ARCUCCIO, Angiolillo
Nato probabilmente a Napoli nel quarto decennio del sec. XV; una prima notizia della sua attività pittorica si ricava da un atto notarile del 14 giugno 1464 (cfr. G. Filangieri, Documenti..., III, p. 577) con il quale egli si impegnava di eseguire una pala d'altare raffigurante la Passione di Cristo per una cappella della chiesa napoletana di S. Maria la Nova. Numerosi altri documenti (pubblicati dal Minieri Riccio, dallo stesso Filangieri e dal Bresciani) fanno cenno al pittore, per il periodo che va dal 1467 al 1492. Per la corte aragonese l'A. eseguì ad affresco figure di angeli nella volta della Torre del Mare di Castelnuovo (1467) ed altre decorazioni nel "tinello" del Castello (1472), nonché lavori di genere assai più modesto, come le dorature alla statua di Ferrante I, la pittura in azzurro ed oro di una gabbia d'uccelli del re ed una Madonna su pergamena. Nel 1471 promise di eseguire dei polittici per la chiesa di S. Maria d'Alto Cielo a Calabritto (Madonna e Santi)e per una cappella di S. Domenico Maggiore a Napoli (Madonna e ss. Agata e Lucia); dieci anni dopo promise una pala d'altare al vescovo di Cassano e nel 1483 un polittico per la cappella di S. Francesco a S. Agata dei Goti. Ancora nel 1487 è documentata l'esecuzione di una pala dell'A., il quale nel 1492 è infine chiamato a decorare il campanile della chiesa di S. Lorenzo Maggiore a Napoli.
Ad una così dettagliata documentazione archivistica non fanno però riscontro le opere superstiti del pittore: difatti, salvo la probabile eccezione della pala di S. Agata dei Goti, nessun altro lavoro menzionato nei documenti ci è pervenuto.
Risultando inoltre quasi del tutto inattendibile ogni fonte storiografica che, a partire dal De Dominici (Vite dei Pittori... napoletani [1742-45], Napoli 1840, I, pp. 222 ss., 288 ss.), distingue un Angiolillo Arcuccio da un mitico Angiolillo Roccaderame, l'opera dell'artista è stata ricostruita dal Causa, che le ha dedicato un recente studio particolare, solo mediante un'indagine filologica fondata sul citato dipinto di S. Agata dei Goti (la Annunciazione ora nella chiesa della SS. Annunziata) e sul S. Sebastiano del duomo di Aversa, firmato, ma con la data apocrifa 1469.
La prima formazione dell'A. si presume esperita sugli esempi della pittura di Jacomart Baço - che era stato a Napoli, al servizio di Alfonso d'Aragona, fino al 1451 - e di Juan Rexach: innegabili riferimenti alla cultura artistica dei due pittori valenciani si palesano nella tavola dei Martiri francescani Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto ed Ottone (già in S. Lorenzo Maggiore, ed ora nella Pinacoteca di Capodimonte, Napoli) e nelle altre opere che il Causa collega ad essa: la Madonna con il Bambino e anime purganti (S. Maria la Nova, Napoli), un trittico frammentario nella SS. Annunziata di Aversa e un altro trittico (Madonna con il Bambino e santi) nella cappella dell'Ospedale psichiatrico di Aversa e un polittico dell'Incoronazione in S. Maria delle Grazie a Giugliano.
In questa fase è probabile la collaborazione dell'A. con il noto miniatore della corte aragonese Cola Rapicano, secondo quanto ancora propone il Causa, il quale gli attribuisce alcuni fogli del codice della Obiurgatio in Platonis calumniatorem di A. Contrario (Paris, Bibl. Nat.), che però un pagamento del 1471 ricorda come opera di Cola.
In un momento successivo - secondo la più ragionevole graduazione cronologica dell'attività dell'A. - il pittore immise nel fondamentale contesto delle componenti culturali iberiche nuove accezioni di gusto fiammingo, a cui era ovviamente addotto dalla presenza nelle raccolte aragonesi di opere del van Eyck, del van der Weyden, di Petrus Christus, senza che però le nuove inflessioni conseguissero risultati più che marginali.
Questo si nota già nei polittici di S. Domenico Maggiore (Madonna con il Bambino, i ss. Giov. Battista e Domenico, Eterno Padre e Annunciazione: quindi altro da quello di cui al referto documentario del 1471) e della Collegiata di Somma Vesuviana (Madonna con il Bambino, santi, Pietà e Annunciazione), e poi, più esplicitamente, ma sempre sul piano di un eclettismo modesto - e piuttosto di repertorio iconografico che di stile -, nelle Annunciazioni della SS. Annunziata di Giugliano e di S. Agata dei Goti, nelle Natività del municipio di Sarno e del duomo di Sorrento e in due Dormitio Virginis di collezioni private, attribuite da R. Longhi (Causa, p. 110, nota 26).
Sull'abbrivo delle più recenti sollecitazioni culturali fiammingheggianti, l'A. tentò anche, nella fase conclusiva della sua attività, articolazioni formali di ben più complessa ragione stilistica riecheggiando, nei fondi della Resurrezione e della Natività del Museo di San Martino a Napoli e del San Sebastiano di Aversa (il che, appunto, conferma il sospetto che la data 1469 sia apocrifa), un impianto spaziale dilatato, di tipo antonelliano. Ma si trattò, ancora una volta, di una incongrua soluzione eclettica, ché tale impaginazione prospettica, al pari del vago monumentalismo pierfrancescano della Madonna delle Grazie dello stesso duomo aversano, non fu che una sovrapposizione su schemi formali che restavano invece intimamente connessi agli arcaici moduli valenciani, ai quali anzi proprio codesta ultima fase dell'A. mostra singolari e replicati ricorsi.
L'A. fu dunque persona artistica assai modesta: e - nonostante la sua intensa attività presso la colta corte aragonese - dovette presto venire giudicato nella sua reale misura se, già nel 1524, il Summonte poteva dire nella nota lettera al Michiel: "nullo pictor nobile avemo avuto qua poi Colantonio" (cfr. F. Nicolini, L'Arte napoletana del Rinascimento e la lettera di P. Summonte a M. A. Michiel, Napoli 1925, p. 163). La sua opera offre tuttavia chiare e utili dimostrazioni della varietà degli elementi culturali che si componevano nella pittura napoletana della seconda metà del sec. XV.
Bibl.: C. Minieri Riccio, Gli artisti ed artefici che lavorarono in Castel Nuovo, Napoli 1876, p. 7; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti... delle provincie napoletane, III, Napoli 1885, pp. 576 ss.; V, ibid. 1897, pp. 29 ss.; W. Rolfs, Geschichte der Malerei Neaples, Leipzig 1910, p. 121; L. Bresciani, Documenti inediti concernenti artisti napol. del Quattro e Cinquecento, in Arch. stor. per le prov. napol., LII (1927), pp. 367 ss., R. Causa, A. A., in Proporzioni, III(1950), pp. 99-110.