anguillara attinsero forza anzitutto dal luogo dove avevano fatto nido e donde presero il nome: l'antica Villa Anguillara, trasformata in castello e posta a cavaliere delle vie Cassia e Clodia, cioè a dominio delle vie d'accesso più frequentate, durante il Medioevo, dai pellegrini e visitatori di Roma provenienti dal nord. Un conte Guido dell'A. è ricordato fin dall'alba del sec. XI (1020); un conte Ramone, considerato il capostipite, fra il 1163 e il 1167; ma solo col conte Pandolfo I, vent'anni dopo (1186), s'inizia una successione di cui si possono segnare, con sicurezza, le varie tappe. Da allora questa famiglia esce dalla relativa oscurità in cui prima era rimasta, per entrare nella piena luce della storia del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Gli A. erano, per la loro posizione, i naturali nemici dei prefetti di Vico che dominavano la parte settentrionale del Patrimonio: ne veniva di conseguenza che, se i secondi erano Ghibellini e s'appoggiavano all'Impero, i primi dovessero essere Guelfi e appoggiarsi alla Chiesa. Così accadde, a cominciare dalla seconda metà del sec. XIII, che vide, con varia fortuna e senza esito decisivo, le fiere lotte fra Pietro IV prefetto di Vico e quel Pandolfo II d'A., che fu poi podestà benemerito di Viterbo (1274-75). Nel sec. XIV, gli A. non solo confermarono il loro potere nel Patrimonio, ma esercitarono uffici anche a Roma, come rappresentanti del partito angioino. Due di essi, Francesco e Pandolfo, furono vicarî di re Roberto; e il maggiore di tutti, Orso dell'A., fu senatore più volte e, come tale, il giorno di Pasqua 1341 incoronava in Campidoglio, per re Roberto, Francesco Petrarca, che era stato suo ospite nel castello di Capranica e gli aveva indirizzato un sonetto. Il secolo XV è dominato dal nome di Everso, tipica figura di signore del Rinascimento, e segna il colmo della potenza degli A., ma anche il principio della loro rovina. Poiché se Everso, riuscì, secondando la politica di Eugenio IV e perseguendo la politica tradizionale della sua famiglia, ad annientare i potenti prefetti di Vico, raggiunto quel fine (1436), gli A. si trovarono ad avere ereditato la potenza e la posizione della famiglia distrutta, ma, con la posizione, anche i pericoli che v'erano inevitabilmente congiunti, soprattutto nel momento in cui lo Stato della Chiesa s'andava organizzando in stato moderno, e non poteva tollerare il permanere di signorie locali. Infatti, morto Everso, Paolo II scomunicò i due figli, Francesco e Deifobo, che, dopo avergli reso omaggio, avevano rotto la fede giurata, li mise al bando e, con le truppe del legato cardinal Fortiguerri, ne fiaccò la potenza. Francesco, fatto prigioniero, languì nelle carceri di Castel S. Angelo fino al 1471; Deifobo, riparato a Venezia, passò al servizio di quella repubblica.
Dopo d'allora la famiglia degli A., soprattutto nel suo ramo principale, sparisce dalla storia, almeno di primo piano, del Patrimonio e di Roma. Qualche importanza nel sec. XVI conserva il ramo di Cere, di cui va ricordato soprattutto quel Renzo condottiere che nel 1527, alla vigilia del sacco, fu preposto, con poca fortuna, alla difesa di Roma; e Titta, famoso per aver negato, con un'arguta risposta, di scoprirsi dinanzi all'imperatore Carlo V, quando questi fu a Roma (1536). La famiglia si estinse nel secolo XVIII. A Roma rimane, degli A., la nota torre in Trastevere, non lontano dalla chiesa di S. Francesco a Ripa che fu loro sepolcreto e che un Pandolfo, forse il secondo, fece restaurare.
Arma: d'argento a due anguille d'azzurro poste in croce di S. Andrea; bordura inchiavata d'argento e di rosso.
Bibl.: G. Coletti, Regseto delle pergamene della famiglia Anguillara, in Archivio d. Soc. Rom. di Storia Patria, X (1887), pp. 240-85; V. Sora, I conti di Anguillara dalla loro origine al 1465, in Arch. Soc. Rom., XXIX (1906), pp. 397-442, e XXX (1907), pp. 53-118 segg.; C. Massimo, Cenni storici sulla torre Anguillara in Trastevere, Roma 1846 e 1869. Sull'appartenenza di Renzo e Titta da Ceri alla famiglia Anguillara, cfr. V. Zabughin, in Arch. Soc. Romana, XXXII (1909), p. 353.