angoscia
Nella maggior parte degli esempi si mantiene vicino al significato etimologico (latino angustia, " strettezza ") e indica " difficoltà di respiro " accompagnata da senso d'oppressione, affanno, talvolta prodotti anche da cause morali: quella angoscia / che m'avacciava un poco ancor la lena (Pg IV 115; e inoltre Vn III 7, Rime CXVI 28, If XXXIV 78, Pg XXX 98). Spesso è accompagnato da verbi o sostantivi della famiglia di ‛ sospirare ' e ‛ piangere ': Dannomi angoscia li sospiri forte (Vn XXXI 13 43; XXXI 6); Pianger di doglia e sospirar d'angoscia (XXXI 15 57; cfr. anche IX 2, If XXIV 116), giungendo fino all'espressione l'angoscia del pianto (Vn XXIII 19 16) e all'endiadi angoscia di sospiri (Cv II Voi che 'ntendendo 26, ripresa in XV 5; cfr. anche VII 12). In If IX 84 Dal volto rimovea quell'aere grasso, / menando la sinistra innanzi spesso; / e sol di quell'angoscia parea lasso, significa più genericamente " molestia ", " fastidio " (cfr. A. Vallone, in Nuove Lett. 254).
Con l'accezione oggi più comune di " ansietà tormentosa ", " sofferenza e inquietudine intollerabili ", causate da grave dolore morale o da paura, si hanno esempi, oltre che in If VI 43 e Fiore CLXXXIV 14, in If IV 19 L'angoscia de le genti / che son qua giù; per l'interpretazione del passo, cfr. F. Mazzoni (Il canto IV dell'Inferno, in " Studi d. " XLII [1965] 58-65), che passa in rassegna le precedenti proposte di soluzione, dai commentatori antichi al Grabher e al Barbi.