ANGIOLOGIA
(III, p. 315)
Il termine a., riservato in passato, praticamente, a un capitolo dell'anatomia sistematica, in questi ultimi tempi è stato esteso a specialità cliniche concernenti l'apparato vascolare.
Angiologia medica. − Disciplina specialistica che ha acquisito autonomia dalla cardiologia (malattie dell'apparato cardio-vascolare) negli ultimi decenni, sia nell'ambito universitario, con cattedre di a. medica nei corsi di laurea in Medicina e con scuole di specializzazione, sia in quello ospedaliero, con divisioni e servizi particolari.
La mortalità per malattie dell'apparato circolatorio secondo i dati ISTAT relativi all'anno 1988 risulta dalla tabella. Il totale (232.389 decessi) è maggiore di quello della mortalità per tumore, che nello stesso anno assomma a 142.350 decessi.
L'a. medica ha per oggetto le malattie delle arterie, delle vene e dei vasi linfatici. Quelle delle arterie, con criterio ezio-patogenetico, sono suddivise in arteriopatie degenerative o arteriosclerotiche (v. arteriosclerosi, in questa Appendice), arteriti infiammatorie, arteriti immunogenetiche e angioneuropatie. Le arteriti infiammatorie possono coinvolgere tutti i distretti arteriosi, a volte anche quelli venosi; possiedono, grossolanamente, le stesse caratteristiche sintomatologiche della malattia atero-arteriosclerotica.
L'inizio è più acuto e il decorso è maggiormente ingravescente: colpisce prevalentemente il sesso maschile e predilige la giovane età (dai 20 ai 35 anni). Le cause sono molteplici (microbico-virali). Tra le forme giovanili la più conosciuta è la TAO (tromboangioite obliterante), più nota sotto il nome di malattia di Bürger.
Le arteriopatie immunogenetiche sono in aumento reale e apparente (maggiore possibilità di indagini di laboratorio a livello del patrimonio immunitario, aumento reale per le modificazioni dell'ambiente). Le più frequenti malattie arteriose immunogenetiche sono: le vasculiti, la malattia di Takayasu (arteriopatia obliterante dell'arco aortico e dei suoi rami, che colpisce il sesso femminile, in giovane età), la malattia di Horton (arterite temporale a cellule giganti), la panarterite nodosa, le arteriti che esprimono un coinvolgimento delle arterie in particolari affezioni, quali la sclerodermia, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide e le connettivopatie in genere.
Per angioneuropatie vanno intese quelle malattie dei medi e piccoli vasi arteriosi legate ad alterata vasomotilità termoregolatrice. Le più rappresentative sono: la malattia di Raynaud (ischemia vasospastica recidivante delle dita; v. anche XXVIII, p. 881), le acrocianosi e la eritromelalgia.
Le malattie delle vene sono rappresentate: a) dalle vene varicose per dilatazione dei vasi venosi degli arti inferiori: ne è affetto il 10% della popolazione, che sale al 30% per il sesso femminile; b) dalle flebiti superficiali, sia degli arti inferiori sia dei superiori; c) dalle trombosi del circolo profondo; d) dalle displasie (malformazioni delle vene: malattie di Klippel-Trenaunay e di Park Weber).
L'occlusione dei vasi venosi profondi può complicarsi con l'embolia polmonare; la trombosi venosa profonda nel tempo determina la cosiddetta sindrome post-flebitica o IVC (insufficienza venosa cronica) con esito in edema dell'arto (gonfiore) e ulcerazione (perdita di sostanza). Le malattie dei vasi linfatici possono essere congenite o acquisite e si estrinsecano con edema duro di un arto. Possono sovrapporsi processi flogistici a tipo di linfangite ed eresipela.
Le metodiche di studio per le malattie vascolari si distinguono in invasive e non invasive, a seconda che si attuino dall'esterno o introducendo strumenti o sostanze all'interno dell'organismo.
Le metodiche di studio non invasive sono le seguenti:
la pletismografia: è stata una delle prime tecniche di studio delle variazioni del flusso vasale (v. anche XXVII, p. 541), realizzata misurando le modificazioni volumetriche che esse inducono in un arto, o in un suo segmento, o in un organo particolarmente accessibile, come il lobulo di un orecchio, oppure, sempre in un arto, registrando le concomitanti variazioni della resistenza al passaggio di una corrente continua. Ne esistono vari tipi: a) fotopletismografia; b) pletismografia ad aria; c) pletismografia ad acqua; d) pletismografia a impedenza; e) pletismografia strain-gauge. Le ultime due sono quelle di uso più corrente;
l'ultrasuonografia Doppler, che sfrutta l'effetto Doppler del ritorno di ultrasuoni emessi da una sonda, quando questi incontrano un ostacolo in movimento (flusso di sangue); la ecotomografia real-time, che sfruttando lo stesso principio Doppler, fornisce immagini reali dei vasi; il laser Doppler, che sfrutta l'effetto Doppler di una sorgente luminosa di luce laser ed è una metodica che studia la piccola circolazione cutanea;
la capillaroscopia o biomicroscopia, che mediante un apparecchio ottico visualizza, attraverso finestre naturali del corpo (plica ungueale, pelle, congiuntiva, lingua e pomello) i piccoli vasi e i capillari. Metodica di estrema attualità, fornisce dati sugli elementi che scorrono nei microvasi, sulla vasomotilità, sulla velocità di scorrimento e sugli scambi metabolici capillari-tessuto;
pressione transcutanea di O2 e CO2 con rilievi cutanei della quantità di ossigeno e anidride carbonica presenti nell'interno delle cellule e dunque aspetto metabolico della circolazione cutanea.
Le metodiche di studio invasive sono l'angiografia tradizionale o digitale: visione, mediante iniezione di mezzo di contrasto nel torrente circolatorio, dell'albero vascolare.
La terapia medica delle malattie vascolari ha subito, per le arteriopatie, una rapida evoluzione, passando dai farmaci che aumentano la distensibilità delle pareti vasali a farmaci che agiscono sul contenuto sanguigno circolante. Tali farmaci si distinguono in emoreologici, che modificano favorevolmente la viscosità del sangue, e in sostanze che agiscono sul patrimonio coagulativo (eparina, fibrinolitici diretti e indiretti, profibrinolitici).
Bibl.: E.v.N. Allen, N.W. Barker, E.A. Hines, Peripheral vascular diseases, Philadelphia 19724; F. Pratesi, Malattie delle arterie, Torino 1983.
Angiologia chirurgica . − La chirurgia vascolare è nata con la chirurgia stessa, della quale ha tradizionalmente rappresentato uno degli aspetti più impegnativi e rischiosi. Dall'inizio del secolo una serie di contributi concreti ne ha stimolato una rapida crescita: A. Carrel si meritò il premio Nobel nel 1912 definendo in termini moderni le suture vascolari e le tecniche di ricostruzione chirurgica dei vasi; R. Dos Santos rivoluzionò la diagnostica delle arteriopatie introducendo nella pratica clinica l'aortografia translombare; A. Voorhees e altri dimostrarono la possibilità di costruire protesi vascolari con tessuti sintetici. Su queste basi la seconda metà di questo secolo ha assistito all'affermazione di una nuova disciplina chirurgica che, con Ch. Dubost, M. De Backey, S. Crawford e altri ha trovato una sua precisa autonomia.
Attualmente la chirurgia vascolare non è rivolta solo ai vasi superficiali, ma si articola in numerosi e complessi settori di intervento.
Arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori: estremamente comune, è causata quasi esclusivamente da lesioni arteriosclerotiche a localizzazione tipicamente aorto-iliaca o femorale superficiale. Molto raramente, è dovuta a lesioni infiammatorie a localizzazione periferica e comparsa in giovane età (tromboangioite obliterante o malattia di Bürger).
Aneurismi: dilatazioni di parte o di tutta la circonferenza di un'arteria, causate da una debolezza congenita o, più spesso, acquisita della parete vasale. Particolarmente frequenti nei vasi più grossi e nelle età più avanzate, tendono invariabilmente all'espansione e quindi alla fissurazione.
Vasculopatie degli arti superiori: in questo gruppo rientra la sindrome dello stretto toracico superiore, dovuta a compressione del fascio neurovascolare dell'arto all'uscita dal torace, per lo più a causa di anomalie anatomiche quali una costa sovrannumeraria o un'ipertrofia del muscolo scaleno anteriore. L'arto superiore è occasionalmente interessato da malattie infiammatorie delle arterie che originano dall'arco aortico (malattia di Takayasu) e da disturbi funzionali che si manifestano con spasmi delle piccole arterie (malattia di Raynaud).
Insufficienza cerebro-vascolare extracranica: gli insulti vascolari cerebrali di tipo ischemico trovano con grande frequenza la loro causa in lesioni stenosanti extracraniche delle arterie che forniscono sangue al cervello, in primo luogo le carotidi, quindi le vertebrali e le succlavie. In alternativa, pur in assenza di lesioni ostruttive critiche, alterazioni ulcerative delle pareti possono essere responsabili di fenomeni occlusivi di natura embolica.
Arteriopatie viscerali: rappresentate in primo luogo da lesioni aterosclerotiche o da displasia fibro-muscolare delle arterie renali, in modo meno codificato da lesioni ischemizzanti dell'intestino. La chirurgia delle alterazioni stenosanti delle arterie renali rappresenta oggi una delle acquisizioni più importanti della terapia chirurgica dell'ipertensione arteriosa sistemica.
Traumi vascolari: questa è la più antica applicazione della chirurgia vascolare, che ne ha rivoluzionato la gravissima prognosi, garantendo il controllo dell'emostasi e, ancor più, assicurando la ricostruzione e la funzione dei vasi lesi.
Malattie delle vene e dei vasi linfatici: estremamente frequenti ma poco conosciute, anche se molto studiate, suscitano un interesse di secondo piano per la chirurgia vascolare, sia per la limitata efficacia di questa sul piano funzionale, sia per le indicazioni ancora assai discusse, se si prescinde da motivazioni di esclusiva natura estetica.
L'enorme diffusione delle indicazioni a interventi di chirurgia vascolare è andata di pari passo con il rapido sviluppo di alcune metodologie diagnostiche incruente che hanno grandemente facilitato l'identificazione di lesioni vasali asintomatiche o comunque non immediatamente apparenti, quali, per es., le stenosi delle arterie carotidi. Tra queste tecniche meritano di essere citate le seguenti.
Ecografia: la diversità di riflessione degli ultrasuoni da parte dei tes suti biologici consente di farne uso per riprodurre immagini legate alla specifica densità di ciascuno di questi tessuti: in tal modo è possibile ricostruire in scansioni bidimensionali la struttura di vasi anche di piccole dimensioni, individuandone la morfologia. Inoltre, poiché un raggio di ultrasuoni che colpisce un'interfaccia in movimento è riflesso a una frequenza proporzionale alla velocità del movimento medesimo (effetto Doppler), è possibile ottenere, mediante opportuni metodi di sondaggio, un segnale che è funzione della velocità e della direzione del flusso di sangue nel vaso esplorato. Le due tecniche vengono abitualmente combinate in uno studio morfologico e funzionale.
Angiografia digitale: questa tecnica si avvale di un sistema di fluoroscopia computerizzata che consente di ottenere immagini del lume vasale senza obbligo di ricorrere al cateterismo arterioso e con drastica riduzione della quantità di sostanze radiopache da iniettarsi, con ciò minimizzando i fastidi e i rischi delle angiografie dirette. Il sistema è costituito da un videoprocessore dotato di due unità memorizzanti che sottraggono l'immagine di base in bianco alla seconda, contenente il contrasto iniettato per via venosa, fornendo un'immagine finale intensificata dei segmenti vasali opacizzati.
La chirurgia vascolare, nata con concetti fondamentalmente demolitivi, è oggi divenuta eminentemente ricostruttiva. Ciò è stato reso possibile soprattutto dalla disponibilità di materiali protesi ci idonei a sostituire segmenti di vasi malati. I fondamentali re quisiti richiesti a simili materiali sono la biocompatibilità, intesa come inerzia biologica e bassa trombogenicità, e alcune doti fisiche come la flessibilità, la resistenza alla tensione, la durabilità. Doti di questo genere sono state ottenute in modo complessivamente sod disfacente in protesi formate da maglie porose di fibre di dacron o teflon, o, più di recente, da tessuti di politetrafluoroetilene mi cro-poroso espanso, caratterizzato da trombogenicità particolarmente bassa e quindi assai utile nei piccoli calibri. In alternativa, buo ni risultati quali sostituti di arterie sono offerti dall'impianto di materiali biologici, tra cui primeggia la vena safena autologa non trattata. Le moderne tecniche di microchirurgia sono largamente introdotte nella chirurgia vascolare e la loro efficacia è provata. Il limite del loro impiego sta nella duratura pervietà di condotti artificiali di piccolo calibro impiantati in territori a basso flusso di sangue. È possibile che la risposta a questa istanza provenga dalle indagini in corso sul comportamento di cellule endoteliali inseminate sulle pareti di condotti protesici, nell'intento di riprodurre una tonaca intima autologa in grado di abolire gli stimoli trombigeni prodotti dai tessuti estranei.
Bibl.: J. A. Gillespie, Modern trends in vascular surgery, Londra 1970; W. F. Barker, Peripheral arterial disease, Filadelfia 1975; J. J. Bergan, J. S. T. Yao, Operative techniques in vascular surgery, New York 1980; F. J. Veith, Critical problems in vascular surgery, ivi 1982; S. E. Wilson, F. J. Veith, R. W. Hobson, R. A. Williams, Vascular surgery. Principles and practice, ivi 1987.