Angola
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Africa sud-occidentale, bagnato dall'Oceano Atlantico. La popolazione, cresciuta a un ritmo sostenuto (2,8% all'anno nel periodo 2000-2005), nel 2005 ammonta, secondo una stima, a 15.941.000 ab., di cui poco più del 30% vive in aree urbane. L'unica vera città è la capitale Luanda (2,75 milioni di ab., secondo stime del 2005); notevole è stato il processo di modernizzazione che l'ha coinvolta negli primi anni del 21° sec.: promosso da imprese legate al potere in associazione con interessi stranieri, esso è stato però orientato soprattutto verso la realizzazione di progetti immobiliari grandiosi, che spesso respingono i residenti economicamente più deboli. Si calcola che circa il 75% della popolazione angolana viva in povertà e solo il 30% abbia accesso all'acqua potabile. Il governo ha emanato norme per favorire l'afflusso di capitali esteri, ma piuttosto che piegarsi a esigenze minime di trasparenza ha scelto di affidare il rilancio dell'economia alla sola industria del petrolio: l'impennata dei prezzi del greggio sui mercati internazionali ha infatti favorito la scoperta di nuove riserve e un aumento significativo della produzione (oltre 52 milioni di t nel 2004, destinati a più che triplicarsi nel giro di tre anni). Numerosi governi e uomini d'affari si sono affrettati ad acquistare il petrolio angolano o i diritti di ricerca, e a inserirsi nell'enorme mercato della ricostruzione. Grazie al petrolio l'A. ha inoltre potuto continuare a ottenere prestiti dalle grandi banche internazionali e rinegoziare il suo debito estero. L'altra grande ricchezza del Paese è costituita dai diamanti, di cui l'A. è il sesto produttore mondiale: 7% della produzione complessiva, con più di 6 milioni di carati annui. Non esistono altre attività economiche di rilievo: la pesca, malgrado le acque territoriali siano molto pescose, rimane a un livello modesto, mentre l'agricoltura, prostrata da decenni di guerra civile, è in completa rovina, e la popolazione sopravvive solo grazie agli aiuti internazionali.
Storia
di Emma Ansovini
La morte di J. Malheiro Savimbi, leader dell'UNITA (União Nacional para a Independência Total de Angola), ucciso in uno scontro a fuoco nel febbraio 2002, segnava la fine di un'epoca e favoriva l'accordo tra governo angolano e rappresentanti delle forze ribelli che, firmato a Luanda nell'aprile 2002, apriva la strada a un'effettiva pacificazione nazionale: una strada peraltro irta di difficoltà, legate sia al lascito economico e sociale di un trentennio di guerra civile sia agli ostacoli frapposti a un autentico processo di democratizzazione dalla onnipresenza del partito di governo (MPLA, Movimento Popular de Libertação de Angola). Gli accordi riprendevano sostanzialmente il protocollo di Lusaka del novembre 1994, che prevedeva, oltre al cessate il fuoco, l'integrazione delle forze dell'UNITA nell'esercito nazionale, la liberazione dei prigionieri, il licenziamento dei mercenari al servizio di ambedue le parti, la trasformazione dei gruppi guerriglieri in partiti politici: tale protocollo, dopo un incerto avvio, era fallito definitivamente a metà 1998 per il riesplodere della guerra. Nell'agosto 2002 iniziava la smobilitazione delle truppe dell'UNITA, la quale nel giugno 2003 si trasformava in partito, eleggendo come leader I. Samakuva, e si apriva una difficile fase di transizione. Il Paese era stremato dal lungo conflitto: non esistevano di fatto infrastrutture, il territorio era disseminato di mine - quasi una per abitante - i giovani conoscevano la guerra o la condizione di profugo come uniche forme di esperienza, migliaia di ex guerriglieri andavano reinseriti nella vita civile, a città sovraffollate si contrapponevano campagne pressoché deserte, e il 70% della popolazione era sotto il livello di povertà. A ciò si aggiungevano i guasti di un trentennio di gestione politica autoritaria e poco trasparente quando non corrotta, che aveva portato all'occupazione sistematica di tutti i posti di potere da parte del MPLA, ed era presentata da quest'ultimo come una conseguenza inevitabile della guerra. La resistenza da parte del MPLA ad avviare il processo democratico trovava conferma nel rinvio sistematico delle elezioni politiche, che venivano infine fissate per il settembre 2006. Uno dei problemi cruciali del Paese era da sempre costituito dalla gestione e dallo sfruttamento delle sue enormi ricchezze naturali: durante la guerra, diamanti e petrolio avevano rappresentato un inesauribile serbatoio di denaro per tutte le forze in campo e una potente fonte di corruzione per gli uomini al governo, alimentando di fatto il conflitto e rendendo ancora più complesso l'intreccio tra le vicende del Paese e gli interessi delle grandi potenze e delle multinazionali da sempre impegnate in Angola.
Se negli anni della guerra fredda l'A. era stata uno dei luoghi cardine del confronto tra i blocchi - l'Unione Sovietica appoggiava il governo marxista del MPLA e gli Stati Uniti la guerriglia - dopo la caduta del muro di Berlino, e soprattutto dopo la metà degli anni Novanta, di fronte all'instabilità dell'area mediorientale e di quella caucasica, il controllo delle risorse petrolifere angolane divenne ancora più importante agli occhi delle grandi potenze, e in particolare di Stati Uniti e Francia, che per prime avevano capito il valore strategico del petrolio africano. Le relazioni dell'A. con questi due Paesi subivano, nei primi anni del 21° sec., un profondo cambiamento: si allentavano i tradizionali rapporti di amicizia con la Francia, mentre sembrava aprirsi un'intesa strategica con gli Stati Uniti (e anche con Israele), di cui erano testimonianza l'appoggio alle posizioni statunitensi sulla guerra all'Irāq in seno alle Nazioni Unite, l'incontro tra i due capi di Stato, J.E. Dos Santos e G.W. Bush, nel maggio 2004, e infine il rinnovo della licenza di sfruttamento fino al 2030 di un ricchissimo giacimento petrolifero alla Cabinda Gulf Company, filiale della statunitense Chevron Texaco.
A complicare i rapporti con la Francia era anche l'inchiesta aperta nel 2000 dalla magistratura francese sulla vendita, negli anni 1993-94, di un'ingente partita di armi al governo angolano, in violazione dell'embargo, e sulla creazione di fondi neri, inchiesta che vedeva coinvolto l'allora ministro degli Interni J. Pasqua e altre personalità politiche, e che toccava i vertici del MPLA. Lera stata gestita dall'affarista francese P. Falcone, sottratto però alle indagini perché nominato nel 2003 dallo stesso governo angolano rappresentante permanente all'UNESCO, posizione per la quale aveva maturato il diritto alla immunità diplomatica.
Infine per quanto riguarda i Paesi vicini la pace sembrava segnare un generale miglioramento dei rapporti con la Zambia e la Namibia, accusate per anni di tollerare sul proprio territorio basi militari dell'UNITA, mentre nell'ottobre 2002 l'A. completava il ritiro dalla Repubblica Democratica del Congo delle sue truppe, intervenute durante la guerra civile congolese, nel 1997, a sostegno del presidente L.-D. Kabila.